Excursus nella tradizione dell'arte cristiana

Le opere di arte sacra spesso si pongono come sussidio alla pratica della meditazione

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La tradizione dell’arte cristiana trasmette l’ispirata comprensione della Bellezza della Rivelazione. Interrogare la tradizione artistica, significa ripercorrere una storia viva, di visione e di comunicazione fatta con gli occhi della Fede: dagli affreschi dei loculi catacombali che, con la raffigurazione di Cristo che resuscita Lazzaro, mostrano la fede dei primi cristiani nella resurrezione dei morti, fino alle splendide immagini del Rinascimento o del Seicento, e poi oltre.

Fin dai primi secoli del Cristianesimo, l’arte ha cercato di rispondere alle esigenze dell’annuncio (Kerigma) e a quelle della formazione (Didachè), per la diffusione del messaggio cristiano. L’arte entra fin dall’inizio nella vita del Cristianesimo, divenendo partecipe del dinamismo della teologia, nella luce della fede. Ricordiamo come la tradizione veda nell’evangelista Luca il primo pittore cristiano, in quanto ritrattista di Maria, e in Nicodemo, il primo scultore cristiano, autore di un crocificisso ritenuto miracoloso.

Agli albori del Cristianesimo l’arte cristiana va lentamente prendendo coscienza. Così, nei primi secoli, alcune botteghe di cesellatori e di scultori in argento, avorio e bronzo, lavorano sia per i pagani che per i cristiani, come per esempio nei noti casi dei dittici senatoriali e consolari. Contestualmente però, nasce anche con sicurezza un’iconografia cristiana legata alla diffusione dei Vangeli e alla stessa forma in parabole della predicazione di Cristo. Questa iconografia non ha paura di prendere dal mondo pagano immagini e simboli, riletti però alla luce della verità. Così, per esempio, il nuovo messaggio del buon pastore si sovrappone alla iconografia del moscoforo.

In seguito, una vera e propria presa di coscienza del mezzo artistico come strumento di indagine, di riflessione, di introspezione propriamente cristiana.

La fiducia nell’efficacia evangelizzatrice dell’arte ha prodotto nel Medio Evo molti racconti per difenderne la legittimità contro chi la negava con forza. Ne sono esempio la sottolineatura della figura di san Luca come ritrattista di Maria, come anche della figura di Nicodemo quale primo scultore cristiano, autore del ligneo Crocifisso miracoloso di Beirut, dal quale si originò la tipologia dei crocifissi detti del “Volto Santo”, come quello di Lucca, o ancora l’immagine del volto di Cristo impressa sul lenzuolo detto della Veronica e poi ancora il Mandylion. La tradizione ha, dunque, cercato di rintracciare una iconografia delle origini, una sorta di “modello” al quale ispirarsi, per poter vedere, anche solo da lontano, il volto dell’Amato.

Questa tensione verso il ritratto del volto di Cristo, presente nel plurimillenario lavoro degli artisti cristiani, è mossa dalla volontà di immaginare la propria vita come contemporanea a quella del Salvatore. L’arte cristiana va tutta misurata nella capacità di dire Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Spesso gli artisti hanno lavorato insieme ai teologi, per saper rappresentare le profonde verità del tesoro della Fede.

Ricordiamo, per esempio, come alla base dell’operare artistico del Beato Angelico nei monasteri domenicani, ci fosse una precisa teologia della visione elaborata da S. Antonino Pierozzi, priore del Convento di san Marco a Firenze, il quale accoglie e valorizza il frate pittore, perché è convinto che con la sua arte potrà ripresentare agli occhi stessi dei frati la bellezza di Gesù. Nel monastero di San Marco a Firenze ogni frate domenicano poteva svolgere i propri esercizi contemplativi con l’ausilio delle immagini affrescate da Beato Angelico sulle pareti delle celle, consentendo la contemporaneità tra la vita del frate e l’evento sacro rappresentato.

In modo particolare, la progettazione architettonica e pittorica viene fatta in vista di una liturgia contemplativa e immaginativa, in cui ogni pietra, ogni forma geometrica, ogni richiamo all’antico parlano della vita di Gesù Cristo. Il convento diviene in questo modo una sorta di Gerusalemme “ficta”, un ambiente rappresentativo capace di sostenere la vita spirituale. Questo progetto risponde pienamente alla pratica, diffusissima nel XV secolo, di arricchire la vita di preghiera mediante rappresentazioni interiori, come è raccomandato, per esempio, nel Zardino de Oration, scritto intorno al 1454 e stampato a Venezia nel 1494.

Le opere di arte sacra spesso si pongono come sussidio alla pratica della meditazione, offrendo la possibilità di vivere come presente quanto viene prospettivamente rappresentato. Risulta essere una straordinaria applicazione pittorica di questa pratica meditativa, per esempio, la Passione di Cristo di Hans Memling (conservata nella Galleria Sabauda di Torino), in cui possiamo osservare una rappresentazione della città di Gerusalemme, con i vari momenti della passione di Gesù ambientati nei vari luoghi: il fedele può così percorrere il quadro, meditando e contemplando la passione di Cristo.

L’attenzione principale dell’arte cristiana è sempre data all’aspetto kerigmatico, cioè all’annuncio ai non credenti, e a quello didascalico, cioè catechetico per i fedeli. Al centro di tutto c’è il vangelo di Gesù Cristo. Per essere all’altezza del messaggio, l’arte sviluppa i propri mezzi espressivi; gli artisti e le loro botteghe, pur ricevendo in eredità dalla tradizione un’ampia e complessa struttura iconografica, tendono a migliorarla, affinando i modi e i mezzi per poter dire con più precisione e profondità qualcosa nel discorso su Dio fatto carne. Questa finalità anima e motiva la nascita e l’approfondimento della prospettiva, la rinascita e l’approfondimento della teoria delle luci e delle ombre, e ancora l’approfondimento della teoria dei colori, fino ad arrivare a vere e proprie strutture di tipo sintattico, capaci di saper organizzare il discorso pittorico tanto da farne un discorso compiuto.

Questo fiorire di mezzi artistici al servizio del messaggio cristiano, è protagonista anche nel Rinascimento. A proposito di questo importante momento della cultura, spesso si sottolinea una rinascita dei culti pagani, oppure si parla di una permanenza degli antichi dei, tanto da connotare l’arte rinascimentale come essenzialmente neopagana. In realtà, il recupero del classico è compiuto in questo periodo nella prospettiva di una cultura autenticamente cristiana; come chiave di lettura possiamo utilizzare un esempio noto a tutti, ovvero la tradizionale interpretazione cristologica del VI canto dell’Eneide di Virgilio, nell’ottica della possibilità di leggere la cultura greco-romana come una sorta di prefigurazione dell’era cristiana. Del resto, Virgilio è la guida di Dante nelle prime due cantiche della Divina Commedia.

Così gli artisti rinascimentali, aiutati dauna raffinata e colta committenza capace di interpretare alla luce del Cristianesimo anche la tradizione classica, affondano le radici nel mondo pagano, emergendone e illuminandolo con la forza nuova della Rivelazione. Così nella Stanze della Segnatura di Raffaello in Vaticano, nella lunetta dei poeti, accanto ai cantori del Cristianesimo Dante e Petrarca, troviamo i cantori dell’antichità: Orfeo, Omero, Virgilio.

Molta trattatistica artistica del ‘600, affiancava il teologo al pittore, nella necessità che il pittore sapesse “cosa”narrare: così per esempio il pittore Piero da Cortona lavora insieme al teologo Domenico Ottonelli, per il Trattato della pittura, e scutlura, uso et abuso loro, del 1652. Si tratta della trasmissione del sapere teologico nell’arte, nella consapevolezza che l’arte ha una dimensione teologica e deve sapersene fare carico, nel momento in cui si pone a servizio della Chiesa.

Da una ricognizione della tradizione dell’arte cristiana emergono alcune coordinate fondamentali. Infatti, pur nella successione di stili e tecniche molto diverse, tutta
la tradizione è resa unitaria dalla centralità dei misteri della Fede, e primo fra tutti l’Incarnazione. In osservanza a questo mistero, l’arte cristiana appare figurativa, capace cioè di dire il corpo di Cristo, narrativa, capace cioè di raccontarne la storia vera, e bella, perché, come scriveva San Francesco «Tu sei bellezza».

Nella Lettera agli artisti del 4 aprile 1999, Giovanni Paolo II offre una riflessione completa sull’arte, scritta dal punto di vista, anche spaziale, del Vaticano: «scrivendo da questo Palazzo Apostolico, che è anche uno scrigno di capolavori forse unico al mondo» (n.24) [1].

Dopo aver illustrato la condizione dell’artefice come imago Dei, Giovanni Paolo II illumina la condizione di Fede dell’artista; egli scrive di una «speciale vocazione dell’artista» (n. 2), definisce la vocazione artistica come «scintilla divina» (n. 3); mostra come la fioritura artistica dell’arte cristiana tragga “linfa” dall’Incarnazione e consista in «un ampio capitolo di fede e di bellezza» (n. 5); afferma che la conoscenza di Fede «può trarre giovamento dall’intuizione artistica», come nel caso della pittura del Beato Angelico e della lauda estatica di san Francesco d’Assisi. Agli artisti spetta il compito speciale di dire con l’arte che «in Cristo il mondo è redento» e la creazione «aspetta la rivelazione dei figli di Dio anche mediante l’arte e per l’arte» (n. 14). Infine l’arte risulta essere uno dei luoghi in cui lo Spirito Santo si esprime: «il divino soffio dello Spirito creatore s’incontra con il genio dell’uomo e ne stimola la capacità creativa. Lo raggiunge con una sorta di illuminazione interiore, che unisce insieme l’indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della mente e del cuore rendendolo atto a concepire l’idea e a darle forma nell’opera d’arte» (n. 15).

*

NOTE

1) Giovanni Paolo II, Lettera agli Artisti, 4 aprile 1999, n. 24.

* Rodolfo Papa è storico dell’arte, docente di storia delle teorie estetiche presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana, Roma; presidente della Accademia Urbana delle Arti. Pittore, membro ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Autore di cicli pittorici di arte sacra in diverse basiliche e cattedrali. Si interessa di questioni iconologiche relative all’arte rinascimentale e barocca, su cui ha scritto monografie e saggi; specialista di Leonardo e Caravaggio, collabora con numerose riviste; tiene dal 2000 una rubrica settimanale di storia dell’arte cristiana alla Radio Vaticana.

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Rodolfo Papa

Rodolfo Papa è presidente dell'Accademia Urbana delle Arti / Sito internet: www.rodolfopapa.it ; Blog:http://rodolfopapa.blogspot.com ; e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .

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