"Europa, dov'è la tua sete di verità?"

Parlando al Consiglio d’Europa, papa Francesco esorta il Vecchio Continente a non perdere le sue radici e a continuare a tutelare i diritti umani contro la “cultura dello scarto” e la “globalizzazione dell’indifferenza”

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Meta successiva al Parlamento Europeo, è stata per papa Francesco il Consiglio d’Europa. Al suo arrivo il Santo Padre è stato accolto dal Segretario Generale del Consiglio, Thorbjørn Jagland, dal Presidente del Comitato dei Ministri, dalla Presidente dell’Assemblea Parlamentare, Anne Brasseur, dal Presidente del Congresso dei Poteri Locali e Regionali, dal Presidente della Corte Suprema dei Diritti dell’Uomo, dal Commissario ai Diritti dell’Uomo e dal Presidente della Conferenza Internazionale delle Organizzazioni non Governative.

Dopo la presentazione delle due Delegazioni, il Papa ha incontrato, alla presenza di alcune personalità politiche ed ecclesiastiche, il Segretario Generale, Thorbjørn Jagland.

Al termine dell’incontro, dopo la Firma del Libro d’Oro, le foto ufficiali e lo scambio dei doni, il Pontefice si è trasferito all’Emiciclo per la Sessione Solenne del Consiglio d’Europa.

Ringraziando le personalità presenti per “l’impegno” e “il contributo” offerti “alla pace in Europa, attraverso la promozione della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto”, il Santo Padre ha ricordato che la fondazione Consiglio d’Europa, di cui quest’anno ricorre il 65° anniversario, “rispondeva ad una tensione ideale all’unità che ha, a più riprese, animato la vita del continente fin dall’antichità”.

I Padri fondatori, dunque, ambivano a “ricostruire l’Europa in uno spirito di mutuo servizio, che ancora oggi, in un mondo più incline a rivendicare che a servire, deve costituire la chiave di volta della missione del Consiglio d’Europa, a favore della pace, della libertà e della dignità umana”, all’indomani della tragedia della Seconda Guerra Mondiale.

La “via privilegiata per la pace”, ha proseguito Francesco, consiste principalmente nel “riconoscere nell’altro non un nemico da combattere, ma un fratello da accogliere”, sebbene si tratti di un “processo continuo che non può mai essere raggiunto pienamente”.

Alcuni anni dopo, ha ricordato il Papa, il beato Paolo VI sottolineò che le istituzioni internazionali ed europee avevano il precipuo scopo “di proclamare e di conservare la pace”; non, però, attraverso una pace “imposta”, “utilitaria” o “provvisoria”, bensì con un “cammino di umanizzazione” che porti ad una “Pace amata, libera, fraterna, fondata cioè sulla riconciliazione degli animi”.

Alla luce di ciò il conflitto “non può essere ignorato o dissimulato, dev’essere assunto”, tuttavia non ci si può fermare ad una “situazione conflittuale”, senza perdere “il senso dell’unità profonda della realtà”.

Purtroppo, ancora oggi, la pace è “troppo spesso ferita” da “conflitti di vario genere”, tra cui il “terrorismo religioso e internazionale, “che nutre profondo disprezzo per la vita umana e miete in modo indiscriminato vittime innocenti”, fenomeno “foraggiato da un traffico di armi molto spesso indisturbato”.

La pace, tuttavia, “è violata anche dal traffico degli esseri umani, che è la nuova schiavitù del nostro tempo e che trasforma le persone in merce di scambio, privando le vittime di ogni dignità”, ha aggiunto il Papa.

Essa non è “semplice assenza di guerre, di conflitti e di tensioni” ma, soprattutto, “dono di Dio e frutto dell’azione libera e razionale dell’uomo che intende perseguire il bene comune nella verità e nell’amore”.

L’Europa – anche attraverso la promozione dei diritti umani, compito specifico del Consiglio d’Europa – “ha offerto e ancora offre al mondo intero” importanti contributi sul tema della pace.

Papa Francesco ha poi utilizzato una metafora ripresa dal poeta Clemente Rebora che, in un suo componimento, “descrive un pioppo, con i suoi rami protesi al cielo e mossi dal vento, il suo tronco solido e fermo e le profonde radici che s’inabissano nella terra”: un’immagine che, in un certo senso, richiama la vocazione dell’Europa.

L’innalzarsi “del pensiero, della cultura, delle scoperte scientifiche”, tuttavia, “è possibile solo per la solidità del tronco e la profondità delle radici che lo alimentano”, pertanto se si perdono le radici, “il tronco lentamente si svuota e muore e i rami – un tempo rigogliosi e dritti – si piegano verso terra e cadono”.

E le radici “si alimentano della verità, che costituisce il nutrimento, la linfa vitale di qualunque società che voglia essere davvero libera, umana e solidale”. A sua volta, la verità “fa appello alla coscienza, che è irriducibile ai condizionamenti, ed è perciò capace di conoscere la propria dignità e di aprirsi all’assoluto” e al bene comune.

Senza una sana ricerca della verità, “ciascuno diventa misura di sé stesso e del proprio agire” e al concetto di “diritto umano”, si sostituisce quello di “diritto individualista”: ne consegue quella “globalizzazione dell’indifferenza che nasce dall’egoismo, frutto di una concezione dell’uomo incapace di accogliere la verità e di vivere un’autentica dimensione sociale”.

L’individualismo produce il “culto dell’opulenza” e la “cultura dello scarto”, distruggendo anche gli “autentici rapporti umani, improntati sulla verità e sul rispetto reciproco”.

A fronte di un’Europa “stanca e pessimista, che si sente cinta d’assedio dalle novità che provengono dagli altri continenti”, il Santo Padre ha lanciato un appello al Vecchio Continente: “dov’è il tuo vigore? Dov’è quella tensione ideale che ha animato e reso grande la tua storia? Dov’è il tuo spirito di intraprendenza curiosa? Dov’è la tua sete di verità, che hai finora comunicato al mondo con passione?”.

L’Europa, quindi, “deve riflettere se il suo immenso patrimonio umano, artistico, tecnico, sociale, politico, economico e religioso è un semplice retaggio museale del passato, oppure se è ancora capace di ispirare la cultura e di dischiudere i suoi tesori all’umanità intera”.

L’Europa di oggi, ha osservato il Santo Padre, è sempre più “multipolare”, ovvero eterogenea sul piano politico, religioso, sociale e culturale. “Globalizzare in modo originale la multipolarità – ha detto – comporta la sfida di un’armonia costruttiva, libera da egemonie che, sebbene pragmaticamente sembrerebbero facilitare il cammino, finiscono per distruggere l’originalità culturale e religiosa dei popoli”.

Altro connotato dell’Europa è la sua “trasversalità” di opinioni e riflessioni, che si manifesta soprattutto nel “dialogo inter-generazionale”.

In tale logica “il cristianesimo può fornire oggi allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società” e tra “ragione e fede”, chiamate a “illuminarsi reciprocamente, sostenendosi a vicenda e, se necessario, purificandosi scambievolmente dagli estremismi ideologici in cui possono cadere”, ovvero un “fondamentalismo religioso” che è “nemico di Dio” e una “ragione ‘ridotta’ che non rende onore all’uomo”.

Verso la conclusione del discorso, il Papa ha esortato il Consiglio d’Europa ad una “riflessione etica sui diritti umani” ed in particolare alla “tutela della vita umana”, alla “accoglienza dei migranti”, alla “disoccupazione giovanile”, alla “difesa dell’ambiente”, auspicando che “si instauri una nuova collaborazione sociale ed economica, libera da condizionamenti ideologici”, che mantenga “vivo quel senso di solidarietà e carità” che ha caratterizzato l’Europa per secoli.

Il Santo Padre ha poi espresso l’intenzione della Santa Sede di “continuare la propria collaborazione con il Consiglio d’Europa, che riveste oggi un ruolo fondamentale nel forgiare la menta
lità delle future generazioni di europei”.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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