"Fede e carità ci salveranno"

Omelia dell’Arcivescovo di Bologna per la festa dell’Assunta. La salvezza e la vittoria sono di Dio. Non l’Europa, ma Lui salva i martiri iracheni

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Proponiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal card. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, nella Messa di ieri, 15 agosto 2014, solennità dell’Assunzione di Maria in cielo.

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Cari fratelli e sorelle, la solennità dell’Assunzione al cielo della B.V. Maria in corpo e anima, è ricca di grandi insegnamenti per la nostra vita quotidiana. Vorrei offrirvi alcune considerazioni desunte da ciascuna delle tre letture.

La seconda lettura ci dona il “contesto” della presente solennità, la sua radice, per così dire. L’assunzione al cielo di Maria anche col suo corpo glorificato è causata dalla risurrezione di Gesù. «Cristo» ha detto or ora S. Paolo «è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti». Notate bene: «primizia». Cioè: quanto è accaduto al momento della sua risurrezione al corpo e all’anima di Gesù, è destinato ad accadere nei suoi discepoli. In primo luogo è accaduto in sua Madre; ed accadrà in ciascuno di noi: «tutti riceveranno la vita in Cristo».

Cari fratelli e sorelle, come diremo fra poco, nel fatto che il corpo di Maria non abbia conosciuto la corruzione del sepolcro, Dio ha fatto risplendere per noi, pellegrini sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza. Se Gesù non fosse risorto; se fosse putrefatto in una tomba, Egli non sarebbe il nostro salvatore. Sarebbe solo un maestro di vita di cui cerchiamo di ricordare gli insegnamenti. Non sarebbe di aiuto, e noi saremmo di nuovo orfani, soli. Il nemico della nostra felicità è la morte, perché alla fine essa “pareggia tutte le erbe del prato”.

Oggi, cari amici, in Maria assunta in cielo, corpo ed anima, la fede in Cristo vincitore della morte, riceve una profonda conferma.

Il Santo Vangelo ci mostra che cosa opera in noi la fede. Lo vediamo in Maria.

«Maria si mise in viaggio». La fede fa della nostra vita un cammino, un pellegrinaggio. Vedete, due sono le grandi metafore in cui si esprime la vita: il vagabondaggio, e il pellegrinaggio. L’uomo–pellegrino ha una meta; l’uomo–vagabondo non ha nessuna meta. L’uomo–pellegrino ha una direzione; l’uomo–vagabondo non ne ha nessuna. Che cosa dunque significa che la fede “ci mette in viaggio”? Significa che essa ci dona la certezza che la vita ha un senso, un orientamento. Significa che la fede ci fa già pregustare la gioia della quiete del porto, anche in mezzo alle tempeste della navigazione.

Perché Maria si mette in viaggio? Per andare ad aiutare sua cugina Elisabetta. La fede mette in atto la carità: “Fede e carità sono abbastanza forti ed esigenti, per metterci in strada, per non lasciarci fermi, per spingerci a camminare. Veramente la fede che opera mediante la carità è una forza che ci spinge fino al dono di noi stessi, fino al dono della vita; è una forza che fa camminare, che fa muovere, che non ci lascia quieti, che ci fa andare verso gli altri” [G. Moioli, Dentro la Parola, Glossa, Milano 2014, pag. 149].

Nella prima lettura, infine, possiamo vedere in profondità come avviene il cammino dei credenti, il cammino della Chiesa verso il traguardo finale, significato all’inizio dall’apertura dei cieli e dall’apparizione del segno dell’alleanza di Dio con l’uomo.

Il cammino avviene nel contesto di un grande scontro. È lo scontro – lo avete sentito – fra la nascita della vita, di una vita nuova da una parte, e dall’altra il potere della distruzione. È un potere terribile.

Come non pensare a questo punto ai nostri fratelli e sorelle dell’Iraq. Perseguitati, messi a morte, perfino sepolti vivi perché non vogliono tradire la loro fede e passare all’Islam.

Non saranno certamente le potenze umane a salvarli. L’Europa sa parlare solo di euro, di spread, di economia. Ma è la loro fede e la nostra preghiera che vincerà, perché «preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi fedeli».

«La donna…fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio». La salvezza e la vittoria è di Dio, e questo deserto è il luogo che Dio solo conosce, dove Egli incontra i suoi martiri iracheni, li difende e li salva.

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Carlo Caffarra

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