Eucarestia e crisi del matrimonio (Seconda parte)

La riflessione del cardinale Ennio Antonelli in vista del prossimo Sinodo

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[La prima parte è stata pubblicata ieri, sabato 1 agosto]

Quindi l’Autore affronta il tema dell’indissolubilità del matrimonio sacramentale, rato e consumato, sul quale neppure la Chiesa ha alcun potere e che costituisce un caposaldo della pastorale chiamata ad evitare immobilismo, cambiamento, ma allo stesso tempo impegnata sempre di più in una fedeltà creativa (cf pp. 45-54). Successivamente prende in esame il significato ed il valore dell’amore, dell’indissolubilità e della validità del matrimonio sacramentale. In questo contesto accenna, e purtroppo non sviluppa, il ruolo della fede per la validità del sacramento del matrimonio, tema toccato anche durante la III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (cf Relatio Synodi, 48). A nostro sommesso avviso, questo aspetto è l’unico che l’Autore doveva forse sviluppare vista la confusione di cui è al presente oggetto. Infatti, pensare a ritenere la fede criterio per stabilire la validità di un matrimonio sacramentale, ci sembra che vada contro la realtà oggettiva ed in modo particolare andrebbe a creare più problemi di quelli che intende risolvere. Per queste ragioni ci sembra opportuno dire qui qualcosa al riguardo. In particolare, all’introduzione di una specifica forma ad validitatem inerente alla volontà di sposare nel Signore (e dunque una forma liturgica attinente alla fede personale dei nubendi), risulta assolutamente pregiudiziale la soluzione del problema dottrinale se la fede sia obiettivamente ad substantiam del sacramento del matrimonio, ove non intendiamo solo un problema di validitas giuridica, ma di vera e propria sostanza sacramentale, sulla quale, però, la Chiesa non ha alcun potere. Infatti, l’introduzione di ulteriori requisiti giuridici ad valditatem porterebbe quale indubbia conseguenza l’aumento esponenziale dei matrimoni obiettivamente nulli, ed esporrebbe conseguentemente all’ulteriore problema pastorale di far vivere molte coppie nel peccato. Aumenterebbero esponenzialmente anche i casi di matrimoni dall’incerta validità, col conseguente dovere, per la Chiesa, di dire a due coniugi – ancora di più in presenza di crisi matrimoniale – se essi siano effettivamente sposati o meno nel Signore. Ove, infine, gli sposi non intendessero invece simulare, in assenza di fede, la nuova ed imposta formula, e dunque preferissero anzi non sposare coram Ecclesia, si restringerebbe il loro ius connubii, negando ai battezzati, per il solo fatto che essi non hanno una fede matura, un istituto di diritto naturale, dalla Chiesa eppure pienamente riconosciuto anche ai non battezzati nella forma del matrimonio legittimo.

In ogni caso, il presente testo del card. Antonelli rimane un testo chiaro ed utile per tutti coloro che, come ci ricorda l’Apostolo Pietro, vogliono essere sempre pronti “…a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto“ (1 Pt 3, 15). Soprattutto in questo spazio di tempo che ci separa dalla celebrazione della prossima XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, chiamata a presentare la “fisiologia” della famiglia e dopo la precedente III Assemblea Generale Straordinaria che ne aveva trattato, se così si può dire, le “patologie”, è necessario e doveroso conoscere ciò che costituisce il cuore dell’annuncio evangelico sulla famiglia. Prendere coscienza del progetto di Dio che sicuramente potrà oggi apparire quasi un’utopia, ma che alla fine si riconosce e si scopre essere il desiderio più sincero, anche se forse nascosto e confuso, di ogni uomo e di ogni donna. L’A. contribuisce a superare l’idea infondata, ma purtroppo molto diffusa, di una Chiesa che respinge alcuni suoi figli, di una Chiesa che emargina in modo ipocrita e privo di misericordia, ed aiuta a capire che quanto Dio chiede è per il nostro vero bene e che il vero amore non dispensa mai dal sacrificio e dal perdono. Questa è stata la profonda ed intima convinzione dei cristiani dei primi secoli (cf p. 60). Il nostro augurio è che questa sintesi del Card. Antonelli aiuti tutti a riscoprire la ricchezza del messaggio cristiano sulla famiglia e soprattutto costituisca un valido strumento per evitare quella confusione nella quale purtroppo ha fatto cadere quel “Sinodo mediatiatico” che è cosa ben diversa da quello che realmente si è svolto (v. intervista al Card. Baldisseri rilasciata a ZENIT il 25 giugno 2015). Il Popolo di Dio, e soprattutto i suoi ministri e pastori, hanno bisogno di certezze e non di discussioni che ingenerano false e devianti aspettative che minano alle fondamenta la stessa missione della Chiesa. Infatti, non si può non tener conto di quanto è avvenuto dopo l’ultimo Sinodo straordinario e come sono state stravolte dai mass media alcune discussioni su alcuni degli argomenti affrontati e come molti sacerdoti e fedeli le hanno recepite. Se un cardinale durante il Sinodo ha dovuto richiamare il vicario giudiziale che andava dicendo che ormai era inutile presentare i libelli per introdurre la causa di dichiarazione di nullità di matrimonio, se persone omosessuali conviventi credono che il loro comportamento non è più peccato o se un parroco dice a dei divorziati risposati che possono tranquillamente accostarsi all’Eucarestia, questo è segno che qualcosa deve essere rivisto nel modo di comunicare ed informare, e questo non significa sicuramente giudicare le intenzioni ed i propositi di nessuno, ma essere realisti e fare il meglio per il bene del Popolo di Dio. Infatti, la Chiesa è fedele alla missione datale da Cristo nella misura in cui è impegnata senza riserve a servire la Parola di Dio per gli uomini. Un ministero sicuramente impegnativo e delicato che richiede una continua attenzione e capacità di discernimento, una pronta disponibilità al dialogo, al confronto al fine di attualizzare la verità di Dio, che non cambia, per incarnarla nelle diverse culture per facilitarne l’accoglienza e la comprensione (cf Mc 6, 11). In tutto questo impegno nell’annuncio di quella verità che sola veramente libera (cf Gv 8, 32), i pastori della Chiesa non dovranno, comunque, mai illudersi, di ricevere l’accoglienza del mondo (cf Gv 15, 18-21) e umilmente dovranno sentirsi sempre amministratori delle cose di Dio (cf 1 Cor 4, 1-2) e di essere chiamati da Cristo ad essere quel sale che dà veramente gusto alla vita (cf Mt 5, 13; Ef 4, 1-24), coscienti di dover essere sempre e dovunque testimoni credibili che invitano a condividere la gioia e la fortuna dell’essere cristiani agli e con gli altri, proponendo alla loro libera, cosciente e responsabile scelta il progetto originale di Dio sul matrimonio con il medesimo spirito, rispetto ed atteggiamento del Signore: “… se vuoi entrare nella vita …” (Mt 19, 17; e cf anche Mc 6, 7-13) questo è l’unico e vero matrimonio.

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ZENIT Staff

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