Fede e ragione da Benedetto XVI a Papa Francesco

Le affermazioni del Pontefice nella “Lumen Fidei” richiamano le parole del Papa emerito durante la sua visita all’abbazia di Heiligenkreuz

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Nella lettera enciclica Lumen Fidei, Papa Francesco scrive: “La fede, senza verità, non salva, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci. Oppure si riduce a un bel sentimento, che consola e riscalda, ma resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla variabilità dei tempi, incapace di sorreggere un cammino costante nella vita […]. La fede, senza verità, non salva, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui vogliamo illuderci. Oppure si riduce a un bel sentimento, che consola e riscalda, ma resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla variabilità dei tempi, incapace di sorreggere un cammino costante nella vita” (LF, 24; 27).

Tale affermazione, importante per un amore fedele e perseverante, richiama quanto Benedetto XVI ebbe a dire visitando l’abbazia di Heiligenkreuz, il 9 settembre 2007: “Dove si pratica una ‘teologia in ginocchio’, come richiedeva Hans Urs von Balthasar, non mancherà la fecondità per la Chiesa in Austria ed anche oltre. Questa fecondità si mostra nel sostegno e nella formazione di persone che portano in sé una chiamata spirituale. Perché oggi una chiamata al sacerdozio o allo stato religioso possa essere sostenuta fedelmente lungo tutta la vita, occorre una formazione che integri fede e ragione, cuore e mente, vita e pensiero”.

“Una vita al seguito di Cristo – disse il Papa emerito – ha bisogno dell’integrazione dell’intera personalità. Dove si trascura la dimensione intellettuale, nasce troppo facilmente una forma di pia infatuazione che vive quasi esclusivamente di emozioni e di stati d’animo che non possono essere sostenuti per tutta la vita. E dove si trascura la dimensione spirituale, si crea un razionalismo rarefatto che sulla base della sua freddezza e del suo distacco non può mai sfociare in una donazione entusiasta di sé a Dio. Non si può fondare una vita al seguito di Cristo su tali unilateralità; con le mezze misure si resterebbe personalmente insoddisfatti e, di conseguenza, forse anche spiritualmente sterili. Ogni chiamata alla vita religiosa o al sacerdozio è un tesoro così prezioso che i responsabili devono fare tutto il possibile per trovare le vie di formazione adatte per promuovere insieme fides et ratio – la fede e la ragione, il cuore e la mente”. 

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ZENIT Staff

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