Filoni: “I cristiani sono parte integrante della storia dell’Iraq”

Nel suo ultimo libro, il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli spiega come la pace nel paese mediorientale potrà arrivare solo se si esce dalla logica delle “rivendicazioni” tra gruppi etnici e religiosi

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Il cardinale Ferdinando Filoni è l’uomo della Curia Romana che più conosce l’Iraq. Prima di diventare prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Filoni è stato per cinque anni (2001-2006) nunzio apostolico nel paese mediorientale, nel pieno della guerra del Golfo. In tempi più recenti, il porporato si è recato due volte in missione in Iraq (2014 e 2015), visitando in particolare i campi profughi.

Da queste esperienze è scaturito il saggio La chiesa in Iraq, in cui Filoni ripercorre la travagliata storia dei cristiani nel paese, scosso da due guerre, dalla dittatura di Saddam Hussein e, oggi, dalla spaventosa offensiva dell’ISIS.

Ai microfoni di Radio Vaticana, il cardinale ha ribadito la “vivissima preoccupazione” di papa Francesco per l’Iraq, dove i cristiani sono stati defraudati dei loro beni, sia mobili che immobili, e rientrano così a pieno titolo tra i “poveri” del paese.

Nei suoi appelli ed anche nel suo invio in missione dello stesso Filoni, “il Papa ha avuto un ruolo importante e tutti glielo riconoscono per aver focalizzato l’attenzione internazionale sulla situazione di guerra e comunque dei nostri cristiani, che sono stati cacciati”, ha sottolineato il Prefetto.

Filoni ha poi rievocato i suoi ultimi viaggi in Iraq, il primo dei quali gli ha riservato l’“incontro scioccante” con “migliaia di famiglie che erano fuggite e dormivano per terra, dove era possibile, sotto gli alberi, in situazioni assolutamente disumane”, con temperature che arrivavano anche a 48°C, malattie, mancanza d’acqua potabile e di cibo.

Durante la seconda visita, svoltasi la scorsa primavera, durante la Settimana Santa, il porporato ha portato la “carezza” del Papa e della Chiesa ai profughi cristiani, recando loro in omaggio “la colomba pasquale donata da tante famiglie di Roma”.

Nel suo libro, il cardinale Filoni ricorda che “i nostri cristiani sono parte integrante della storia della vita del Medio Oriente in generale e della vita dell’Iraq in particolare”, dando un contributo fondamentale “alla vita, alla tradizione, alla cultura di questa terra”.

Persino le stesse autorità irachene, ha aggiunto il porporato, riconoscono che l’Islam è arrivato dopo nella loro terra, quindi i cristiani detengono un “diritto nativo” di continuare ad abitarci. “D’altronde non dimentichiamo che questa è anche la terra dove la cultura occidentale ha messo le radici”, ha sottolineato Filoni.

La presenza nel paese di molte differenti etnie e nazionalità, all’interno di uno Stato voluto dall’Occidente che “non rispondeva alle esigenze locali”, rappresenta un problema tuttora irrisolto.

A tal proposito, il porporato cita in particolare il dualismo sciiti-sunniti, laddove i primi sono la maggioranza, mentre i secondi da sempre detengono il potere; a ciò si aggiungono le rivendicazioni della significativa minoranza curda.

Da parte loro, i cristiani non hanno mai posto “rivendicazioni territoriali”, essendo sempre vissuti in quella regione, desiderosi di mantenere le loro tradizioni.

In questo scenario, “bisogna allora uscire da una logica in cui ci si identifica solamente con i confini ed entrare nella logica di convivenza nel profondo rispetto gli uni degli altri”, che non è una questione di “tolleranza” ma di “rispetto dei diritti”, ha affermato Filoni.

È solo superando la logica delle “rivendicazioni” che si può arrivare alla pace in Iraq: un processo per il quale “bisogna cambiare le menti, ma per questo ci vuole ovviamente del tempo”, oltre che “buona volontà”, ha poi concluso il cardinale.

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ZENIT Staff

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