Francesco Fantin, prete nel Far West brasiliano (Prima parte)

Morto il 12 aprile scorso, padre Chico “ha fatto stare in ginocchio i più famosi pistoleri e capibanda”

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Padre Francesco nasce il 30 maggio 1923 a Riese-PioX (Treviso), da una famiglia profondamente religiosa con nove figli, due dei quali sacerdoti e due suore, tre ancora viventi: Giuseppe sposato a Verona, suor Virginia a Trento e suor Rita da più di mezzo secolo in California. Francesco è ordinato sacerdote del Pime (Pontificio istituto missioni estere) dal card. Schuster a Milano il 25 giugno 1950, è assistente e insegnante nel seminario Pime di Treviso e poi animatore vocazionale a Cervignano del Friuli dove stava sorgendo un altro seminario missionario. Nell’ottobre 1956 parte per il Brasile del sud, dove svolge attività pastorale in diversi stati brasiliani, San Paolo, Santa Caterina e Minas Gerais, pur richiamato alcune volte in Italia per brevi servizi come animatore vocazionale, a Treviso, Belluno e Chioggia.

Padre Luigi Confalonieri l’ha conosciuto bene in Brasile e così lo ricorda: “Era un ottimo sacerdote, con uno spirito missionario che lo portava al contatto diretto con la gente. Nelle zone rurali del Brasile le parrocchie sono vastissime, con decine di piccole comunità e cappelle, oltre alla chiesa nel centro più importante. Francesco aveva un bel carattere, cordiale e amico di tutti, sapeva ascoltare e parlare, amava visitare le famiglie, all’inizio a cavallo poi in moto. Pregava molto, si adattava ad ogni ambiente e situazione perché era cresciuto in una famiglia povera con tanti fratelli e sorelle ed era abituato al sacrificio. Ovunque ha lasciato un buon ricordo perché portava la pace. Soprattutto, pregava molto ed era convincente quando parlava e istruiva. Era l’uomo giusto per le situazioni che richiedevano coraggio, fiducia in Dio e senso dell’autorità e della paternità. Negli ultimi quattro anni si era ritirato nella casa di riposo del Pime a Ibiporà nel Paranà e ha passato gli ultimi anni pregando e confessando quelli che venivano da lui anche per la direzione spirituale. E’ morto il 12 aprile 2013 ed è sepolto nel cimitero comunale di Ibiporà”.

Il Pime è in Brasile dal 1946, ha fondato due diocesi in Amazzonia, Macapà e Parintins, ed è presente anche a Manaos e Belem; nel Sud Brasile numerose parrocchie nelle regioni interne degli stati di San Paolo, Paranà e Santa Caterina, passandole poi al clero diocesano. I vescovi hanno chiamato spesso i missionari per mandarli in parrocchie difficili e in difficoltà. Padre Francesco era il tipo adatto ed è stato protagonista in queste situazioni scabrose. Ne ricordo brevemente due perché l’ho visitato sul posto e gli ho fatto lunghe interviste.

Nel 1965 era viceparroco di Fraiburgo nello stato di Santa Caterina, che aveva fondato padre Biagio Simonetti, allora parroco. Nella parrocchia vicina di Lebon Regis (a 35 km, ma queste sono le distanze del Brasile) il parroco è scappato perchè minacciato di morte. Siamo in zona di foreste, pascoli con mandrie di vacche e pecore, strade in terra battuta, case di legno, paesaggi bellissimi che richiamano alla mente quelli di tanti films western, dove lo stato, nel 1966, era poco presente e la parrocchia era quasi l’unico punto di riferimento di gente molto religiosa, una terra di pionieri e di avventurieri. Il vescovo di Lajes vi manda padre Fantin, che mi raccontava: “La mia parrocchia conta 20.000 abitanti dispersi in un territorio vastissimo, con 75 comunità in cui c’è la cappella, le visito a cavallo. Uno dei miei compiti è di pacificare le famiglie e i villaggi, impedire vendette, sparatorie. Qui tutti girano armati. Un  sabato pomeriggio stavo arrivando a cavallo da un giro, quando due uomini escono dal “boteco” (il “saloon” del Far West americano) di fronte alla chiesa e incominciano ad insultarsi. Non faccio a tempo ad intervenire, che uno dei due, con mossa fulminea, estrae la “faca” (coltellaccio) e la pianta nel petto dell’amico, là, davanti a me. Il figlio dell’ucciso, che sta uscendo dal “boteco”, vede il padre che crolla, estrae la pistola e ammazza l’assassino.  

“Il vescovo aveva proibito di fare i funerali religiosi a chi aveva ammazzato un’altra persona. Quando il giorno dopo sono venute le due famiglie con i loro morti su due carretti, io mi sono ritirato in casa e ho mandato la superiora delle suore, una polacca che valeva almeno due uomini, ad avvisarli che il funerale non si poteva fare. La superiora è tornata a dirmi: “Hanno detto: dì al prete che il vescovo è lontano, ma lui è vicino e se non fa il funerale noi lo ammazziamo”. Le famiglie dei due morti si sono coalizzate, in piazza c’erano un centinaio di persone con pistole e fucili. Tutta gente che non scherza. Avevo una certa paura, perchè io sono venuto a Lebon Regis a sostituire il parroco che è scappato essendo stato minacciato di morte, perchè non voleva sposare bambine di 12 anni. Il vescovo mi aveva detto: “Tu sei straniero, a te non capiterà niente”. E invece mi son trovato nei pasticci varie volte.

“Quella volta – continua padre Fantin – mi sono presentato in piazza vestito con i paramenti della Messa e ho detto: “Va bene, portate pure i morti in chiesa. Lasciate le armi fuori e disponetevi a pregare. Faremo il funerale ma dopo una lunga preghiera per chiedere perdono al Signore. Ricordatevi, che voi comandate fuori, ma in chiesa comando io”. Ho affermato la mia autorità. Così, mentre le due famiglie e i loro amici entravano, io sono andato in casa, ho pranzato e sono tornato in chiesa. Erano tutti in piedi ad aspettarmi. Li ho fatti stare in ginocchio, con una predica che non finiva più: ho parlato della morte e dell’inferno, ma anche della bontà e della misericordia di Dio che perdona, mentre noi non sappiamo perdonare. Poi ho recitato il rosario e altre preghiere. Siamo stati in chiesa da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Tutti stavano tranquilli a pregare e ascoltarmi, in prima fila c’erano i capifamiglia che avevano dato l’ordine di obbedire al prete. Nessuno si muoveva. Alla fine ho celebrato la Messa dei defunti e ho dato la benedizione ai morti. La mia fama si è sparsa in tutta la regione: sono diventato il “Padre Chico” (Francesco) che ha fatto stare in ginocchio i più famosi pistoleri e capibanda della regione”.

(La seconda parte uscirà domenica 21 aprile)

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Piero Gheddo

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