Filippine: la porta dell'evangelizzazione dell'Asia e del mondo

Intervista con padre Jan Thomas Limchua

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ROMA, venerdì, 8 giugno 2012 (ZENIT.org) – Le Filippine sono le porte d’Oriente della Chiesa Cattolica. I primi missionari vi arrivarono nel 1521 e oggi con quasi 100 milioni di abitanti – di cui l’80% è di fede cattolica – presentano un panorama molto diverso rispetto al resto dell’Asia. In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Johannes Habsburg ha intervistato per il programma Where God Weeps (Dove Dio Piange) padre Jan Thomas Limchua.

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Padre Limchua, la sua vocazione è un caso isolato o nelle Filippine ci sono vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa?

Padre Jan Thomas Limchua: Le Filippine sono un Paese in cui ci sono tanti cattolici, ma anche tanti giovani che rispondono alla chiamata del sacerdozio, della vita religiosa, e anche della vita consacrata. I seminari sono pieni di giovani che rispondono alla chiamata del Signore.

Le Filippine sono la porta da cui parte la missione, non solo per l’Asia, ma per tutto il mondo.

Padre Jan Thomas Limchua: Sì, ci sono molti sacerdoti che si occupano della pastorale dei migranti, lavorando nelle diocesi qui, per la difficoltà vocazionale in Europa e anche negli Stati Uniti.

L’Asia è il continente della speranza per la Chiesa: nella maggior parte dei paesi asiatici essa è molto giovane ed emergente. Qual è secondo Lei il ruolo delle Filippine nell’evangelizzazione del continente?

Padre Jan Thomas Limchua: Possiamo dire che è una missione non solo per i sacerdoti, ma soprattutto per i laici. Molti filippini che lavorano all’estero lo fanno per aiutare la loro famiglia, ma lasciano il Paese anche con l’intenzione di vivere la fede. Anche quando lavorano, infatti, condividono la fede. Per esempio qui a Roma, e in molte parti dell’Europa, ci sono filippini che lavorano come domestici e che badando ai bambini e alle famiglie insegnano ai bambini come pregare. La fede non è solo ricevere, è soprattutto donare. E quei filippini che hanno ricevuto il dono della fede dai loro genitori, condividono la fede con l’altra gente.

Incontrando i vescovi delle Filippine, il Santo Padre ha parlato della necessità di “una maggiore comprensione della fede e della morale della Chiesa”. Il popolo delle Filippine è apertamente e “ferventemente cattolico”. Perché questa preoccupazione?

Padre Jan Thomas Limchua: La preoccupazione del Santo Padre è che tutti i pastori della Chiesa siano dei veri maestri della fede. Nelle Filippine non siamo una Chiesa giovane, siamo una Chiesa con radici missionarie, tutti noi però dobbiamo ancora crescere nella fede. Alle volte è una fede troppo “sacramentalizzata”: è centrata più sulla pietà popolare, perciò tutti dobbiamo fare uno sforzo per conoscere la verità della fede, che essa, cioè, non è solo una questione popolare, emotiva, devozionale, ma l’incontro con il Signore come Maestro della fede. E il Santo Padre dice questo anche perché al momento noi come Paese e come Chiesa stiamo lottando contro alcune leggi che vengono proposte contro la famiglia.

Quali sono i pericoli che oggi insidiano la famiglia nelle Filippine?

Padre Jan Thomas Limchua: La Chiesa, come sempre, è la voce della coscienza e deve insegnare la verità sull’uomo, sulla famiglia e sulla presenza cristiana nella società. Attualmente la Chiesa chiede che i fedeli respingano certe leggi che propone il Congresso. Leggi, ad esempio, che vogliono togliere ai genitori la responsabilità di insegnare ai figli la verità sulla sessualità. Una responsabilità che, con questa legge, rimarrebbe nelle mani dello Stato. Vogliono anche controllare la popolazione con gli anticoncezionali e via dicendo.

Si ricollega alla filosofia di eliminare la povertà eliminando il povero. Tuttavia, la povertà c’è. Che cosa propone la Chiesa cattolica per uscire dalla povertà senza eliminare il povero?

Padre Jan Thomas Limchua: Sempre vengono usati i poveri per dire che “a causa loro non possiamo crescere come popolo”. Il vero problema non sono i poveri, ma la corruzione morale. Il vero problema, come popolo e come governo, è di non rispondere alla realtà sociale. Bisogna liberarsi da questa mentalità perché sempre viene data la colpa ai poveri. La Chiesa è disposta a dire la verità e non ha paura.

Nei momenti difficili nella storia delle Filippine, infatti, la Chiesa è sempre stata la voce della verità nel parlare dei diritti umani, della corruzione morale presente a livello governativo. Non fa parte del ruolo del clero, dei vescovi, entrare in politica, tuttavia la Chiesa ci chiama non solo a proclamare e vivere la fede, ma soprattutto a proclamare e a dire con chiarezza qual è il ruolo dei laici nel contesto sociale e qual è il ruolo della Chiesa per aiutare la società.

Il Santo Padre ha manifestato alcune preoccupazioni circa l’accompagnamento del clero. Come possono la gerarchia e i fedeli sostenere il sacerdote in modo corretto ed adeguato?

Padre Jan Thomas Limchua: Il grande pericolo per il sacerdote – e lo dico anche a livello personale – è di essere un attivista o di essere un assistente sociale. Il pericolo è quello di dimenticare il perché del suo sacerdozio, ovvero il fatto che è nel mondo per proclamare Gesù Cristo.

I sacerdoti sono troppo attivisti, dei “funzionari sacramentali”?

Padre Jan Thomas Limchua: Si, è un problema generale. Quando il sacerdote dimentica la sua missione e l’unione con Gesù Cristo mediante la preghiera, la celebrazione dei sacramenti, un rapporto personale con Dio, perde questa realtà del suo sacerdozio. Questo è ciò che preoccupa il Santo Padre.

Tutti noi – vescovi e sacerdoti, come popolo – dobbiamo essere uniti, camminare insieme per riscoprire la missione che Gesù Cristo vuole mostrarci. Dobbiamo essere nel mondo per proclamare la verità della fede, che Gesù Cristo è il Signore. I fedeli devono pregare per i sacerdoti ed aiutarli a vivere il loro sacerdozio secondo l’insegnamento della Chiesa, non confondere laico con sacerdote e sacerdote con laico. Questo è un pericolo che anche Paolo VI aveva segnalato.

La vocazione dei laici è quella di essere nel mondo, la vocazione dei sacerdoti: consacrarsi per stare con loro… In questi tempi, il mondo non ha bisogno di un sacerdote “superstar”, ha bisogno di un vero sacerdote che è innamorato del Signore. Senza questo, il sacerdote perde la sua identità.

Come giovane sacerdote, cosa chiede Lei al suo vescovo a tal riguardo?

Padre Jan Thomas Limchua: I vescovi – come tutti noi esseri umani – devono sicuramente crescere in alcuni punti. Nel contesto delle Filippine, i vescovi stanno notevolmente migliorando il loro rapporto personale con i sacerdoti, a causa delle difficoltà che ci sono. Il pericolo per i sacerdoti è dimenticare anche che il vescovo è il loro padre, entrambi devono crescere insieme come popolo di Dio. In questo momento i vescovi stanno facendo molto a tal proposito e credo che la miglior cosa che possano fare è di essere veri genitori per i loro sacerdoti.

Curiosamente l’Islam è precedente al cristianesimo nelle Filippine. In alcune regioni nel sud del Paese ci sono state delle tensioni. Come è il dialogo con l’Islam? È un pericolo per i cattolici?

Padre Jan Thomas Limchua: Alle volte pensiamo che i musulmani “sono così” ma in realtà – entrando nel mondo musulmano, parlando con loro – abbiamo punti in comune. Proprio in questo momento la Chiesa filippina sta usando questi punti in comune per dialogare e cercare il modo migliore per vivere insieme. Nel sud delle Filippine il 10% della popolazione è musulmano e ci sono stati episodi di violenza, hanno anche ucciso alcuni missionari, sacerdoti e persino un vescovo. La Conferenza episcopale delle Filippine ha un’apposita commissione, la Bishops-Ul
ama Conference
: un gruppo di vescovi e capi musulmani che dialogano e cercano punti d’accordo. Anche loro stanno cercando la pace, il modo migliore per convivere con i cristiani.

Le recenti tensioni e scontri, sono avvenuti per questioni sociali e politiche o piuttosto religiose?

Padre Jan Thomas Limchua: Alcuni musulmani radicali credono che Mindanao è solo per i musulmani, allora è una questione etnica e religiosa. Ma se lo chiediamo a ciascuno dei musulmani, non la pensano così. Anzi credono che la terra è per tutti, che è un dono di Dio e che tutti dobbiamo lavorare insieme per migliorare la nostra relazione.

In varie parti dell’Asia la presenza dell’Islam è molto significativa. Possiamo dire che se non troviamo una soluzione positiva nelle Filippine, non la troveremo da nessuna parte?

Padre Jan Thomas Limchua: Sì, ma soprattutto come popolo, come nazione, dobbiamo crescere insieme, stare insieme e aiutarci a vicenda, specialmente a Mindanao, dove ci sono anche tanti poveri. Se continuiamo con questa violenza non aiutiamo il Paese. E credo che la via migliore è parlare con loro, dire la verità riguardo l’essere umano e rispettarne la dignità.

La Chiesa cattolica nelle Filippine ha perso fedeli ad altri gruppi cristiani?

Padre Jan Thomas Limchua: Sì, i filippini sono molto religiosi e hanno questa mentalità di sapere e di pensare che Dio è per loro, ma talvolta perdono anche un po’ la realtà della verità del Vangelo. Manca la formazione e anche la testimonianza da parte della Chiesa e dei fedeli. Tutto noi dobbiamo crescere a tal riguardo.

Dall’altra parte, la Chiesa è in dialogo con i gruppi cristiani, specialmente ora con questa legge al Congresso riguardo la questione della vita. Essa non è solo una questione religiosa o morale: si tratta di una questione che nasce dalla legge naturale. Non ci vuole la fede per difendere la vita, fa parte della nostra natura umana. Questa lotta, quindi, non è solo della Chiesa, ma chiama in causa tutti noi.

In questo momento, soprattutto, è necessario un dialogo per lavorare insieme e difendere i diritti umani, soprattutto ora che sono in pericolo con questa legge che si sta formulando al Congresso. Se verrà approvata, infatti, ci saranno altre leggi che distruggono la vita umana e sociale.

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Questa intervista è stata condotta da Johannes Habsburg per Where God Weeps, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network, in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Per maggiori informazioni:

Aiuto alla Chiesa che soffre: www.acn-intl.org Aiuto alla Chiesa che soffre Italia: www.acs-italia.glauco.it Where God Wheeps: www.wheregodweeps.org

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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