Francesco con il clero romano. No a preti sposati, omelie "show" e tradizionalisti "squilibrati"

Il Papa dialoga due ore a braccio con i “suoi” preti, parlando di omiletica e Ars celebrandi, e rispondendo alle domande libere dei presenti

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Tutti i giornali riportano le parole sui ‘preti sposati’, ma c’è molto di più nel discorso di Papa Francesco al clero romano durante l’annuale appuntamento per l’inizio della Quaresima. Il Vescovo di Roma si è intrattenuto infatti all’incirca due ore con i centinaia di preti e parroci in Aula Paolo VI , parlando brevemente di omiletica e Ars celebrandi – tema dell’incontro – ma soprattutto dando libera parola ai presenti, perché, ha detto, “mi interessano di più le vostre domande”. 

L’intenzione del Pontefice non era infatti di tenere una lezione, ma di dialogare con “i suoi sacerdoti”. E proprio per sentirsi più libero nel farlo ha espresso il desiderio che nessuna telecamera fosse presente in Aula, né che il discorso venisse trasmesso in diretta tv. Alcuni stralci del dialogo si sono tuttavia potuti ricostruire grazie a dichiarazioni rilasciate alla stampa dagli stessi sacerdoti in uscita dall’Aula Paolo VI. Qualcuno, previdente, è riuscito anche a registrare le parole del Pontefice.

L’incontro, dopo il saluto del cardinale vicario Agostino Vallini, è stato introdotto con un riferimento all’intervento dello stesso Bergoglio alla plenaria della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti sul tema dell’Ars celebrandi, il 1° marzo 2005. Il testo era stato distribuito in precedenza ai partecipanti ed è stato ripubblicato, oggi pomeriggio, da L’Osservatore Romano.

Fulcro dell’udienza sono state tuttavia le domande di alcuni sacerdoti, anche quelle non programmate, davanti alle quali il Papa non si è tirato indietro e ha risposto con la consueta prontezza.

Oltre alle poche frasi riportate già in mattinata da alcune agenzie, Bergoglio nel suo colloquio ha toccato il tema, ad esempio, del “rito tradizionale” con cui Benedetto XVI concesse di celebrare la Messa. Con il Motu Proprio Summorum Pontificum, pubblicato nel 2007, Ratzinger diede infatti la possibilità di celebrare la Messa secondo i libri liturgici editi da Giovanni XXIII nel 1962, fermo restando che la forma “ordinaria” di celebrazione nelle Chiese cattoliche rimanesse sempre quella stabilita da Paolo VI nel 1970. 

Un gesto, questo, – ha spiegato oggi Francesco – che il suo predecessore, “uomo di comunione”, ha voluto compiere per tendere “una mano coraggiosa ai lefebvriani e ai tradizionalisti”, ovvero tutte quelle persone che avevano desiderio di celebrare la Messa secondo l’antico rituale.

Tuttavia questo tipo di Messa cosiddetta “tridentina” – ha ribadito il Papa – è una “forma extraordinaria del rito romano”, quello cioè approvato dopo il Concilio Vaticano II. Quindi non è reputata un rito distinto, ma solamente una “diversa forma del medesimo rito”.

Tuttavia – ha aggiunto Francesco – ci sono preti e vescovi che parlano di “riforma della riforma”. Alcuni di loro sono “santi” e ne parlano “in buona fede”. Questo però “è sbagliato”, ha detto il Santo Padre. Ha quindi riferito il caso di alcuni vescovi che hanno accettato seminaristi “tradizionalisti” mandati via dalle altre diocesi, senza prendere informazioni su di essi, perché “si presentavano molto bene, molto devoti”. Li hanno ordinati, ma questi hanno poi mostrato “problemi psicologici e morali”.

Non è una prassi, ma ciò “accade spesso” in questi ambienti, ha detto il Papa, e ordinare questi tipi di seminaristi è come mettere “una ipoteca sulla Chiesa”. Il problema di fondo è che alcuni vescovi a volte sono travolti “dalla necessità di avere nuovi preti in diocesi”, pertanto non viene operato un adeguato discernimento tra i candidati, tra i quali dietro alcuni si possono nascondere degli “squilibri” che poi si manifestano proprio nelle Liturgie. La Congregazione dei Vescovi – ha riferito ancora il Pontefice – è dovuta infatti intervenire con dei vescovi su tre di questi casi, sebbene non accaduti in Italia.

Nel discorso introduttivo, Francesco, parlando di omiletica e Ars celebrandi, ha raccomandato invece ai preti presenti di non cadere nella tentazione di voler essere “showman” sul pulpito, magari parlando “in modo sofisticato” o “abusando dei gesti”; nemmeno però i celebranti devono essere così “noiosi” da spingere le persone ad “andare fuori a fumare una sigaretta” durante l’omelia.

A tal proposito, Bergoglio – nei pochi minuti mandati in onda nella Sala Stampa della Santa Sede – ha raccontato tre aneddoti personali accaduti a Buenos Aires, proprio relativi a questa “sfida” dell’omelia. Ad esempio, quando degli amici gli riferirono entusiasti di aver trovato “una Chiesa dove si fa la messa senza l’omelia”, o di quando una nipote per nulla entusiasta si lamentò con lui di aver dovuto ascoltare “una lezione di 40 minuti sulla Summa di san Tommaso”.

L’omelia insomma – ha sottolineato il Papa – va pronunciata con l’intenzione di voler fare entrare i fedeli “nel mistero della fede”. Questo, lui stesso l’ha capito dopo alcuni anni, dopo cioè una plenaria del 2005, dove, in seguito ad una sua esposizione, fu rimproverato dal cardinale Meisner e dall’allora cardinale Ratzinger di non aver detto che nell’Ars celebrandi bisognava anzitutto “sentirsi davanti a Dio”. “E aveva ragione, di questo io non avevo parlato”.

Al momento delle domande ‘libere’, è intervenuto don Giovanni Cereti, teologo in diversi Atenei pontifici, nonché autore del volume “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva”, in cui affermava che nel primo millennio gli adulteri erano riammessi nella comunità dopo un periodo di penitenza e che potevano accedere alla comunione pur restando nel nuovo matrimonio.

Oggi Cereti, ha domandato al Papa se in futuro potrà esserci la possibilità che i sacerdoti sposati, dopo aver ottenuto la dispensa, possano essere riammessi a celebrare la Messa. “È un problema di non semplice soluzione”, ha ammesso Bergoglio, che tuttavia la Chiesa e lui stesso hanno “a cuore”. La questione è anche all’attenzione della Congregazione per il Clero, che ha concesso questa pratica solo in rarissimi casi di ex preti molto anziani che avevano chiesto di celebrare l’Eucarestia, in forma privata, prima di morire. Il problema in sé, ha tuttavia ribadito perentoriamente il Papa, “non so se possa essere risolto”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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