Farsi pane per gli altri, essenza della carità

Testimonianze di carità al Congresso Eucaristico di Bari

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BARI, venerdì, 27 maggio 2005 (ZENIT.org).- Farsi pane per gli altri come Gesù Cristo ha fatto per gli uomini è la natura profonda e vera della carità che i cristiani manifestano ovunque nel mondo: questo, in sintesi, il messaggio lanciato da alcuni testimoni della carità che hanno raccontato le loro esperienze al Congresso Eucaristico Nazionale questo giovedì a Bari.

Ernesto Olivero, dirigente di banca in pensione, sposato con tre figli, nonno felice fondatore del Sermig (Servizio Missionario Giovanile), ha spiegato che “per definire l’identità del cristiano bisogna ripartire dall’Eucaristia”.

“Gesù si è fatto pane, io devo farmi Lui: totalmente. Gesù, che si lascia mangiare da me, merita che io gli appartenga totalmente e in questo scambio d’amore divento anch’io per gli altri un pezzo di pane che tutti possono mangiare. Ricevendo Gesù, pane della vita, chiediamogli sempre vita in abbondanza per noi e per i nostri fratelli”, ha aggiunto.

“Quando Gesù trova spazio in noi e ci abita, diventiamo contemplativi e attivi, perchè viviamo alla presenza di Dio. Spinti da Lui, spinti dalla carità, ci adoperiamo per dar da mangiare all’affamato, da bere all’assetato, per visitare il carcerato, vestire chi è nudo, …” ha affermato ancora Olivero.

Don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione Giovanni XXIII, organizzata in comunità-famiglia che ospitano disabili, tossicodipendenti, mamme e bambini senza dimora, presenti in venti Paesi, ha sottolineato dal canto suo quanto la condivisione debba essere essenza della comunità cristiana.

“Dobbiamo uscire dalla Messa domenicale e andare a cercare i poveri per rispondere ai loro bisogni”, ha affermato.

Di grande impatto è stata anche la testimonianza di fratel Biagio Conte, che ha raccontato come a 26 anni, guardando il crocefisso regalatogli per la prima Comunione, abbia deciso di lasciare il lavoro per donare totalmente la vita ai poveri.

Fratel Biagio ha vissuto come un eremita, ha cercato di seguire le orme di San Francesco e della beata madre Teresa di Calcutta. Voleva andare in missione in Africa, ma si è reso conto che c’erano poveri e deboli anche a Palermo, ai quali ha deciso di dedicare la sua opera di apostolato.

Per alleviare le sofferenze di questi fratelli, fratel Biagio ha trasformato un vecchio disinfettatoio comunale abbandonato da 30 anni nella “Missione di Speranza e Carità”, che oggi ospita circa 120 fratelli che hanno trovato, oltre ad un tetto e al cibo, una famiglia e la possibilità di lavorare.

Oltre agli ospiti, la Missione dà viveri e vestiario a circa 1000 famiglie bisognose.

“Assistiamo anche diversi bambini di coppie in stato di disagio economico dando loro il latte pediatrico – ha raccontato fratel Biagio –. La Missione vive di totale carità. Sono i cittadini che ci aiutano. Chi ci dà la pasta, chi lo zucchero, chi il latte, chi il vestiario e le medicine, chi qualunque altra cosa che possa servire per mandarla avanti. Ogni giorno attendiamo con fiducia la Provvidenza Divina”.

Una denuncia delle condizioni in cui vivono i detenuti è venuta invece da don Raffaele Sarno, direttore della Caritas di Trani e cappellano di carcere, che ha anche spiegato, tuttavia, il miracolo dell’Eucaristia che vede in fila per la comunione due detenuti in semilibertà, il magistrato che li ha condannati e un agente di polizia penitenziaria.

“Davanti al corpo di Cristo – ha affermato don Raffaele –, il passato non ha più importanza”.

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ZENIT Staff

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