Eliminare la corruzione per favorire lo sviluppo

ROMA, lunedì, 5 giugno 2006 (ZENIT.org).- Nella giornata conclusiva della Conferenza internazionale promossa in Vaticano (2-3 giugno) dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sulla lotta alla corruzione, il Presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz, monsignor Giampaolo Crepaldi, il Cardinale Renato Raffaele Martino e gli ottanta esperti convenuti da tutto il mondo hanno concordato nell’affermare che “per favorire lo sviluppo bisogna eliminare la corruzione”.

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Wolfowitz ha approfondito le cause di quella che ha chiamato “cultura della corruzione” ribadendo la volontà della Banca Mondiale di sradicare la povertà, incrementando gli sforzi per sviluppare un’opera educativa di alto livello e far emergere il senso dello stato e della legalità.

Trattando del rapporto tra Dottrina sociale della Chiesa e lotta alla corruzione, monsignor Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha ricordato che “molte ricerche empiriche hanno dimostrato che c’è una relazione negativa tra corruzione e crescita economica, tra corruzione e indice di sviluppo umano, tra corruzione e funzionalità del sistema istituzionale, tra corruzione e lotta alle ingiustizie sociali”.

“In altri termini – ha affermato –, una società maggiormente corrotta tende a crescere meno dal punto di vita economico, ad essere meno promotrice della persona, meno aperta e meno giusta”.

Per la lotta alla corruzione, insieme all’investigazione e alla repressione del fenomeno, il segretario del dicastero vaticano ha auspicato “buone leggi, sani legami sociali, valida educazione e istruzione, giustizia e solidarietà, tenuta della moralità di base e formazione delle coscienze”

Crepaldi ha precisato che “la corruzione è un male, ma è anche un costo”, e che il rifiuto della corruzione “è un bene, ma è anche un vantaggio”. “L’abbandono di pratiche corrotte può generare sviluppo e benessere”, ha affermato, aggiungendo che “i comportamenti onesti vanno incentivati e quelli disonesti puniti” e che questi criteri sono “perfettamente in linea con la dottrina sociale della Chiesa” e, nello stesso tempo, esprimono “le esigenze concrete della lotta alla corruzione oggi”.

Secondo il presule, “legalità e socialità” e una “concezione etica del bene comune” sono le armi di cui il sistema politico ha bisogno per contrastare la corruzione.

“La dottrina sociale della Chiesa pone chiaramente in relazione tra loro questi tre aspetti intendendo la giustizia inseparabilmente in senso legale, in senso sociale e in senso morale. Questi tre aspetti vengono considerati inseparabili, poiché li deve tenere insieme il principio di sussidiarietà come modalità di articolazione del bene comune”.

“Leggi contrarie al bene dell’uomo, come quelle che prevedono l’aborto, leggi che permettono la trasgressione morale minano la legalità, diffondono una cultura antisociale, perdono la valenza educativa”, ha sottolineato Crepaldi.

In merito alla relazione tra corruzione e sviluppo, il segretario del dicastero vaticano ha spiegato che “la corruzione è alla radice anche di povertà e sottosviluppo. La sua negatività, prima ancora di distogliere risorse alla crescita e pesare sul sistema con costi molto pesanti, consiste nel fatto che essa contribuisce a creare un contesto etico, sociale e culturale di freno allo sviluppo”.

“La dottrina sociale della Chiesa – ha continuato – crede nell’economia e le affida un grande ruolo nello sviluppo umano; contemporaneamente crede che il vero sviluppo sia frutto di un’economia ‘pulita’ e che l’attività imprenditoriale richieda per propria natura delle virtù che contraddicono la corruzione: la diligenza, la laboriosità, la prudenza nell’assumere i ragionevoli rischi, l’affidabilità e la fedeltà nei rapporti interpersonali, la fortezza nell’esecuzione di decisioni difficili e dolorose, ma necessarie”.

Monsignor Crepaldi ha anche spiegato come la corruzione rovini e distorca il mercato: “I mercati dominati dalla corruzione favoriscono gli operatori meno capaci; nei mercati corrotti prevalgono le rendite parassitarie; i mercati non possono sussistere senza la presenza di regole scritte e non scritte, che di fatto la corruzione invece elimina; il mercato non vive senza una circolazione di informazioni, che invece la corruzione inquina; un mercato distorto dalla corruzione impedisce l’ingresso di nuove imprese; la corruzione si alimenta di eccessi di burocrazia che frenano la dinamicità dei mercati; la connessione tra economia e politica, con la partecipazione di uomini politici ai consigli di amministrazione delle imprese, alimenta la corruzione e frena contemporaneamente l’efficienza produttiva ed economica”.

“Per la lotta alla corruzione servono mercati aperti ma regolati, sia giuridicamente che moralmente”, ha denunciato.

Nel salutare gli studiosi ed esperti di alto livello internazionale partecipanti alla Conferenza, il Presidente di Giustizia e Pace, il Cardinale Martino, ha affermato che il dicastero “si impegnerà a fare tesoro di quanto emerso, preparando a questo scopo un testo ‘ragionato’ in cui verranno messi in risalto i risultati più significativi e più consolidati circa il fenomeno della corruzione e le linee più mature e illuminanti per combatterlo con efficacia e governarlo con decisione”.

Il porporato ha indicato i punti che costituiranno la traccia essenziale di questo testo: 1) il fenomeno della corruzione sfida prima di tutto la nostra intelligenza. Deve essere continuamente studiato e attentamente monitorato nelle sue cause e nei suoi effetti. Per governarlo adeguatamente bisogna capirlo adeguatamente.

2) La corruzione sfida la nostra volontà di bene e la nostra responsabilità verso le presenti e future generazioni. Tutti, ognuno per la sua parte di responsabilità, devono dare il proprio contributo: singoli, soggetti organizzati, Istituzioni nazionali, Organizzazioni internazionali.

3) Il fenomeno della corruzione sfida la Chiesa e la lotta alla corruzione deve impegnare la Chiesa.

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ZENIT Staff

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