Fra venti contrari, il vento forte dello Spirito Santo

La nuova evangelizzazione e l’eredità di Benedetto XVI in un Sinodo che funzionò da “pre-Conclave”

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L’anno della fede e la Nuova Evangelizzazione rappresentano un meraviglioso lascito che il Santo Padre Benedetto XVI consegna al suo successore. Un’eredità permeata di speranza.

Si è svolto lo scorso ottobre il Sinodo dei Vescovi per la Nuova Evangelizzazione. Come sempre accade, la conclusione di questa solenne assemblea convocata e presieduta dal Papa corrisponde all’inizio del lavoro “sul campo”, tra e per le persone.

Una metafora utile a comprenderne meglio il senso, ci viene offerta dall’attività del contadino durante il ciclo delle stagioni: è come quando il completamento della fase della semina, ineludibilmente, deve lasciar posto alla cura del terreno, per far sì che esso si accinga a produrre germogli. Il terreno in questione, inteso come società contemporanea, necessita di una cura oltremodo solerte e capillare. Oscillante a causa del relativismo, inquinato in profondità dai veleni dell’individualismo, arido come i cuori chiusi all’amore di Dio, questo terreno, come se non bastasse, è anche costellato di voragini dovute all’assenza di testimonianza cristiana. Sono quelle che noi tutti, laici e religiosi, comunità di fedeli che dà vita alla Chiesa, oggi più che mai abbiamo il dovere di colmare annunciando – come ci esorta il Santo Padre – “la Buona Notizia”, perché “tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo”.

Il Santo Padre stesso, primo tra tutti, riconosce le difficoltà che implica questo nobile proposito, in un contesto sociale segnato sovente da un atteggiamento di netto rifiuto della “proposta cristiana”. Forse non è catastrofismo, né esercizio da “profeta di sventure”, rilevare che il compito cui è chiamata la Chiesa cattolica è, nel nostro tempo, smisuratamente arduo. No, non si tratta di esagerare, se proprio il Sommo Pontefice, Benedetto XVI, arriva a paragonare l’epoca odierna a un mare in tempesta, ove “di nuovo la piccola barca della Chiesa è squassata dal vento delle ideologie, che con le loro acque penetrano in essa e sembrano condannarla all’affondamento”[1]. Fuor di metafora, poi, il Papa sottolinea che “Cristo viene sempre di nuovo schernito e colpito; sempre di nuovo si cerca di spingerlo fuori del mondo”[2].

I segnali di crisi sono fin troppo evidenti. In Europa, nelle terre dove affondano quelle radici cristiane che le istituzioni politiche ostinatamente disconoscono, la trasmissione della fede è intralciata dal diffondersi su vasta scala di culture sedicenti laiche. Il cristianesimo è stato relegato in un angolino minoritario, quasi ininfluente della società, ossia nella “sfera privata”. Da questa sorta di declassamento sociale della nostra religione derivano anche la diminuzione di membri e l’anemia vocazionale. I valori che appaiono emergenti, penetranti, propagandati dai mezzi di comunicazione di massa, sono alieni, persino talvolta antitetici alla vita cristiana. Valori che privilegiano esibizionismo, tracotanza e superbia umana, che annunciano lo scioglimento di tutte le leggi e gli ordini divini; valori che negano ogni forma di solidarietà e di vincolo comunitario.

L’indifferentismo della società consumistica non dà supporto a quei cristiani che vorrebbero favorire un cammino di umanizzazione mediante l’annuncio del Vangelo. Al contrario, l’aspetto “liquido”, globalizzato della società contemporanea facilita la diffusione di proposte spirituali disimpegnate da appartenenze e osservanze, corredate da un sensazionalismo che scuote gli animi atrofizzati degli uomini moderni. È così che la Chiesa cattolica si trova costretta a fronteggiare la concorrenza delle sette evangeliche, dell’esoterismo new age e dei fenomeni legati alla magia.

I rapporti con le altre religioni costituiscono un problema ulteriore. Le genuine attività ecumeniche, indicate dall’esempio di Papa Giovanni Paolo II, dirimono solo in parte controversie dovute a problemi di convivenza religiosa. La massiccia immigrazione, unita al calo demografico e alla crescita dell’agnosticismo tra gli abitanti autoctoni, sono fattori che stanno già minando, in alcune aree d’Europa, l’antica certezza dei cristiani quale maggioranza della popolazione. Altrove nel mondo, la presenza cristiana sempre più spesso – in una visione alterata dagli stereotipi – viene percepita come un tentativo di “intrusione occidentale”, una minaccia per l’identità dei popoli. La più grave conseguenza di ciò consiste nelle brutali persecuzioni cui sono sottoposti, ancora oggi, molti fratelli cristiani. Questa triste realtà, seppur colpevolmente trascurata dai media, rappresenta un fenomeno di proporzioni colossali: l’80% di coloro che sono perseguitati a causa della propria fede sono cristiani. Le cronache di alcuni Paesi, soprattutto africani e asiatici, dimostrano che la minaccia dei “novelli Diocleziano” non accenna a diminuire.

In tutta la sua crudeltà, il quadro potrebbe scoraggiare molti, sembrando talmente pessimistico da soffocare ogni barlume di speranza. Da questi affanni ci soccorre però il meraviglioso mistero della nostra fede: Cristo che vince la morte è il più alto insegnamento a perseverare senza avvilirci per le incomprensioni o per le momentanee sconfitte. La fiamma cristiana, anche nel momento di sofferenza per la Chiesa, si alimenta di sempre nuovo (da qui l’ottimismo di una Nuova Evangelizzazione) e maggior vigore. E allora, dice il Santo Padre concludendo i lavori del Sinodo con una riflessione personale: “Anche se la Chiesa sente venti contrari, tuttavia sente soprattutto il vento dello Spirito Santo che ci aiuta, ci mostra la strada giusta; e così, con nuovo entusiasmo, mi sembra, siamo in cammino e ringraziamo il Signore perché ci ha dato questo incontro veramente cattolico.”  Dunque, “possiamo essere felici anche oggi perché la sua bontà non si spegne; è forte anche oggi!”.

[1] Omelia di Papa Benedetto XVI (29 giugno 2006 – Basilica di San Pietro)

[2] Ibidem

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Federico Cenci

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