Essere un vescovo non è un onore ma una missione

Intervista con monsignor Cosme Hoang Van Dat, S.I., titolare della diocesi di Bac Ninh, in Vietnam

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ROMA, venerdì, 23 dicembre 2011 (ZENIT.org) – Il Vietnam è uno Stato comunista monopartitico. Ogni religione viene trattata come una forza sociale, che può e deve contribuire al progresso del Paese sotto la guida del partito comunista. In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Marie-Pauline Meyer ha intervistato per Where God Weeps monsignor Cosme Hoang Van Dat, S.I., vescovo di Bac Ninh, nel Nord del Vietnam.

È difficile essere un vescovo cattolico in uno Stato comunista?
Mons. Van Dat: Non è difficile perché penso che un vescovo sia un successore degli apostoli che Cristo ha inviato in ogni angolo del mondo e i Paesi comunisti sono una parte del mondo ed è necessario che ci siano alcuni dei suoi discepoli in questa parte del mondo. Il Vietnam è un Paese comunista e alle volte è difficile, ma è necessario che un vescovo sia presente.

Lei ha l’impressione che il governo vi controlli continuamente?
Mons. Van Dat: Sono sicuro che il governo controlla tutto quello che faccio.

Lei direbbe che la Chiesa cattolica in Vietnam è una chiesa perseguitata?
Mons. Van Dat: Molti anni fa sì, ma ora no. Anni fa, la Chiesa ha affrontato tempi difficili. Quasi tutti i sacerdoti e i seminaristi erano finiti in carcere; il mio vicario generale ha trascorso nove anni in prigione quando era ancora un seminarista. Adesso siamo più liberi.

Lei è gesuita. Cosa l’ha attratta nella Compagnia di Gesù?
Mons. Van Dat: Sono entrato nei gesuiti nel 1967, all’età di 19 anni, durante la guerra del Vietnam. Pensavo in quel momento che la guerra e le armi non fossero una buona soluzione per il Paese. Due figure sono state fondamentali nella mia decisione di entrare nei gesuiti: San Francesco Saverio e padre Alexander de Rhodes, uno dei primi missionari in Vietnam, entrambi gesuiti. Così ho chiesto di entrare nella Compagnia per diventare un missionario e in quel momento immaginavo la mia futura vita come missionario in Africa, dove finora però non sono mai stato.

Che cosa hanno detto i suoi genitori quando Lei ha comunicato che voleva diventare sacerdote?
Mons. Van Dat: Mio padre è morto quando avevo sei anni e sono cresciuto con mia madre che è molto religiosa. Mi madre aveva sempre pensato che io fosse un giovane la cui preoccupazione era solo il divertimento. Quando ho deciso di entrare nei gesuiti, mi ha detto che non poteva rifiutare nulla a Dio, ma pensava che non sarei mai potuto diventare prete.

Sul piano economico il Vietnam sta crescendo molto velocemente. Questo progresso materiale eserciterà un influsso sulla fede cattolica o qualsiasi altra religione dei giovani?
Mons. Van Dat: La situazione economica sta progredendo in Vietnam e questo influisce molto sulla gente, compresi i cattolici. Io, per esempio, mi accontentavo di una vita semplice. Ero felice quando piantavo fiori. Non ho bisogno di molte cose moderne per rendere la vita confortevole. Non so altrove, ma nella mia diocesi c’è una tradizione molto buona e il popolo vietnamita si aggrappa alle tradizioni dei loro antenati. Se i genitori e i nonni sono pii non c’è pericolo che noi diventiamo atei. Per esempio, per la Domenica delle Palme avevo invitato i giovani a venire alla casa del vescovo. Me ne aspettavo circa 2000 ma si sono presentati in 5000. Incredibile!

Come hanno fatto ad entrare tutti nella casa?
Mons. Van Dat: Ce l’hanno fatta e abbiamo offerto loro pane e un po’ di latte, che hanno accettato volentieri, nient’altro. Siamo poveri e hanno accettato tutto.

Ma come vescovo, Lei ha bisogno di cose materiali?
Mons. Van Dat: Come vescovo, devo disporre di beni come computer e automobile ma quando ero un semplice sacerdote, mi spostavo in bicicletta. Inoltre, prima della mia nomina a vescovo, andavo a celebrare la Santa Messa ad Hanoi, facendo 15 chilometri in bicicletta solo andata. Ero felice anche solo con una bicicletta. Adesso non sono più in grado di spostarmi così…

La vostra diocesi è Bac Ninh, nel nord del Vietnam. Ce la può descrivere?
Mons. Van Dat: Abbiamo più di otto milioni di abitanti e 125mila cattolici. La maggior parte sono contadini. Siamo poveri, più poveri rispetto ad Hanoi. Non si può nemmeno fare un confronto con l’Europa. Affrontiamo molte difficoltà. Abbiamo perso la maggior parte delle nostre proprietà e il 50% delle nostre chiese è stato distrutto durante la guerra.

Come descriverebbe la fede nella sua diocesi, nonostante il numero ridotto di cattolici?
Mons. Van Dat: I cattolici della mia diocesi hanno una fede molto forte, ma non hanno una grande formazione spirituale ed intellettuale. È molto dura ma penso che la loro fede sia molto buona. Vanno in chiesa ogni giorno, a volte anche due o tre volte alla settimana in molti villaggi, e penso che con una tale fede abbiamo un futuro.

Lei ha lavorato con i lebbrosi per lungo tempo. Quale è stata la sua prima reazione?
Mons. Van Dat: All’inizio avevo paura di loro, ma conoscendoli meglio il mio cuore ha superato questa paura e ho imparato a prenderne cura e amarli. È stato difficile in un primo momento di mangiare con loro, ma dopo qualche tempo sono riuscito a mangiare con loro senza alcun problema.

Vivono fuori città?
Mons. Van Dat: Essi sono liberi e possono vivere ovunque ma hanno deciso di vivere insieme per sostenersi reciprocamente. Spesso non ricevono visite quando vivono con le loro famiglie o viene loro rifiutata ospitalità, quando vogliono fare delle visite al di fuori delle loro famiglie. Ho molti amici lebbrosi.

Che cosa possiamo fare per la Chiesa cattolica in Vietnam?
Mons. Van Dat: Abbiamo innanzitutto bisogno delle vostre preghiere e di aiuto materiale. Abbiamo bisogno di denaro per la formazione dei sacerdoti, suore e catechisti laici. Abbiamo anche bisogno di chiese per i contadini, perché una chiesa cattolica è molto importante per la vita di un contadino cattolico. Abbiamo bisogno di una piccola chiesa e semplice per questa gente. È un segno della loro fede e anche molto necessario per il consolidamento della fede e l’educazione della fede dei figli.

Questa intervista è stata condotta da Marie-Pauline Meyer per Where God Weeps, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network, in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre.

In rete: Aiuto alla Chiesa che soffre: www.acn-intl.org
Aiuto alla Chiesa che soffre Italia: www.acs-italia.glauco.it
Where God Wheeps: www.wheregodweeps.org

[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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