Geova a Messa

Confronto tra cattolicesimo e geovismo sulle Letture della Liturgia di domenica 29 giugno 2014 – Santi apostoli Pietro e Paolo (ciclo A)

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Prima Lettura At 12,1-11

Nulla da rilevare.

Seconda Lettura 2Tm 4,6-8.17-18

8 Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. 17 Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. 18 Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.” Questo “Signore” (originale greco Kyrios) di cui si parla, per la WT è certamente il Signore Gesù e non Geova, altrimenti, seguendo l’usuale arbitrio, la WT lo avrebbe cambiato in “Geova”. E’ sappiamo che è costretta a tale individuazione dall’accenno alla “sua manifestazione”, giacché è di dottrina che Geova non si manifesterà mai mentre Gesù sì, ad Armaghedon, anche se invisibilmente! Perciò, considerato (è da ricordarlo sempre!) che per la WT Gesù non è altro che il rappresentante di Geova, il suo feldmaresciallo, un semplice uomo (non più arcangelo Michele né tantomeno Dio come il Padre ma solo “un dio” nel senso riduttivo di persona potente), c’è da far notare al TG accorto l’incongruenza della finale del brano che dice: “A lui la gloria nei secoli dei secoli, Amen.” Come definire questa uscita dell’ispirato Paolo? In che differisce dalla nostra preghiera del “Gloria Patri…”? Eppure è di dottrina consolidata nel geovismo che Gesù non possa essere pregato!

Vangelo Mt 16,13-19

“13 In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14 Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Qui, a nostro avviso, è dato di rilevare che nell’opinione comune degli israeliti, al tempo di Gesù, esisteva la convinzione che i morti (come lo erano i personaggi elencati) fossero persone vive che potevano manifestarsi di nuovo sotto mentite spoglie o (con la loro fisionomia, come, anche se ignota ma individuabile dal comportamento, avvenne alla trasfigurazione). E’ uno dei punti da analizzare per l’idea dell’immortalità dell’anima negata dal geovismo che ritiene la nullificazione di tutto con la morte fisica. §§§ “15 Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Forse e senza forse questa comprensione di Gesù, testimoniata da Pietro ispirato da Dio Padre, è più giusta che non ritenere Gesù il semplice rappresentante di Geova o un puro uomo. Nessun uomo infatti potrebbe essere detto “Figlio del Dio vivente”. E se si volesse dare all’espressione “figlio di Dio” il senso riduttivo di figliolanza in quanto creatura, non ci vorrebbe un suggerimento divino per arrivare a questo. §§§ “17 E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Ecco un punto che dimostra come “carne e sangue” significano nel NT le sole capacità naturali, non solo fisiche ma anche di intelligenza. Questa accezione va ricordata quando la WT pretenderà di interpretarle nel senso di corpo fisico insegnando distorcendo la frase paolina “carne e sangue non possono ereditare il regno dei cieli” per ricavarne che, siccome “carne e sangue non possono ereditare il regno dei cieli”, Gesù non può essere risorto con il suo corpo storico, che sarebbe stato distrutto, ma con un nuovo “corpo spirituale” angelico creato a bella posta da Geova; corpo che poi sarebbe stato dato anche a tutti gli unti risuscitati nel 1918. §§§ “18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.” E’ la frase che è stata riprodotta in latino e greco lungo tutto il perimetro che sovrasta i pilastri della Chiesa di S. Pietro in Vaticano. Interpretata sin dall’antichità come espressiva del primato petrino. §§§ “19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Abbiamo già incontrato e criticato l’interpretazione geovista delle “chiavi” di Pietro come se fossero tre, e sarebbero le tre opportunità di predicazione che egli ebbe, cioè di aprire simbolicamente le porte della salvezza, ai Giudei, ai Samaritani e ai Gentili (cf. ZENIT 24 Maggio 2014 – VI Dom. di Pasqua – commento alla Prima Lettura). E così pure la funzione di “legare e sciogliere” che la NM interpreta come semplice dichiarazione-conferma di ciò che sarebbe già avvenuto in cielo al peccatore pentito o renitente. Ma per ottenere questo abbiamo visto che il “sarà legato” e “sarà sciolto” della CEI e di tante altre versioni, vengono modificati traducendoli al futuro anteriore “sarà stato legato… sciolto” (cf, ZENIT 22 Aprile 2014 – II Dom. di Pasqua – commento al Vangelo) per togliere ai ministri del Vangelo, che derivano il loro potere assolutorio dal sacerdozio episcopale, il reale potere di assolvere o rifiutare assoluzione. Così, alla luce di questo passo, la potestà promessa, di assolvere i peccati, che poi troviamo realizzata in Giovanni 20,22-23 estesa anche agli altri discepoli, viene tradotta dalla NM similmente come ratifica di ciò che sarebbe già avvenuto in cielo; infatti si legge: “23 A chiunque perdonerete i peccati, resteranno perdonati” (NM). Non è lo stesso che “saranno”, verbo che significa evento successivo alla concessione del perdono! Aggiungiamo che il potere delle chiavi espresso con il “legare e sciogliere” nella mentalità rabbinica si estendeva oltre la sola concessione di assoluzione dei peccati. Aveva anche una valenza giurisdizionale legislativa, cioè dichiarativa di ciò che si dovesse credere e fare, ovvero di magistero in fede e morale, come evidenzia la versione de La Bibbia in lingua corrente che traduce: “Io ti darò le chiavi del regno di Dio: tutto ciò che tu sulla terra dichiarerai proibito, sarà proibito anche in cielo; tutto ciò che tu permetterai sulla terra, sarà permesso anche in cielo”. (Cf. anche COENEN-BEYREUTHER-BIETENHARD, Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, EDB, Bologna 1976, p. 140).

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Sandro Leoni

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