Fra i cristiani perseguitati in Medio Oriente

Parla l’autore del reportage, il giornalista Rodolfo Casadei

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di Antonio Gaspari

RIMINI, venerdì, 29 agosto 2008 (ZENIT.org).- Mercoledì 27 agosto è stato presentato al Meeting di Rimini il volume “Il sangue dell’agnello. Reportage fra i cristiani perseguitati in Medio Oriente” (Guerini e Associati, 206 pagine, 17,50 Euro).

Si tratta di un libro inchiesta che dà voce ai cristiani perseguitati in Iraq e in Turchia.

Nel volume si trova l’ultima intervista dell’Arcivescovo caldeo di Mosul, monsignorFaraj Rahho, prima del rapimento che gli costò la vita; le dolenti testimonianze dei cristiani iracheni che fuggono da rapimenti, stupri e uccisioni riparando nei paesi della regione e nel Kurdistan; l’eccidio dei protestanti in Turchia e il delitto eccellente contro Hrant Dink, giornalista turco armeno.

L’autore, Rodolfo Casadei è inviato speciale del settimanale “Tempi”, autore di tanti libri inchiesta nelle zone di confine dell’Africa e dell’Asia. Nel 2005, l’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) gli ha assegnato il premio nella sezione “Il genio della donna”.

Nell’introduzione al libro, Magdi Cristiano Allam ha scritto: “Rodolfo Casadei è un testimone appassionato. È andato personalmente a vedere e a sentire i cristiani in difficoltà e che subiscono ogni forma di vessazione in Turchia, Giordania, Siria, Libano e soprattutto in Iraq, la terra più martoriata dal terrorismo islamico che ha individuato nei cristiani la minoranza da sottomettere con la forza all’arbitrio dell’islam”.

Cristiano Allam è preoccupato in particolare della condizione secondo cui se “un occidentale si converte all’islam, nessuno si sognerebbe mai di rimproverarlo e meno che mai di minacciarlo, se all’opposto un musulmano residente in Occidente si converte al cristianesimo, contro di lui si scatena una guerra”.

Una guerra, “fatta di condanne a morte per apostasia da parte dei musulmani – spiega – , ma anche di critiche da parte dei non musulmani che arrivano a immaginare che quella conversione sia di per sé una provocazione e la condannano per paura delle conseguenze che potrebbero ritorcersi contro se stessi”.

In una intervista a ZENIT, Rodolfo Casadei ha ricordato che prima dell’ultima guerra in Irak i cristiani erano 800.000, mentre oggi 400.000 di loro sono profughi all’estero o sfollati nel nord del paese.

Casadei spiega nel libro che c’è un vero e proprio “paradigma della persecuzione” che inizia con lettere di minacce, o addirittura videocassette o cd contenenti minacce, nelle quali si dice ai cristiani “o pagate la tassa di sottomissione o cambiate religione oppure ve ne andate dal paese, se non fate queste cose, vi rapiamo membri della famiglia e se insistete vi uccidiamo”.

Nel secondo passaggio della persecuzione a chi resiste viene distrutta l’attività economica. Molti vengono rapiti e chiedono riscatti fino a 50.000 dollari, altri si vedono distruggere il negozio. Nei casi di resistenza ad oltranza viene ucciso un membro della famiglia.

Casadei ha raccontato di aver incontrato famiglie dove il padre era stato ucciso, un figlio era stato ucciso, una figlia violentata e uccisa dentro casa, aggredendoli di notte da fondamentalisti travestiti da poliziotti.

Un altro elemento di persecuzione avviene tramite conversioni forzate e il tentativo di imporre l’uso del velo in pubblico alle donne cristiane. Minacce in questo senso vengono praticate a Bassora, a Bagdad e a Mosul.

L’inviato di Tempi ha poi raccontato di attacchi alle chiese: “Ho potuto raccogliere diverse testimonianze di casi di profanazione deliberata del Santissimo. Cioè gente armata entrata in chiesa durante la messa, che sotto gli occhi dei fedeli, ha buttato a terra l’Eucaristia in segno di sfregio”.

Gli attacchi ai cristiani vengono giustificati dicendo che sarebbero alleati degli angloamericani, e questo è secondo Casadei “il grande pretesto con cui viene fatta la persecuzione, mentre in realtà la totalità dei cristiani iracheni non ha avuto nulla a che fare con l’invasione”.

“Non erano a favore dell’invasione – ha aggiunto – proprio perché temevano le reazioni che si sarebbero innescate”.

“E’ comunque evidente che la presenza di truppe USA è il pretesto che i Jihadisti utilizzano per fare piazza pulita dei cristiani in Iraq”, ha sottolineato Casadei.

L’inviato di Tempi racconta nel libro il suo incontro con l’Arcivescovo di Mosul, 50 giorni prima del suo rapimento, avvenuto il 29 febbraio scorso.

“Sono stato l’ultimo giornalista straniero che l’ha incontrato e che ha raccolto una sua intervista – ha ricordato Casadei –. Lui mi ha spiegato come funzionava lo schema della persecuzione e il pretesto che viene utilizzato”.

Monsignor Paulos Faraj Rahho era malato di cuore, e per questo, dopo due settimane senza cure né medicinali, è morto. Quando l’hanno rapito hanno ucciso tre cristiani che stavano con lui.

In questo quadro tragico, Casadei ha precisato che “l’unico elemento di speranza è il governo regionale curdo. Un governo musulmano moderato che pone un’estrema attenzione alle minoranze religiose”.

In quest’ottica, sta attirando minoranze religiose da tutte le zone dell’Iraq per metterle sotto la sua protezione. Si tratta principalmente di cristiani, ma anche ebrei e altri gruppi marginali. Anche i gruppi protestanti sono ammessi.

Questo genere di azione fa sì che i cristiani fuggano in Kurdistan e nella piana di Ninive che pur non essendo Kurdistan è sotto il controllo turco.

La seconda parte del libro riguarda la Turchia e racconta le storie di tre cristiani protestanti massacrati e l’assassinio di un giornalista armeno della Turchia.

Casadei ha spiegato che la Turchia si presenta come un paese laico, la costituzione permette la libertà di religione, ma nei fatti c’è una persecuzione delle minoranze religiose che non hanno gli stessi diritti della minoranza sunnita musulmana.

Non hanno gli stessi diritti per quanto riguarda la proprietà, l’acquisizione e la cessione di terreni e immobili e la costruzione di luoghi di culto. C’è un trattamento assolutamente penalizzante per chi appartiene alle minoranze religiose.

Esiste la libertà di cambiare religione e di conversione a livello delle leggi, ma la pratica sociale la punisce perché chi fugge dall’islam viene emarginato. Purtroppo in questo contesto di intolleranza religiosa ci sono esempi di omicidi eccellenti, come quello di don Andrea Santoro a Trebisonda, l’uccisione dei protestanti e l’assassinio di Hrant Dink.

Colpisce la figura del giornalista armeno. L’inviato di Tempi lo aveva incontrato due mesi prima del suo assassinio. Di lui racconta la battaglia per il riconoscimento del genocidio armeno, durante gli anni 1915 -1916.

Diceva, per esempio, “vengo minacciato e processato perché parlo della realtà del genocidio armeno. Qui non vogliono che si parli di questo perché dicono che è un’offesa all’identità turca”.

Dink sosteneva che “i turchi sono ignoranti del genocidio, a loro è stato insegnato fin da piccoli che non c’è stato nessun genocidio e che i cattivi erano gli armeni” per questo chiedeva la libertà di poter parlare, “ragionare con loro per cambiare le loro idee”.

“Per far questo – affermava il giornalista armeno – devo essere libero di parlare. Invece ricevo centinaia di lettere di minacce di morte, sono stato processato e condannato solo perché chiedo la libertà di raccontare la realtà di un fatto di storia”.

“Questa richiesta di libertà è stata soppressa con l’omicidio. Questo è il dramma della Turchia”, ha sottolineato Casadei, il quale ha aggiunto che “storicamente in Turchia i gruppi islamici sono stati contrapposti agli ultranazionalisti, ma adesso si stanno avvicinando, ci sono gruppi che combinano queste due ideologie e sono più pericolosi di
prima, sono quelli che compiono i delitti e che godono di coperture all’interno degli organi dello Stato”.

Parlando di un’altra persecuzione Casadei ha sostenuto che “anche la situazione dell’India riflette questa collusione tra il nazionalismo e l’estremismo indù”.

In conclusione, l’autore ha affermato che il suo “è un libro di testimonianza, che nasce dallo scandalo del silenzio nei confronti della persecuzione dei cristiani e dall’ammirazione della testimonianza eroica di questi martiri”.

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ZENIT Staff

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