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Fiori sulla terrazza

Ogni persona, uomo o donna, giudeo o greco, buddista o musul­mano… è un potenziale contenitore dei doni di Dio

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Sulla terrazza della casa vicina, dalla mia finestra osservavo spesso Camillo coltivare tre vasi di fiori. Ogni giorno dedicava loro tutte le sue cure: potava, annaffiava, concimava la terra dei vasi, li pro­teggeva dall’eccessivo calore e dal freddo pungente.
Da oltre un mese però Camillo non si affacciava sul suo terrazzo: era assente per impegni di lavoro ed i fiori da lui amorosamente coltivati, giorno dopo giorno,  si sono seccati.
A mezzo metro di distanza dalle piante inaridite, tra due mattonelle sconnesse, vedevo intanto spuntare, crescere e fiorire, sgargiante, una bocca di leone. Subito penso ai giuochi della Provvidenza e alla potenza della vita. Quel seme seminato dal vento è cresciuto tra le in­temperie come i “gigli del campo”, per di più indesiderato, destinato prima o poi ad essere strappato come erbaccia che rovina il lastrico.
Non mancavo di additare quel prodigio a chiunque guardasse con me dal­la finestra, e le considerazioni di tutti erano di sorpresa, di mera­viglia e di rispetto di fronte a ogni germe di vita che Dio ha messo nel creato e che va sempre coltivato e assecondato nella sua forza vi­tale.
A me, cristiano e sacerdote, diceva che i semi della parola di Dio, i semi del Verbo, che è Dio stesso, vanno seminati e coltivati in qua­lunque creatura, ma soprattutto scoperti e agevolati sotto ogni lati­tudine in tutte le persone, anche apparentemente indegne, nelle quali il vento di Dio li ha già generosamente profusi.
Giorni fa ricevo una telefonata: Camillo mi preannuncia il suo ritorno. Lo informo della fine delle sue piante e del fiore sbocciato spontanea­mente: “bisogna strapparlo subito ‑ mi raccomanda ‑ prima che danneggi il terrazzo”. Procedendo con la massima delicatezza, riesco a svellere il fiore indesiderato con tutta la radice e lo pianto in un vaso  che, tornato Camillo, metto bene in mostra sul suo tavolo. Camillo, colpito dalla magnificenza del fiore, vuole saperne la provenienza. “È il fio­re portato dal vento, ‑ risposi sorridendo ‑ che mi avevi raccomandato di strappare”. Mi guarda stupito e mi ringrazia di averlo trasformato in un dono che gli rallegra la stanza.
Insieme riflettiamo come i doni di Dio, i carismi portati  dal vento dello Spirito Santo alla sua Chiesa, nascono dove e come Dio vuole e provengono da ogni parte perché “lo Spirito soffia dove vuole”;  non sono necessariamente legati ad un territorio, ad una cultura, ad una razza.
Ogni persona, uomo o donna, giudeo o greco, buddista o musul­mano… è un potenziale contenitore dei doni di Dio. Ma, da qualsiasi parte vengano questi doni, sono destinati ad allietare, ad abbellire, a fortificare la tua vita; tutti sono doni che Dio profonde per te. Ricevili e ringrazia.
Ciao da padre Andrea
 

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Andrea Panont

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