Geova a Messa

Confronto tra cattolicesimo e geovismo sulle Letture della Liturgia di domenica 25 maggio 2014 – VI Domenica di Pasqua (ciclo A)

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Prima Lettura At 8,5-8. 14-17

“14 Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni.” Questo versetto ricorda la missione di Pietro e Giovanni ai Samaritani. Fatto sorprendente: questa missione di Pietro, collegata alla sua iniziativa di predicare la risurrezione ai Giudei, il giorno di Pentecoste, e alla sua successiva accoglienza di Cornelio tra i cristiani, vengono descritte come aperture della porta della fede o del Regno dei cieli a tre categorie di persone (appunto: giudei, samaritani e pagani). Ma per aprire le porte ci voglio delle chiavi. Ed ecco che le “chiavi del Regno dei cieli” promesse da Gesù a Pietro (cf Matteo 16,19) non sono, come tutti interpretano, allusione al potere spirituale di “legare e sciogliere” concesso al principe degli apostoli e simboleggiate da due chiavi, ma sono tre. Esse sarebbero queste tre opportunità di predicazione che Pietro ebbe e che perciò, compiutesi, non ebbero alcun seguito giurisdizionale. Quelle di Pietro dunque sarebbero “chiavi” simboliche, identiche a quelle che ebbero tutti gli apostoli. E’ una delle tante mosse escogitate dalla WT (perfino buffe come si vede) contro il primato petrino; ne incontreremo altre. §§§ “15 Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo”;… 17 Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.” Preghiera, imposizione delle mani, trasmissione del dono divino. Sono le costanti di ogni sacramento del tutto assenti nel geovismo che però protesta stranamente di diportarsi come faceva la Chiesa del primo secolo!

Seconda Lettura 1Pt 3,15-18

“15 adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” la NM dice “santificate il Cristo come Signore nei vostri cuori”. Va riconosciuto che il verbo greco aghiàzo può rendersi anche con santificare. Ma, a parte il fatto che il titolo postpasquale di “Kyrios=Signore” significava ai cristiani la piena divinità di Gesù per cui la resa con “adorate” è pienamente coerente e legittima da parte nostra, si potrebbe anche chiedere al TG: ma il vostro CD non dice che la mia Bibbia va bene per sostenere la vostra dottrina? Per esempio non leggiamo: “Ogni volta che è possibile, chiedete alle persone di prendere la loro Bibbia e di cercare le Scritture, affinché si rendano conto che ciò che dite si trova in realtà nella loro stessa copia delle Scritture.” (Ragioniamo p. 8) e anche: “Se qualcuno dice: ‘La vostra Bibbia è diversa’, … si potrebbe aggiungere: ‘Sono lieto di usare qualsiasi traduzione lei preferisca.” (ibid. p. 402) Ora la mia Bibbia CEI, come lei vede, dice “adorate”. Quindi una delle due: o lei mi accetta che il santificate della vostra NM equivale al nostro adorate e in tal caso abbiamo che la Bibbia esorta ad adorare Gesù, smentendo la vostra dottrina che lo proibisce, o, se devo rinunciarci, dovete ammettere che non è vero quanto il CD ha stampato a pag. 8 e 402 di Ragioniamo. §§§ “15 …pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto”. Approfittiamo di questa raccomandazione del primo Papa per ricordare ai nostri fratelli di fede che la Bibbia non esorta solo a propagare e testimoniare la fede-verità di Cristo (Fides QUAE) ma anche a corredarla con le ragioni che la fondano; ragioni che, per noi moderni, ruotano tutte attorno alla dimostrazione apologetica che la fonte della fede è davvero Gesù-Dio incarnato e che la Chiesa, sua portavoce e prolungamento, ce ne trasmette integralmente e incorruttibilmente il contenuto (quindi è  un invito a onorare sia la Fides che la Ratio come ha insegnato San Giovanni Paolo II con tanto di enciclica), oltre a confidare nei mezzi di grazia per accoglierlo e corrispondervi con la vita (Fides QUA). §§§  La “buona condotta in Cristo” diventa nella NM “riguardo a Cristo” per negare quella misteriosa ma reale intimità-simbiosi di vita divina realizzata dalla Vite con i suoi tralci; cosa che ritroviamo anche nel v. 18 del Vangelo. §§§ Il passo che dice di Gesù  “messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito” è reso dalla NM “messo a morte nella carne, ma essendo reso vivente nello spirito” , e nel v. 19 seguiterà dicendo “In questo [stato] andò anche a predicare agli spiriti in prigione”, non viene spiegato, come nella nostra esegesi, con la discesa di Gesù agli inferi per aprire le porte del cielo agli “spiriti che vi erano imprigionati sin dal tempo di Noè (ma anche prima, come ci ricordano le icone orientali che mostrano Gesù che tira fuori dallo Sceòl per primo Adamo). Il geovismo è però convinto che nell’aldilà non esistono persone umane (persino Cristo in quei tre giorni sarebbe finito nel nulla!) e quindi Cristo sarebbe andato nel Tartaro, prigione dei diavoli, a rimbrottare gli spiriti-angeli ribelli che al tempo di Noè si sarebbero materializzati in forma umana lasciando il loro luogo di dimora per accoppiarsi con belle donne. E la dizione “reso vivo nello spirito” significherebbe che Gesù, morto nella carne, avrebbe ricevuto nella cosiddetta risurrezione un “corpo spirituale” e sarebbe sceso nel Tartaro “in questo [stato]” di corpo spirituale, cioè dopo la risurrezione e non durante i tre giorni. Che dirne? Ci basterà ricordare che Gesù andò ad annunciare la salvezza – tale è il significato di ekèryxen – e non a elargire rimproveri. Quindi i soggetti dell’annuncio erano spiriti umani e non diavoli.

Vangelo Gv 14,15-21

“16 … ed egli vi darà un altro Paràclito”, la NM dice “un altro soccorritore” e, in nota, precisa: “O ‘un altro paracleto (confortatore)’. Gr. àllon paràkleton, masch.”. Va considerato, in opposizione alla convinzione geovista che lo “spirito santo” sia solo una energia definita “la forza attiva di Geova”: 1)- che è inviato dal Padre alle stregua di Cristo che è stato il primo paraclito cioè un soggetto personale come lo indica la sua funzione di paraclito, avvocato difensore, garante, confortatore; 2)- che la NM stessa riconosce che l’evangelista usa un vocabolo greco non neutro ma “maschile” il che lo differenzia anche dal ruach ebraico che non svolge mai le funzioni del paraclito (né quelle che in seguito sono attribuite allo Spirito Santo, come il decidere, comandare, insegnare verità, rammentare ecc…) e oltretutto in ebraico la ruach è femminile! §§§ Si noti anche il doppio peso usato dalla NM nell’accenno finale ove si dice che tale Spirito “7 … sarà in voi”. Abbiamo cioè la solita costruzione di “en + dativo” che nei vari contesti indica quasi sempre l’essere dentro, lo stato in luogo (en Christò, en emòi, en to Patrì ecc…) e che la NM deforma sempre con “in unione con… unitamente a…” per contrastare l’idea della comunione trinitaria tra Padre e Figlio e vitale tra Gesù-Vite e discepoli-tralci, mentre qui, trattandosi dello spirito, concepito come semplice energia, traduce tranquillamente “in voi” come la CEI.

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Sandro Leoni

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