"Evitiamo le 'lamentele da teatro', c'è chi soffre davvero"

Durante l’omelia a Santa Marta, papa Francesco cita la preghiera di Giobbe come un atto di “verità davanti a Dio”

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Più di una volta, nel corso delle sue omelie mattutine, papa Francesco è ricorso all’espressione “dea lamentela”, per ammonire l’atteggiamento di tanti cristiani queruli, poco propensi alla gratitudine verso il Signore e, in compenso, portati a vedere sempre il ‘bicchiere mezzo vuoto’ della propria vita.

Durante la messa di stamattina alla Casa Santa Marta, il Pontefice ha parlato di “lamentele da teatro”, alludendo a chi non è consapevole di chi soffre veramente.

Emblematica è, in tal senso, la sofferenza di Giobbe, protagonista della prima Lettura di oggi (Gb 3,1-3.11-17.20-23), un uomo che “è stato messo alla prova, ha perso tutta la famiglia, ha perso tutti i beni, ha perso la salute e tutto il suo corpo è diventato una piaga, una piaga schifosa”. Per questo motivo Giobbe arriva a maledire la sua vita.

Analogo è il caso di Geremia che usa parole molto simili: “Maledetto il giorno che nacqui!” (Ger 20,14-18). Viene spontaneo chiedersi, allora, se un’affermazione del genere sia una “bestemmia”, ha detto il Santo Padre.

Persino quando Gesù crocefisso si lamenta: “Padre, perché mi hai abbandonato?”, si potrebbe pensare a una bestemmia. In realtà, ha spiegato il Papa quella di Gesù è una “preghiera”, così come lo è quella di Giobbe.

“Tante volte – ha detto il Santo Padre – io ho sentito persone che stanno vivendo situazioni difficili, dolorose, che hanno perso tanto o si sentono sole e abbandonate e vengono a lamentarsi e fanno queste domande: perché? Perché? Si ribellano contro Dio. E io dico: ‘Continua a pregare così, perché anche questa è una preghiera’”.

Pertanto la preghiera di Giobbe è un “diventare verità davanti a Dio” ed egli “non poteva pregare altrimenti”. “Si prega con la realtà – ha proseguito Francesco – la vera preghiera viene dal cuore, dal momento che uno vive”. Essa nasce “nei momenti del buio, nei momenti della vita, dove non c’è speranza, non si vede l’orizzonte”.

Al giorno d’oggi, ha osservato il Papa, moltissima gente è “nella situazione di Giobbe” e “non capisce cosa le è accaduto”. Vi sono numerosi “fratelli e sorelle che non hanno speranza”, come, ad esempio, quei cristiani che “sono cacciati via di casa e rimangono senza niente”, ha detto il Pontefice alludendo verosimilmente al dramma del Medio Oriente.

Costoro arrivano a pensare: “Signore, io ho creduto in te. Perché? Credere in Te è una maledizione, Signore?”.

Il pensiero del Papa è andato anche agli “anziani lasciati da parte”, agli “ammalati”, alla tanta “gente sola, negli ospedali”. Tutte persone per le quali “la Chiesa prega” e “prende su di sé questo dolore”.

Quelli che, invece, non soffrono di “malattie”, di “fame” o di “bisogni importanti”, quando avvertono un po’ di “buio nell’anima”, credono di essere dei “martiri” e smettono di pregare.

C’è anche chi dice: “Mi sono arrabbiato con Dio, non vado più a Messa!”; e lo fa “per una cosa piccolina”. Persino Santa Teresa del Gesù Bambino, negli ultimi mesi della sua vita, “cercava di pensare al cielo, sentiva dentro di sé, come fosse una voce che diceva ‘Ma non essere sciocca, non farti fantasie. Sai cosa ti aspetta? Il niente!’”.

Di fronte a questa terribile tentazione, Teresa “pregava e chiedeva forza per andare avanti, nel buio. Questo si chiama entrare in pazienza”, ha spiegato il Pontefice.

“La nostra vita è troppo facile – ha proseguito – le nostre lamentele sono lamentele da teatro. Davanti a queste, a questi lamenti di tanta gente, di tanti fratelli e sorelle che sono nel buio, che hanno perso quasi la memoria, quasi la speranza – che vivono quell’esilio da se stessi, sono esiliati, anche da se stessi – niente!”.

E Gesù ha compiuto la medesima strada: “dalla sera al Monte degli Ulivi fino all’ultima parola dalla Croce: ‘Padre, perché mi hai abbandonato!’”.

In conclusione dell’omelia, papa Francesco ha raccomandato due cose: “preparare il cuore” per i momenti in cui “verrà il buio”; pregare “come prega la Chiesa” e assieme ad essa “per tanti fratelli e sorelle che patiscono l’esilio da se stessi, nel buio e nella sofferenza, senza speranza alla mano”, per tutti i “Gesù sofferenti” che popolano il mondo.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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