Francesco ritorna ad Assisi

Il Papa riunisce a San Pietro tutti gli uomini di buona volontà, e ad Assisi gli uomini di Chiesa

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Fin dagli anni del Concilio, Assisi è il luogo prescelto per i grandi appuntamenti simbolici promossi dalla Chiesa. Giovanni XXIII scelse la Città del Serafico per la prima uscita di un Papa fuori da Roma dalla fine del Potere Temporale. Da allora, i suoi predecessori erano rimasti rinchiusi nel Vaticano fino alla Conciliazione, e dopo i Patti Lateranensi si erano limitari a visitare la Diocesi dell’Urbe. Roncalli volle recarsi “extra moenia”, e scelse il treno per viaggiare fino ad Assisi e a Loreto. Quel viaggio costituì il simbolo fisico, concreto, dell’apertura della Chiesa al mondo.

Commentando l’elezione di Bergoglio, il Segretario di Stato appena nominato, monsignor Pietro Parolin, ha detto che fino a quel momento la Chiesa si sentiva assediata, mentre con Papa Francesco questa situazione si è rovesciata. Ogni soggetto che si rinchiude in sé stesso finisce oggettivamente per essere assediato, in quanto con ciò stesso concepisce il mondo esterno come una realtà naturalmente ostile, a prescindere dalle intenzioni e dalle idee di chi ne fa parte.

Quando viceversa ci si apre a tutto quanto sta fuori di noi, non soltanto si scoprono affinità e coincidenze che a volte non si potevano neanche immaginare, ma addirittura si finisce per trovarsi al centro di una realtà molto più ampia della propria cerchia ristretta.

Questo avvenne negli anni in cui Roncalli sceglieva di uscire simbolicamente da Roma, e nello stesso tempo avvicinava alla Sede di Pietro i Vescovi sparsi nel mondo per discutere della vita, della funzione e delle prospettive future della Chiesa.

Da allora i grandi del mondo, anche le personalità non religiose, ripresero a frequentare il Vaticano, non più considerato come un soggetto a cui rendere un omaggio magari solenne nella forma, ma distaccato e distratto nella sostanza: essi presero a recarsi dal Papa considerandolo una fonte insostituibile e prestigiosa di ispirazione per il dialogo tra le ideologie e le culture, oltre che per la ricerca della pace.

Se ritorniamo con la memoria a quei tempi, ci rendiamo conto di quanto la via del dialogo fosse faticosa ed irta di ogni sorta di ostacoli. Quando Giovanni XXIII ricevette il genero di Krusciov, in un’epoca in cui non esistevano rapporti diplomatici tra Mosca e Vaticano – ma soprattutto gravava sulle loro relazioni il tragico contenzioso della persecuzione cui tutti i credenti erano assoggettati nel cosiddetto “socialismo reale” – ci fu chi interpretò questo passo come una dichiarazione di voto della Santa Sede in favore dei comunisti nelle elezioni politiche italiane.

Ogni grande gesto di chi rappresenta la Chiesa può essere collocato dai suoi detrattori in una prospettiva provinciale e meschina, che rivela la loro incapacità di parlare con la Storia. In quel tempo, però, la via del dialogo e della distensione non aveva alternative, e tutto quanto avvenuto in seguito dimostra quanto fosse giusta la scelta compiuta dal Papa, confermata ed approfondita da ciascuno dei suoi successori.

Assisi fu anche il luogo in cui Giovanni Paolo II riunì le religioni del mondo per chiedere a Dio il dono supremo della pace. Il Papa polacco chiarì che i credenti delle diverse fedi si sarebbero trovati insieme per pregare, non per pregare insieme. Con questa distinzione, egli escluse ogni atteggiamento o finalità di carattere sincretistico. Tuttavia fu precisamente questa l’accusa che gli venne rivolta dai critici malevoli ed interessati.

Se il luogo prescelto per l’incontro era simbolico, il momento era decisivo: il lungo cammino della distensione, iniziato al tempo di Roncalli, stava per giungere alla sua meta storica, ovvero il definitivo superamento dei blocchi militari ed ideologici contrapposti. Si avvertiva però il pericolo che in questa circostanza gli oltranzisti, e tutti quanti erano interessati al mantenimento dello “status quo”, potessero concepire una reazione disperata, mettendo in pericolo la pace nel mondo.

Davanti a questo rischio per l’umanità intera, Wojtyla chiamò i rappresentanti dei credenti ad assumere le loro responsabilità: se la guerra fredda fosse finita stabilendo un nuovo assetto di concordia e di pace tra i popoli, le religioni non soltanto avrebbero conseguito dovunque la piena libertà di coscienza e di culto, ma avrebbero anche assunto un ruolo di grande prestigio nel mondo, il mondo nuovo che si stava annunziando. Se invece alla guerra fredda avesse fatto seguito un conflitto, l’umanità sarebbe precipitata nella catastrofe. Giovanni Paolo II, chiamando a collaborare a questo disegno le altre confessioni, riuscì a compiere un duplice miracolo: far cadere la Cortina di Ferro, evitando però la violenza.

Oggi Papa Francesco invita i credenti, e perfino i non credenti, a digiunare, pregando o testimoniando per la pace, in San Pietro, e poi riunisce ad Assisi i fedeli cattolici. In questo apparente rovesciamento dei ruoli tra la sede di Pietro e la Città del Poverello si può cogliere un significato profondo.

I Cattolici, incontrandosi sulla tomba del Serafico, mostrano di scegliere per la Chiesa una vocazione di apertura e di dialogo verso il mondo; nello stesso tempo, ospitando sul sepolcro di San Pietro quanti professano una fede diversa, o non ne professano nessuna, danno risalto al ruolo decisivo della comunità presieduta dal suo successore, in un momento della storia in cui l’umanità si ritrova dinnanzi all’alternativa della guerra e della pace.

Il dialogo voluto da Giovanni XXII cominciò ad erodere i sistemi ideologici che opprimevano o minacciavano il mondo con la pretesa di uniformarlo, di realizzarne con la forza una “reductio ad unum”. La caduta di questi sistemi ha però determinato il risorgere di tante contrapposizioni etniche e settarie: quelle che oggi stanno insanguinando la Siria, ma che possono anche mettere in pericolo la pace nel mondo intero.

La missione di Bergoglio, e con lui di tutti gli uomini di buona volontà disposti ad aiutarlo, consiste nell’assicurare a ciascun popolo il diritto a scegliere liberamente il proprio futuro, evitando però che la piena affermazione di ciascuna identità etnica, culturale o religiosa, porti all’oppressione di altri popoli e al dilagare incontrollato dei conflitti, delle distruzioni e delle stragi.

Nei giorni prossimi, inoltre, giungerà a Roma la venerata immagine della Madonna di Fatima, cui il Papa intende riconsacrare il mondo, affinché sia preservata la pace. Un gesto ripetuto dai suoi predecessori ogni volta che i grandi temi della fede e della storia hanno coinciso, nei momenti decisivi per il futuro dell’umanità. Anche oggi, purtroppo, vi è qualcuno che critica ingenerosamente il Papa, in modo malizioso e meschino. Di fronte a questo tentativo di contrapporre l’odio all’amore, la discordia alla concordia, la guerra alla pace, deve essere ancora più forte l’impegno di tutti i fedeli nel sostenere l’opera intrapresa dal nostro supremo Pastore, il Papa che porta il nome del Santo di Assisi! 

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Alfonso Maria Bruno

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