Evoluzione, creazione e disegno intelligente: dov’è la verità?

Intervista al professor Armin Schwibach

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ROMA, giovedì, 9 febbraio 2006 (ZENIT.org).- La teoria evoluzionista, quella creazionista, il disegno intelligente e la creazione continua, sono al centro di un animato dibattito a livello mondiale.

Il 19 dicembre scorso il giudice distrettuale della Pennsylvania John E. Jones III, ha sentenziato che il cosiddetto “disegno intelligente” non può essere insegnato nelle classi di scienze delle scuole pubbliche negli Stati Uniti.

John E. Jones III ha giudicato che il Consiglio scolastico dell’Area di Dover, ha violato la Costituzione decidendo di inserire nei programmi scolastici di scienze il “disegno intelligente”, cioè il principio che la vita sulla Terra fu generata da una causa intelligente, principio che secondo il giudice “mira ad escludere le teorie di Darwin”.

Anche in Georgia un tribunale ha ordinato di rimuovere dai libri di testo adesivi con riferimenti al disegno intelligente. Mentre in novembre il Kansas ha approvato nuovi regolamenti scolastici che mettono in dubbio le conclusioni di Charles Darwin.

Per saperne di più, ZENIT ha voluto porre alcune domande al professore Armin Schwibach docente di Epistemologia, Metafisica, Filosofia della Natura, Filosofia moderna e contemporanea all’Ateneo Pontificio S. Anselmo e all’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”.

Schwibach è anche corrispondente per l’Italia e il Vaticano del giornale cattolico tedesco “Die Tagespost”.

Che cos’è è il “progetto intelligente”?

Schwibach: Da venti anni circa l’espressione “progetto intelligente” è diventata, all’interno della scienza, sinonimo di una “alternativa” al modello evolutivo della realtà biologica e (nelle forme, che seguono gli sviluppi del cosiddetto principio antropico) fisica. Nasce per contrapporsi a un evoluzionismo neodarwinista dogmatico, monista e materialista, mettendo l’accento sull’infinita complessità del reale e della vita.

Tali interpretazioni scientifiche pare si siano fortemente legate a un “creazionismo”, cioè a una visione fissa o fissativa dell’atto creativo divino. Vale come per ogni teoria scientifica: se vuole essere scienza, deve adempiere ai criteri di scientificità. C’è il rischio che tale “progetto” diventi esso stesso ideologia fondamentalista. Se dovesse essere così, cadrebbe sotto la scure della ragione quanto l’evoluzionismo neodarwinista.

L’alternativa non è evoluzionismo o creazionismo. L’alternativa vera è realizzare liberamente la capacità della ragione, in modo non pregiudiziale, guidati dal vivo adoperarsi per la verità, guidati dalla presenza di Dio, che vuole essere cercato e trovato in tutto.

Qual è la consistenza scientifica della teoria evoluzionista di Darwin? Si tratta di un fatto, di un fenomeno della natura, di una ipotesi, di una legge, di un sistema o di cos’altro?

Schwibach: Una teoria scientifica, insieme di regole e leggi che descrivono i processi della natura, è un modello interpretativo della realtà. Tale insieme si fonda su dati osservabili o potenzialmente osservabili che potranno entrare in una sperimentazione. I dati empirici rimangono comunque subordinati alla teoria, in quanto solo attraverso la capacità teorica e la sua possibile condivisione un determinato campo fenomenale accede a una nuova dimensione di comprensione del suo funzionamento o del suo essere.

La ripetibilità di sperimentazioni fatte e la previsione di fenomeni futuri sono parte costitutiva della validità scientifica di un impianto teorico. Ogni teoria scientifica è per definizione fallibile: cerca di verificare conseguenze della teoria senza per questo avere come scopo primario la ricerca della verità, che esula dalla competenza dello scienziato.

Le teorie dell’evoluzione hanno il carattere particolare di essere teorie scientifiche storiche, che, attraverso mezzi quali la paleontologia, la paleobiologia ecc., a partire da un punto sommo di evoluzione raggiunto, cioè quello raggiunto adesso, ricostruiscono le linee di percorso attraverso le quali si è giunti a tale sommo punto. Non si tratta dell’integrazione sperimentale di dati in un sistema teorico da verificare o falsificare attraverso un funzionamento osservabile e/o esprimibile in termini matematici.

I fenomeni naturali spingono alla costruzione di un peculiare modello interpretativo, che deve dimostrarsi migliore rispetto ad altri, sia in rapporto alla sua funzione, sia in rapporto al campo fenomenale che copre. Le teorie evoluzionistiche nascono come teorie biologiche. Quando si esprimono sull’essere umano razionale e sul suo sviluppo si occupano del fenomeno di massima complessità conosciuta nel cosmo.

In quanto tale, una scienza positiva pensa di potersi esprimere in un ambito tradizionalmente riservato alla filosofia e alla religione. E lo fa mettendo in discussione un assunto teorico, cioè quello filosofico o teologico, che però si muove su un livello diverso di razionalità.

Le teorie dell’evoluzione tendono, dunque, a oltrepassare il limite imposto dal metodo di un scienza che determina una visione del mondo riduttiva e riduzionista, materiale e materialista, trascinando nella relatività di un progetto culturale antagonista rispetto ad altri.

L’evoluzione riguarda un limitato fenomeno osservabile nella natura, dovrebbe perciò configurarsi come ipotesi interpretativa, individuando le cui regole si possa creare un sistema coerente, che aiuti a comprendere meglio. Purtroppo, invece, si impone come visione del mondo materialista.

In che modo e perché la teoria evoluzionista è stata utilizzata per cancellare l’esistenza del Creatore?

Schwibach: Se i fenomeni complessi e i fenomeni della vita in particolare sono il prodotto di un meccanismo di mutazioni casuali e selezione degli organismi più adatti a determinate nicchie ecologiche, se infine tale processo materiale si ricostruisce in via ipotetica (perché non si è in grado di farlo diversamente) fino alle origini dell’universo (per il quale esiste una sua teoria evolutiva di ordine analogo, ma diversa), appare inutile l’idea che tutto sia frutto di una volontà e ragione creatrice che sta al di fuori del processo stesso, al di fuori dello spazio e del tempo.

Dio diventa quindi espressione mitologica per ciò che ancora non si “sa”, che ancora non si è potuto esprimere nel modo della presunta razionalità scientifica. La creazione, che porta nel seno della sua realtà la ragione divina attiva creatrice, che si immerge liberamente nel suo creato e costituisce la dimensione di senso di esso, diventa una delle ipotesi possibili e, dal momento che è potente espressione dell’intimo di molti, idea da combattere. Il materialismo e l’evoluzionismo materialista sono “semplici”. Nella loro semplicità e banalità attraenti. Offrono veloci risposte e mettono a disposizione strumenti ordinati per esercitare un nuovo potere. Un potere che diventa fine a se stesso.

Credere nel Creatore come colui che ha fatto nascere la vita è in contrasto con la teoria evoluzionista?

Schwibach: Non esiste una teoria evoluzionista. Esistono vari modelli che esplicano reali, possibili o ipotetiche evoluzioni su diversi livelli. In quanto teorie scientifiche, queste teorie esercitano una razionalità di ordine distinto da quella della fede, della teologia e della filosofia. Dunque la fede o una teologia naturale o della rivelazione non sono opposti all’idea dell’evoluzione.

La filosofia e la fede si occupano della razionalità del reale e mettono al centro del loro essere la domanda, la disponibilità e la capacità di mettersi in ascolto dei modi in cui questa razionalità si manifesta nella totalità del reale. Una teoria evoluzionista, invece, cerca con i mezzi della scienza di tracciare le strutture del prodotto di questa razionalità e non entra, dunque, necessariamente in conflitto con questa. Il conflitto nasc
e solo se le sue pretese non sono scientifiche, ma ideologiche.

Che cosa dice il magistero della Chiesa in merito?

Schwibach: Nella consapevolezza dell’estrema mutevolezza e velocità degli sviluppi della scienza, il magistero è da sempre cauto e invita ad esercitare la ragione responsabilmente e in modo intellettualmente coerente, rifiutando estremismi e riduzionismi. Il magistero pretende che la scienza sia scientifica. Nell’enciclica Humani generis (1950), Pio XII ammonisce riguardo a un certo evoluzionismo: “Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l’ipotesi monistica e panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione”.

Dunque il Papa mette in guardia dalla ideologizzazione. Non a caso aggiunge: “Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio”. Pio XII, grande estimatore delle scienze e delle loro potenzialità, è consapevole che la Chiesa deve tenere conto delle scienza positive “quando si tratta di fatti realmente dimostrati”, ma: “bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo”.

Ciò non significa che la Chiesa stabilisce ciò che può essere scientificamente valido. Significa una cosa molto più importante: la Chiesa afferma una dimensione di verità, con la quale verità di altri ordini di conoscenza non possono entrare in conflitto. Se i conflitti nascono in quanto orchestrati da certe intenzioni non scientifiche, la Chiesa ha il dovere, derivante dalla verità della ragione e dall’essere della ragione, di opporsi. La Chiesa opera, quindi, una ragionevole e razionale ponderazione di ipotesi, della loro portata e delle loro aperte o taciute intenzioni.

Pio XII conclude: “Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all’evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l’ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede”.

Il magistero sostiene e promuove ogni attività della ragione protesa al maggiore dispiegamento della verità e rifiuta ogni limitazione indebita dell’intelligenza e dello spirito umano. Logos divino e logos immanente sono intrecciati. Quindi una negazione del logos divino conduce a un autoannientamento del logos immanente.

Il 7 luglio del 2005, il Cardinale Cristoph Schönborn, Arcivescovo di Vienna, ha pubblicato un articolo sul New York Times in merito alla teoria evoluzionista che ha suscitato una discussione a livello internazionale. Che cosa ha detto di così straordinario ?

Schwibach: Lo scopo dell’intervento del Cardinale sul New York Times era rendere chiaro che l’affermazione della scienza neodarwinista, secondo cui la Chiesa avrebbe, per un tacito consenso, accettato il “fatto dell’evoluzione” così come è letto dal “dogma neo-darwiniano”, non ha alcun fondamento. Le parole di Giovanni Paolo II, che nel 1996 affermò che l’evoluzione è “più che una semplice ipotesi”, non devono essere interpretate come assenso alla teoria, la cui validità ha da essere controllata considerandone i presupposti di carattere ideologico e non-scientifico che gli stessi scienziati di volta in volta assumono.

La teoria evoluzionista neodarwinista, che riconosce solo delle strutture e linee di argomentazione e di analisi di carattere materialista e monista, è radicalmente opposta a una visione che, su un livello teorico, presuppone la necessità di un livello di senso non riconducibile al mero funzionamento materiale.

La Chiesa afferma una ragione che è in grado di poter distinguere nel mondo naturale una dimensione teleologica sia dell’origine che del fine. Non si contesta dunque a priori la possibilità di una dottrina della discendenza (comune), ma un evoluzionismo inteso come processo di variazioni casuali attraverso mutazioni materiali e criteri di selezione certi. Schönborn constata l’evidente “progetto” nella natura. Negarlo non è scienza, ma ideologia.

Il Cardinale Schönborn distingue due livelli di razionalità: uno di natura teologico-filosofica e l’altro di natura scientifica. Se uno scienziato afferma di poter comprendere tutta la realtà, allora pecca di un illecito sconfinamento di competenza. La ragione capace di metafisica si pone la domanda di senso, oltrepassa il limite dell’osservabile, del numericamente misurabile.

Schönborn nega a una scienza materialista il diritto di uniformare la razionalità e di ridurla ad un aspetto solo, senza darne una giustificazione. Cita Giovanni Paolo II, che insegna: “Tutte le osservazioni concernenti lo sviluppo della vita conducono a un’analoga conclusione. L’evoluzione degli esseri viventi, di cui la scienza cerca di determinare le tappe e discernere il meccanismo, presenta un interno finalismo che suscita ammirazione. Questa finalità che orienta gli esseri in una direzione, di cui non sono padroni né responsabili, obbliga a supporre uno Spirito che ne è l’inventore, il creatore”.

Il Cardinale Schönborn afferma che tale uso della parola evoluzione nulla ha a che fare con l’uso materialista che ne fa l’evoluzionismo neo-darwiniano e riferisce la conclusione del documento finale della Commissione Teologica Internazionale del 2004: “Un processo di evoluzione non guidato – che sia totalmente estraneo all’azione della divina provvidenza – semplicemente non può esistere”. Quest’affermazione riecheggia anche nelle parole di Benedetto XVI pronunciate nella messa inaugurale del suo pontificato: “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario”.

Il Cardinale Schönborn conclude: “Ora, all’inizio del XXI secolo, dovendo far fronte a pretese scientifiche come il neo-darwinismo e la ‘multi-versum’- ipotesi di cosmologia inventate per evitare la irresistibile evidenza dell’esistenza di un fine e di un progetto presente nella scienza moderna – la Chiesa Cattolica deve ancora difendere la ragione umana e proclamare che l’immanente progetto evidente nella natura è reale. Le teorie scientifiche che cercano di eliminare l’apparire del progetto come il risultato ‘del caso e della necessità’ non sono affatto scientifiche, ma, così come Giovanni Paolo II ha affermato, sono un’abdicazione dell’intelligenza umana”.

La Chiesa conosce la dignità della ragione umana e la protegge dal suo autoannientamento. La vita complessa non è un prodotto del caso. La complessità necessita di un principio d’ordine.

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ZENIT Staff

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