Pope Francis at FAO 39 summit

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Francesco alla FAO: "L’accesso al cibo è un diritto di tutti. E i diritti non consentono esclusioni!”

In un monumentale discorso, il Papa denuncia la miseria e gli sprechi ed esorta a continuare la lotta alla fame “senza secondi fini” e senza delegare ad altri 

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È un preludio alla prossima Enciclica “sulla cura della casa comune” il monumentale discorso che Papa Francesco rivolge oggi ai partecipanti alla 39ma Sessione della Conferenza della FAO, in corso a Roma dal 6 al 13 giugno. Il Papa parla di miseria e di crisi, di sprechi e di “fame cronica”, alle quali contrappone l’impegno a “modificare gli stili di vita” con una maggiore sobrietà, e ad assumere il tema fame, spesso “impopolare”, come priorità delle politiche internazionali.  

L’importante è “agire”, perché spesso – osserva il Pontefice – si preferisce “delegare, a tutti i livelli”, pensando: “Ci sarà qualcuno che se ne occuperà, magari un altro Paese, o quel Governo, quella Organizzazione internazionale”. La tendenza più comune di fronte a temi difficili è infatti quella di “disertare”; anzi, afferma Bergoglio, “è un atteggiamento che spesso amiamo prediligere anche se poi non manchiamo ad una riunione, ad una conferenza, o alla redazione di un documento”.

Invece, no! “Dobbiamo rispondere all’imperativo che l’accesso al cibo necessario è un diritto di tutti. E i diritti non consentono esclusioni!”, asserisce perentoriamente il Vescovo di Roma. Ricorda quindi la sua partecipazione alla Seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, il 20 novembre 2014, che ha impegnato gli Stati a trovare soluzioni e risorse. L’auspicio è che quella decisione “non resti solo sulla carta”, ma “prevalga decisamente la responsabilità di rispondere in concreto agli affamati e a tutti coloro che attendono dallo sviluppo agricolo una risposta alla loro condizione”.

Un ulteriore incoraggiamento ad agire, quindi, perché “non basta fare il punto sulla nutrizione nel mondo”, rimarca il Santo Padre, per quanto sia necessario “aggiornare i dati”, perché “ci mostra la dura realtà”. La realtà, cioè, che anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno, cresce ovunque “il numero di chi con fatica accede a pasti regolari e sani”.  Può certo consolarci, allora, “sapere che quel miliardo e 200 milioni di affamati del 1992 si è ridotto, anche con una popolazione mondiale in crescita”, ma “serve a poco” prendere atto dei numeri o fare progetti “se tralasciamo l’obbligo di debellare la fame e prevenire qualsiasi forma di malnutrizione, in tutto il mondo”.

Francesco, in particolare, esprime la sua preoccupazione per le statistiche sugli sprechi, voce sotto cui finisce un terzo degli alimenti prodotti. “Inquieta pure – aggiunge – sapere che una buona quantità di prodotti agricoli viene usata per altre finalità, magari buone finalità, ma che non sono le necessità immediate degli affamati”. Tipo l’alimentazione degli animali o produrre biocarburanti.

“Ridurre gli sprechi è essenziale”, rimarca allora Bergoglio, sottolineando poi la necessità di “sensibilizzare tutti i Paesi sul tipo di nutrizione adottata”, variabile a seconda delle latitudini. Nel Sud del mondo, ad esempio, “l’attenzione va posta sulla quantità sufficiente di alimenti da garantire ad una popolazione in crescita”; nel Nord, invece, “il punto centrale è la qualità della nutrizione e degli alimenti”.  

In ogni caso, sottolinea il Papa, bisogna “provare ad assumere con più decisione l’impegno di modificare gli stili di vita”, anche perché “la sobrietà non si oppone allo sviluppo, anzi, è ormai evidente che è diventata una sua condizione”. Poi, sarebbe il caso anche di domandarsi: “Quanto incide il mercato con le sue regole sulla fame nel mondo?”. Dagli studi FAO emerge che, dal 2008, il prezzo dei prodotti alimentari è “raddoppiato, poi stabilizzato, ma sempre con valori alti rispetto al periodo precedente”. “Prezzi così volatili impediscono ai più poveri di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima”, accusa il Santo Padre.

E va bene preoccuparsi per i cambiamenti climatici, ma “non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria” che interessa, ad esempio, i prezzi di grano, riso, mais, soia, i quali “oscillano in borsa, magari vengono legati a fondi di rendimento e, quindi, più alto è il loro prezzo maggiormente ricava il fondo”. Anche per questa situazione il Papa propone “un’altra strada”; ovvero la convinzione “che i prodotti della terra hanno un valore che possiamo dire ‘sacro’, perché sono frutto del lavoro quotidiano di persone, famiglie, comunità di contadini”. Lavoro che, tuttavia, è “spesso dominato da incertezze, preoccupazioni per le condizioni climatiche, ansie per le possibili distruzioni del raccolto”.

È necessario, perciò, che “lo sviluppo agricolo” – che negli obiettivi FAO riguarda lavoro della terra, pesca, allevamento, foreste – “sia al centro dell’attività economica”, rafforzando “le capacità delle popolazioni di fronteggiare le crisi”, naturali o causate dall’azione umana, e “ponendo attenzione alle diverse esigenze”. “Così sarà possibile puntare a standard di vita dignitosi”, assicura il Santo Padre.

Osserva quindi che in questo impegno restano “altri punti critici”. A cominciare dalla “generica rassegnazione”, dal “disinteresse” o finanche “l’assenza” di tanti, persino Stati. La sensazione, rileva Bergoglio, “è che la fame sia un argomento impopolare, un problema irrisolvibile, che non trova soluzioni nell’arco di un mandato legislativo o presidenziale e quindi non assicura consensi”.

Ciò si riflette “nella mancata volontà di assumere impegni vincolanti, perché ci si trincera dietro la questione della crisi economica mondiale e nell’idea che la fame c’è in tutti i Paesi”. Il problema è che, in tal modo, “si dimentica che se in un Paese la povertà è un problema sociale a cui è possibile dare soluzioni, in altri contesti è una questione strutturale e non bastano solo politiche sociali per fronteggiarla”.

Questo atteggiamento, però, “può cambiare”, se “ricollochiamo nel cuore delle relazioni internazionali la solidarietà, trasportandola dal vocabolario alle scelte della politica: la politica dell’altro”. In tal senso, prosegue il Papa, bisogna concentrarsi sull’educazione delle persone ad una corretta alimentazione. Specie in Occidente, dove il problema “sono gli alti consumi e gli sprechi”, o nel Sud, dove è necessario “incentivare la produzione locale che in tanti Paesi con ‘fame cronica’ è sostituita da derrate provenienti dall’esterno e magari inizialmente mediante gli aiuti” di emergenza.

Quest’ultimi, però, “non bastano” e “non sempre finiscono nelle mani giuste”, afferma Francesco. Così, poi, “si crea dipendenza verso i grandi produttori”, e “se il Paese manca della necessaria disponibilità economica, ecco che la popolazione finisce per non alimentarsi e la fame cresce”.

Il Vescovo di Roma riflette poi sulle conseguenze dei cambiamenti climatici: i “forzati spostamenti di popolazione” oppure i “tanti drammi umanitari per mancanza di risorse”, ad iniziare dall’acqua già oggetto di conflitti “che in prospettiva aumenteranno”. Su tale questione, secondo il Papa, “non basta affermare che esiste un diritto all’acqua senza agire per rendere sostenibile il consumo di questo bene-risorsa e per eliminare ogni spreco”. L’acqua, aggiunge, “resta un simbolo che i riti di molte religioni e culture usano per indicare appartenenza, purificazione e conversione interiori”. E proprio partendo da questo valore simbolico, “la FAO può contribuire a rivedere modelli di comportamento per garantire, oggi e in futuro, che tutti possano accedere all’acqua indispensabile alle loro necessità e alle attività agricole”.   

Oltre all’acqua, angoscia sempre più l’accaparramento delle terre coltivabili da parte di imprese transnazionali e di Stati. Una problematica che “non solo priva gli ag
ricoltori di un bene essenziale, ma intacca direttamente la sovranità dei Paesi”. “Sono molte ormai le Regioni in cui gli alimenti prodotti vanno verso l’estero e la popolazione locale si impoverisce doppiamente perché non ha né alimenti, né terra”, denuncia Bergoglio.

Che dire poi delle donne “che in molte zone non possono possedere i terreni che lavorano, con una disparità di diritti che impedisce la serenità della vita familiare perché si rischia da un momento all’altro di perdere il campo?”. Eppure – riflette il Santo Padre – “sappiamo che nel mondo la produzione mondiale di alimenti è in massima parte opera di aziende familiari”. È importante, pertanto, che la FAO “rafforzi il partenariato e i progetti a favore delle aziende familiari”, stimolando gli Stati a regolare equamente l’uso e la proprietà della terra.

Francesco conclude incoraggiando perciò a lavorare “per armonizzare le differenze”: “Uniamo gli sforzi – dice – , così non leggeremo più che la sicurezza alimentare per il Nord significa eliminare grassi e favorire il movimento e per il Sud procurarsi almeno un pasto al giorno”. Per farlo, dobbiamo “cambiare gli stili di vita” partendo “dalla nostra quotidianità”, coscienti “che i nostri piccoli gesti possono garantire la sostenibilità e il futuro della famiglia umana”.

Soprattutto, esorta il Pontefice, “continuiamo la lotta alla fame senza secondi fini! Le proiezioni della FAO dicono che entro il 2050, con 9 miliardi di abitanti sul pianeta, la produzione deve aumentare e addirittura raddoppiare. Invece di impressionarci di fronte ai dati, modifichiamo il nostro rapporto con le risorse naturali, l’uso dei terreni, i consumi, eliminiamo lo sperpero: così sconfiggeremo la fame”.

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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