Europa, finanza o democrazia? (Seconda parte)

Qualcosa non quadra nelle ricette di “austerity” per superare la crisi economica

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Alla base di tutto, esiste una cecità ideologica fondata sul cheering nihilism (assenza d’interesse per l’umanità, per la fraternità),  che analizza la società umana come il portato di un risultato matematico.

Questo mantra pseudoscientista da cinque anni non permette all’Europa e all’Italia di uscire dalla crisi che ci attanaglia l’Europa e l’Italia da più di cinque anni. Facendo crescere un disastro umanitario in particolare nei paesi del Sud Europa (cfr i report Caritas Europe, Unicef, Save the Children, Emergency).

Per quanto riguarda l’Italia si nota una totale schizofrenia nelle “ricette” di S&P: fra quella che viene considerata come la principale debolezza della nostra economia, le politiche adottate in questi due anni e le ragioni dell’ultimo declassamento.

Nella seconda metà del 2011, quando gli speculatori iniziarono a vendere massicciamente i titoli di stato italiani, facendo salire in alto lo spread, la Bce e il governo Berlusconi decisero che, per riacquisire credibilità, eravamo obbligati ad anticipare al 2013 il pareggio di bilancio corretto per il ciclo. Questo ha comportato per il governo italiano aggiungere alla politiche di austerity, un altra serie di tagli, pari a circa 76 miliardi fino al 2013.

Diversi economisti, responsabili e operatori della società civile (tra cui l’intervento alla London School of Economics, Londra del 29.2.2012 del cardinale Bagnasco, dal titolo Un’economia per l’uomo e per la società) hanno fatto notare che le pesanti politiche di austerity avrebbero fatto crollare il Pil, ottenendo solo un marginale miglioramento del deficit di bilancio. Purtroppo queste previsioni si sono realizzate pienamente. Nel 2012 il Pil è crollato del 2.4% mentre nel 2013, come già accennato, le previsioni parlano di una decrescita più o meno della stessa entità.

A fronte di questo disastro, il deficit di bilancio si riduce solamente dal 3.9% del 2011 a un livello intorno al 3% o probabilmente superiore, nel 2013.

Tutto questi dimostra come le politiche estremiste di austerity siano sbagliate (errore denunciato anche dal Fondo Monetario Internazionale). Questa “verità” è nota anche a molti economisti neoliberisti che sebbene cerchino in tutti i modi di dissimularlo retoricamente, hanno compreso bene che l’austerità ha effetti depressivi sulla crescita.

In tal senso è inspiegabile il fatto che S&P da un lato ci punisca per la decrescita del Pil superiore alle attese e dall’altro continui a chiedere nuove misure di austerity per raggiungere gli obiettivi di bilancio.

Qui ritorna il tema dell’ideologia del mainstream neoliberista da una parte e della giustizia sociale e della democrazia dall’altra. Il mainstream neoliberista può permettersi il “lusso” di perseguire la sue strategie fino alla fine tanto deve rispondere solo agli interessi di alcuni lobby. Ma la classe politica italiana ed europea può permettere che i propri cittadini siano trattati come “bestiame umano”, come “scarti umani”.

Non solo: bisogna anche dire dire che dal punto di vista tecnico, queste fantomatiche riforme porterebbero al massimo solo ad un lieve aumento di Pil dell’economia italiana.

Difatti l’attuale recessione è di tipo patrimoniale, perché quello che manca è la domanda, giacché consumi e investimenti sono stati asfaltati dall’austerity estremista e dall’incertezza legata dall’incapacità dei policy-makers di mostrare un lontano spiraglio di luce in fondo al tunnel.

In una recessione patrimoniale le politiche dal lato dell’offerta non hanno nessun effetto sull’economia nel breve termine; per rimettere in moto la crescita vanno disarticolati le attuali cause dello scenario attuale: politiche economiche che alimentano le diseguaglianze.

Proporre il mantra delle riforme strutturali come via per bilanciare gli effetti negativi dell’austerità è un artificio retorico che allunga la patologia che stiamo soffrendo.

Lo stesso ministro dell’economia Saccomanni ha affermato in merito al declassamento di S&P:” È aperto il dibattito nelle sedi ufficiali sul ruolo delle agenzie di rating nell’orientare le scelte e le aspettative dei mercati finanziari internazionali. Decisioni non adeguatamente sostenute da analisi condivise possono avere effetti pro-ciclici e destabilizzanti”.

Come scrive il premio l’economista Joseph Stiglitz (Ridateci il sogno, “L’Espresso”, 7 marzo 2013): “L’austerità è una condanna a morte per i più poveri”. Un’affermazione che può apparire un’esagerazione solo a chi viva isolato dalla realtà o sia reso cieco e indifferente dalle proprie condizioni di sicurezza e privilegio.

Le parole di Stiglitz, non sono quelle di un esaltato sindacalista, bensì da un premio Nobel per l’Economia che è stato vicepresidente della Banca Mondiale.

Si tratta purtroppo di una “verità” scomoda e dolorosa. Scomoda e dolorosa perché tutti gli indicatori economici e sociali mostrano quel che sta provocando nel mondo, e in Europa in modo particolare, una risposta alla crisi globale declinata solo o soprattutto da politiche ideologiche slegate dalla giustizia sociale e dalla democrazia. Ma come ha detto Papa Francesco durante l’omelia della Domenica delle Palme rivolgendosi ai giovani: “Per favore, non lasciatevi rubare la speranza, quella che ci dà Gesù”.

E ha aggiunto, ”noi tutti possiamo vincere il male che c’è in noi e nel mondo: con Cristo, con il Bene”. “Non siate mai uomini e donne tristi”.

(La prima parte è stata pubblicata domenica 28 luglio)

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Carmine Tabarro

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