Famiglie, vocazioni e giovani. Le tre emergenze che Papa Francesco saprà affrontare

In occasione del ventennale di Famiglie Insieme, il fondatore dell’associazione, mons. Giuseppe Mani, traccia un bilancio delle attività e precisa il ruolo della Chiesa rispetto all’attuale crisi di matrimoni e natalità

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L’associazione Famiglie Insieme compie vent’anni. Era il giugno 1994, quando mons. Giuseppe Mani, allora delegato del Papa per la Pastorale Familiare di Roma, decise di raccogliere in un’associazione le tante attività spesso slegate tra loro che erano rivolte alla promozione e alla tutela dell’istituto familiare sul territorio. Di strada ne è stata compiuta tanta, gli oltre 150 volontari si sono prodigati con eccezionale abnegazione, in un contesto sociale spesso tutt’altro che favorevole. In attesa dei festeggiamenti di domenica prossima, 15 giugno, abbiamo incontrato mons. Giuseppe Mani, oggi Arcivescovo emerito di Cagliari, per tracciare un bilancio di questo percorso e per avere una sua diagnosi sullo stato in cui versa oggi la famiglia nella società.

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Cosa La spinse, vent’anni fa, a dar vita a un’associazione che si occupasse del tema della famiglia?
Mons. Mani: Fu una necessità, perché io ero il delegato del Papa per la Pastorale Familiare di Roma. Attorno a me c’erano tanti collaboratori che avevano suscitato un grande movimento d’interesse, pertanto a un certo punto ci guardammo in faccia e decidemmo di organizzarci in qualche maniera. La scelta cadde così su un’associazione. L’attività più importante che ne scaturì fu l’osservatorio giuridico, che accogliesse tutte le famiglie in difficoltà ascoltandole e mettendo loro a disposizione degli avvocati in caso di bisogno. L’Università Gregoriana ci aprì le porte per tenere dei corsi di matrimonio per legali, ai quali aderirono circa cento avvocati che presero parte a Famiglie Insieme. Iniziammo anche la pubblicazione mensile di un giornale, Famiglie a Roma, che ebbe anche una buona riuscita.

Al di là delle attività di carattere più strettamente giuridico, di cosa altro si occupa tutt’oggi Famiglie Insieme?
Mons. Mani: Le altre attività sono quelle che attengono alla Pastorale Familiare. Ai tempi in cui fondammo l’associazione, queste attività erano soprattutto in funzione della formazione degli animatori. Dunque fondammo una scuola, che si teneva regolarmente con corsi settimanali e della durata di tre anni, nella quale dei docenti qualificati aiutavano le famiglie interessate alla preparazione dei giovani al matrimonio. C’erano poi attività di carattere spirituale. Cito gli esercizi spirituali che si tenevano ogni anno a Cascia, i ritiri per le famiglie, gli incontri di preghiera. A quei tempi nacque anche il primo consultorio familiare diocesano, nel quartiere del Quadraro, che è tuttora funzionante e rappresenta la prima struttura di questo tipo.

In vent’anni in Italia il numero di matrimoni è calato notevolmente, così come l’indice di natalità. A cosa attribuisce queste tendenze?
Mons. Mani: Il fenomeno è molto complesso. È difficile pertanto darne un giudizio. Possiamo dire che è cambiato il modo di concepire il matrimonio. Ad esempio oggi è esplosa un’esperienza che vent’anni fa non era così diffusa, ossia la coabitazione della coppia prima di contrarre matrimonio. L’altro problema è dovuto all’origine del matrimonio: esso nasce dall’alleanza, dalla celebrazione, oppure dalla carne? Oggi è evidentissimo che la gente percepisca che una coppia di conviventi diventa famiglia quando nasce un figlio, dunque si ritiene che il matrimonio scaturisca dalla carne più che dall’alleanza. Sintomo del fatto che è cambiata radicalmente la mentalità comune. Per questo sarà importante il ruolo del Sinodo sulla famiglia indetto dal Papa.

A suo avviso qual è stato finora l’atteggiamento della Chiesa rispetto all’affievolirsi della volontà concreta dei giovani di unirsi in matrimonio e fondare una famiglia?
Mons. Mani: Finora la Chiesa ha assunto un ruolo d’attenzione. Atteggiamento che nasce però dal Concilio Vaticano II. Prima di questo evento l’attenzione della Chiesa verso la famiglia era minima. Addirittura fino a cinquant’anni fa, fino alla stesura della Gaudium et Spes, la famiglia non era considerata uno stato di perfezione cristiana. Sono stato io il primo animatore della causa dei primi sposi beatificati, i Beltrame Quattrocchi. La Chiesa si è destata sull’argomento quando si è accorta dello sfacelo cui stava andando incontro la famiglia nella società, cercando così di prendere in mano la situazione.

“Matrimonio e famiglia nel pontificato di papa Francesco” è il titolo di una conferenza tenuta da Lei, la settimana scorsa, in una Parrocchia romana. Come interpreta l’approccio del Santo Padre al tema?
Mons. Mani: Il Papa sa benissimo quali sono i problemi centrali della Chiesa di oggi: famiglie, vocazioni e giovani. Ebbene, quello della famiglia sarà un tema ampiamente affrontato nel prossimo Sinodo che ha ben tre sezioni: la prima, con i cardinali, è già stata fatta; la seconda, in autunno, vedrà coinvolte le Conferenze episcopali; l’anno prossimo (2015) ci sarà poi il Sinodo generale.

Cosa caratterizza l’atteggiamento di papa Francesco verso il tema della famiglia?
Mons. Mani: La grande attenzione al problema reale, e sottolineo reale. Fino all’elezione di Francesco, non si poteva prendere in considerazione la questione delle coppie risposate, dei sacramenti ai divorziati. Oggi è diverso. Non è stato ancora deciso niente, però almeno se ne può discutere. Tanto che sarà l’argomento del Sinodo. Un argomento per cui davvero la gente si dibatte. Questo Sinodo è destinato a rappresentare qualcosa di nuovo, non sarà come gli altri, per esempio sull’Evangelizzazione o sui sacerdoti, in cui si possono dire anche “pie parole”. Stavolta si affronta un tema che proverà a sviscerare un problema concreto, ossia: il 50% di famiglie che non possono fare la comunione.

Il 50%?
Mons. Mani: Sì, i divorziati in stato di convivenza raggiungono ormai certe cifre.

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Federico Cenci

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