Francia: La Marcia per la Vita in un contesto "preoccupante"

Intervista con Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondation Jérôme Lejeune

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di Anita Bourdin

ROMA, domenica, 22 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Il presidente della nota Fondazione Jérôme Lejeune, Jean-Marie Le Méné, si rivolge oggi ai partecipanti alla Marcia nazionale per la Vita, in programma a Parigi. In un’intervista con ZENIT, spiega il perché.

Quale è la motivazione per partecipare alla Marcia per la vita 2012?

Jean-Marie Le Méné: Le scadenze politiche del 2012 in Francia (elezioni presidenziali e legislative, ndr) mi danno l’occasione per prendere la parola in merito al rispetto della vita. La situazione si è ancora aggravata dopo la revisione della legge di bioetica nel 2011.

I marciatori possono prendere diverse vie. Anche noi, alla Fondazione Jérôme Lejeune, marciamo per la vita, e da tempo ormai, nelle orme del professor Jérôme Lejeune, di cui siamo fieri di portare il nome e di proseguire l’azione. Se ho accettato di prendere la parola, è perché la situazione è preoccupante. Al contrario di quello che si pensa, la legge di bioetica di giugno 2011 accentua le offese alla vita, principalmente in due punti.

Cosa Le pare la cosa più preoccupante?

Jean-Marie Le Méné: Per la prima volta, la legge obbliga tutti i medici a dare a tutte le donne incinte informazione sull’analisi prenatale della trisomia 21 (che provoca la sindrome di Down, ndr), permettendo di abortire ad ogni momento.

Prima della legge del 2011, i medici lo facevano già, con la conseguenza che sono stati abortiti il 96% dei bambini trisomici. Nel corso dei dibattiti, un parlamentare ha chiesto perché ne rimaneva ancora il 4%… Da allora, abbinare a questa prassi un obbligo legale ci ha fatto passare da un eugenismo di fatto ad un eugenismo di diritto!

I medici generalisti – e non solo gli specialisti della nascita – si trovano adesso in prima linea e dovranno rendere conto alla giustizia degli sforzi realizzati per non far più nascere bambini indesiderabili.

I bambini trisomici sono dunque vittime di una nuova forma di eugenismo?

Jean-Marie Le Méné: Bisogna rendersi conto del carattere inedito di questa analisi prenatale generalizzato della solo trisomia 21 per il quale non c’è una domanda da parte della popolazione, non c’è fattore di rischio a priori, non c’è prevenzione e non c’è alcun beneficio per l’interessato, visto che viene abortito nella maggioranza dei casi. Questa distruzione totale o parziale di un gruppo, selezionato per il suo genoma, in esecuzione di un piano concertato segna una politica eugenista che non ha nulla a che fare con la medicina.

Ci sono altri elementi preoccupanti che devono mettere in allerta l’opinione pubblica?

Jean-Marie Le Méné: La legge di bioetica si caratterizza anche per il disprezzo aggravato dell’essere umano allo stadio embrionale. Mentre la ricerca sull’embrione umano è vietata, la legge del 2011 ha ampliato notevolmente le deroghe a questo principio. La cannibalizzazione degli embrioni per impossessarsi delle loro cellule staminali è sempre ingiustificabile.

Per di più, è « inutilmente immorale», dato che alcun progresso terapeutico è atteso da questi lavori. L’embrione umano serve oggi ad economizzare l’animale nei laboratori farmaceutici. Anche qui siamo lontani dalla scienza.

Come caratterizzare il vostro impegno?

Jean-Marie Le Méné: La Fondazione Jérôme Lejeune non risparmia i propri sforzi per promuovere una medicina clinica che rispetta i suoi pazienti, anche se sminuiti agli occhi del mondo. Noi investiamo in una ricerca scientifica che resterà sempre al servizio dell’uomo e dell’umanità.

[Traduzione dal francese a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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