Esiste l'anima? (Quarta parte)

Darwin: le somiglianze tra l’uomo e la scimmia

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La paleontologia, tramite la documentazione fossile, smentisce la teoria di Darwin e la genetica, da Mendel in poi, afferma che i caratteri ereditari di ogni specie si trasmettono da individuo a individuo in modo fisso e prestabilito, fornendo un’ulteriore prova dell’inconsistenza scientifica dell’evoluzionismo darwiniano.

La domanda che sorge spontanea, se si analizza con onestà intellettuale l’opera di Darwin, è la seguente: “Com’è possibile che la teoria di questo biologo, pur essendo smentita dalla realtà fattuale, sia accettata come verità assoluta e non sia messa in discussione da tantissime persone, giovani e adulte?”.

La risposta è forse semplice: “Molti parlano di Darwin ma pochi hanno letto i suoi testi”.

I mass media presentano l’evoluzionismo darwiniano come una verità indiscutibile e soprattutto i manuali scolastici, dalle scuole elementari in poi, presentano questa teoria come se avesse la stessa dignità scientifica del sistema copernicano o della legge di gravità di Newton.

In effetti, leggendo i suoi libri, si resta perplessi nel costatare che le sue tesi si basano su una serie interminabile di osservazioni minuziose (a volte di seconda mano) di fenomeni molto particolari, dalla quale Darwin trae delle considerazioni alquanto discutibili che proverebbero la somiglianza degli esseri umani con le scimmie.

A titolo di esempio riporto le motivazioni addotte dal biologo per spiegare la comparsa della barba nei maschi e la mancanza di peli nelle femmine.

Scrive: “Per quel che la complessità dell’argomento ci permette di capire, sembra che i nostri progenitori affini alle scimmie abbiano acquisito la barba come ornamento per affascinare e attirare le femmine e l’abbiano trasmessa solo alla prole di sesso maschile. Evidentemente le femmine ebbero per prime il corpo privo di pelo, anche qui come ornamento sessuale; ma esse trasmisero questo carattere quasi allo stesso modo a entrambi i sessi. Non è improbabile che le femmine furono modificate in altro modo allo stesso scopo e con gli stessi mezzi; infatti le donne hanno voci più dolci e sono divenute di aspetto più piacevole”[i].

Un altro esempio riguarda la presenza di muscoli nella fronte degli esseri umani e delle scimmie.

Scrive: “Poche persone possiedono la capacità di contrarre i muscoli superficiali del cranio, muscoli che sono in una condizione variabile e parzialmente rudimentale. A. de Candolle mi ha raccontato un curioso esempio a proposito della lunga persistenza e ereditarietà di questo potere, così come del suo insolito sviluppo. Egli conosce una famiglia, un membro della quale, l’attuale capo, poteva, da giovane, lanciare parecchi libri pesanti dalla testa col semplice movimento della pelle del cranio, vincendo scommesse con questo esercizio. Il padre, lo zio, il nonno e i tre figli possiedono lo stesso potere allo stesso insolito livello. La famiglia otto generazioni fa si era divisa in due rami, cosicché il capo del ramo di cui si è parlato sopra è cugino in settimo grado del capo dell’altro ramo. Questo lontano cugino risiede in un’altra zona della Francia; essendogli stato chiesto se possedeva la stessa capacità, immediatamente mostrò il suo potere. Questo caso è una valida dimostrazione di quanto possa essere persistente la trasmissione di una facoltà assolutamente fuori uso, probabilmente ereditata dai nostri genitori semiumani [sic]; infatti molte scimmie hanno, e frequentemente usano, il potere di muovere ampiamente su e giù la pelle del cranio”[ii].

Un altro elemento che proverebbe l’affinità tra l’uomo e la scimmia sarebbe una particolare conformazione del lobo dell’orecchio.

Scrive: “E’ stato appurato che solo l’orecchio dell’uomo è dotato di un lobo; ma se ne trova un rudimento nel gorilla, e secondo il prof. Preyer, spesso è assente nel negro.

Il celebre scultore Woolner mi ha reso nota una piccola caratteristica dell’orecchio esterno, che egli ha osservato spesso sia nell’uomo sia nella donna, e di cui ha compreso a pieno il significato. La sua attenzione fu per la prima volta richiamata sull’argomento mentre stava lavorando a una statua di Puck, cui aveva attribuito orecchie aguzze. Fu così indotto a esaminare le orecchie di varie scimmie, e infine più attentamente quelle umane. La peculiarità consiste in una piccola punta smussata che sporge sul margine ripiegato internamente o elice. Quando è presente, è sviluppata sin dalla nascita, e secondo il prof. Ludwig Meyer più frequentemente nell’uomo che nella donna. Woolner ha fatto un modello esatto di questa posizione e mi ha mandato il seguente disegno [nel testo è raffigurato un orecchio umano]. Le punte non solo sporgono all’interno verso il centro dell’orecchio, ma spesso un po’ oltre il piano, in modo da essere visibili quando la testa è osservata frontalmente o da dietro. Variano per la dimensione e talora per la posizione, trovandosi sia un po’ più giù che un po’ più su, e a volte si riscontrano in un orecchio e non nell’altro. Non si limitano alla specie umana, perché ho osservato un caso in una scimmia ragno […] nel nostro giardino zoologico; e il dott. E. Ray Lankester mi fa sapere di un scimpanzé in quello di Amburgo.[…]”[iii].

L’eventuale constatazione di affinità morfologiche e fisiologiche tra l’uomo e la scimmia non prova l’origine dell’uno dall’altra, né si può affermare che la differenza tra i due dipenda unicamente dal fatto  che il cervello umano è più voluminoso di quelle scimmiesco, come sostiene Darwin. Infatti, il biologo condivideva le teorie della frenologia (detta anche cranioscopia)[iv]una pseudo-scienza fondata da Gall, secondo la quale l’intelligenza dipende dalla grandezza del cervello[v].

Darwin nella sua autobiografia, riferendo un episodio della sua vita, testimonia questa sua credenza. Scrive infatti: “Scoprii, sia pure inconsciamente e insensibilmente, che il piacere di osservare e ragionare era molto maggiore di quello di essere brillante o di fare dello sport. E’ probabilmente che il mio cervello si sia sviluppato proprio nel corso delle ricerche compiute durante il viaggio: lo dimostra un’osservazione di mio padre, che era l’uomo più acuto che abbia mai conosciuto, fondamentalmente scettico e ben lontano dal credere nella frenologia; la prima volta che mi vide, si volse alle mie sorelle ed esclamò: “Guardate, gli è cambiata la forma della testa””[vi].

Leggendo i testi scritti da Darwin, ci si rende conto che il suo pensiero non è geniale come comunemente si crede e che la sua teoria è molto discutibile. Ciò non significa mettere in dubbio la teoria dell’evoluzione in quanto tale, ma la sua formulazione darwiniana. Infatti, è da rilevare che teorie evolutive elaborate da discipline diverse tra loro hanno comportato un ampliamento della conoscenza scientifica.

La teoria di Darwin, oltre ad essere carente sul piano scientifico, è impossibilitata a rendere ragione del fatto che l’essere umano compie delle operazioni di carattere spirituale, la cui causa non può essere materiale e sono segno, come vedremo, di un “salto ontologico” nel mondo della natura.

(La terza parte è stata pubblicata sabato 21 settembre. La V parte verrà pubblicata sabato 12 ottobre)

*

NOTE

[i] C. Darwin, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, in Idem, L’evoluzione, Introduzione di G. Montalenti, Newton Compton, Roma 1994, p. 965.

[ii] Ibidem, p.544.

[iii] Ibidem, pp. 543-544.

[iv] Darwin era talmente convinto della validità della frenologia che, in un periodo della sua vita, pensava di avere la vocazione al sacerdozio a causa della conformazione del suo cranio. E’ scritto  nella sua autobiografia: “Se si deve credere ai frenolog
i, ero sotto un certo aspetto adattissimo a fare il prete. Pochi anni fa, i segretari di una società tedesca di psicologia mi chiesero insistentemente per lettera una fotografia; e qualche tempo dopo ricevetti gli atti di una delle loro riunioni, da cui risultava che la forma del mio cranio era stata argomento di pubblico dibattito, e uno degli oratori aveva dichiarato che avevo il bernoccolo sacerdotale tanto sviluppato da bastare per dieci preti.

Deciso che sarei stato un ecclesiastico si rese necessario che mi recassi in una Università inglese per acquistare un titolo […]” (C. Darwin, Autobiografia, a cura di F. Darwin, prefazione di L. Pavolini, in Idem, L’evoluzione, cit., p. 991-992).

[v] Darwin, basandosi sugli studi della frenologia, sosteneva che gli uomini sono più intelligenti delle donne, i bianchi più intelligenti dei neri, gli Irlandesi inferiori agli altri Europei ecc. a motivo del cervello più o meno voluminoso. Sulla base di queste considerazioni, alcuni autori hanno ravvisato  nel pensiero del biologo dei caratteri razzisti che sarebbero all’origine del “darwinismo sociale”.

Scrive in proposito Gaspari: ” Secondo alcuni autori […] l’orrore conosciuto come “darwinismo sociale”, sarebbe da attribuire ai suoi seguaci piuttosto che a Darwin. Darwin ha scritto nel libro L’origine dell’Uomo nell’edizione pubblicata da Editori Riuniti nel 1983, e siamo rimasti inorriditi. In un capitoletto intitolato “Selezione naturale operante nelle nazioni civili”, Darwin spiega perché l’uomo civilizzato ha uno svantaggio rispetto al selvaggio, e scrive: “Fra i selvaggi i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati; e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute. D’altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi e per i malati […]. Dobbiamo perciò sopportare gli effetti indubbiamente deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione della loro stirpe” (pp.176-77). Abbiamo capito bene? Aiutare i deboli, curare i malati, vaccinare salvare migliaia di persone non è un “effetto deleterio” per l’evoluzione della specie? Ma l’autore inglese non ha dubbi, per favorire la selezione naturale in cui il debole deve essere soppresso a favore del più forte, ha scritto: “Il progresso del benessere del genere umano è un problema difficile da risolvere; quelli che non possono evitare una grande povertà per i loro figli dovrebbero astenersi dal matrimonio, perché la povertà non è soltanto un gran male, ma tende ad aumentare perché provoca l’avventatezza del matrimonio” (p.256). Capito? Per Darwin se sei povero e debole non dovresti avere diritto a sposarti. In conclusione c’è da chiedersi, ma i grandi estimatori dell’autore inglese, coloro che stanno riempiendo saggi, riviste e libri su Darwin, hanno mai letto quello che ha scritto?” (A. Gaspari, Ma l’avete mai letto Darwin?, “Ragionpolitica” , 2 marzo 2009. Rivista on-line).

[vi] C. Darwin, Autobiografia, cit., p. 999.

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Maurizio Moscone

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