Elena Frassinetti – Soffrire la Passione di Cristo per i preti

La testimonianza di vita di Elena Frassinetti

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di Piero Gheddo

ROMA, venerdì, 16 dicembre 2011 (ZENIT.org).- Il Vangelo è la “Buona Notizia”, una vita secondo il Vangelo rallegra il cuore ed evangelizza chi viene a conoscerla. Per questo ne scrivo. Il 13 dicembre 2011 sono stato a Genova per il funerale di Elena Frassinetti (1919-2011), religiosa delle Figlie del Cuore di Maria (nate a Parigi nel 1792 durante la Rivoluzione francese), che viveva la sua vocazione in famiglia. Figlia di un dirigente della compagnia di navigazione Costa, con la sorella Rosetta (1916-2006) avevano avuto in casa e nella vicina parrocchia un’educazione profondamente religiosa. Due donne veramente casa e chiesa. Non si erano sposate, hanno dedicato tutta la vita alla famiglia (assistendo a lungo padre, zio e mamma), alla Chiesa e al prossimo, in un severo regime di austerità. Le ho conosciute il 15 agosto 1982 nella giornata missionaria per il lebbrosario di Marituba in Amazzonia nella loro parrocchia del Carignano a Genova e le ho sempre frequentate. Non avevano frigorifero né radio né lavatrice, né televisione. Erano abbonate ad “Avvenire”, al settimanale diocesano di Genova e a qualche rivista religiosa. Il grande appartamento non aveva nemmeno l’impianto di riscaldamento. D’inverno vivevano in cucina, andavano a letto con la borsa dell’acqua calda. Dicevano che la mortificazione è uno dei pilastri della vita cristiana. Portando a loro “Mondo e Missione” e i miei libri, le avevo aperte al mondo missionario. La “scoperta” della Chiesa missionaria era stata per loro l’inizio di una nuova vita.

Vivevano ritirate, hanno sempre aiutato la loro parrocchia del Sacro Cuore e di S. Giacomo, i poveri, a volte anche la Curia diocesana. Rosetta era capace di fare i conti, andava negli uffici a sbrigare faccende burocratiche; e come infermiera assisteva gli ammalati che si rivolgevano a lei. Elena faceva il catechismo e ricordava spesso i preti genovesi che aveva avuto suoi alunni. Ma di Elena ricordo soprattutto che da giovane religiosa aveva chiesto a Dio la Grazia di poter soffrire la Passione di Gesù per i preti e le suore in difficoltà e il Signore l’ha presa in parola. Soprattutto negli ultimi 6-7 anni ha sofferto dolori fortissimi alla schiena e al bacino: una vertebra si era spostata per un sforzo eccessivo nell’alzare Rosetta da terra. Elena camminava tutta storta, poi in un girello sostenuta dalle stampelle e infine non poteva assolutamente stare in piedi e nemmeno seduta. Aveva un’anemia fortissima e in settembre è stata ricoverata in ospedale, gli intestini si sono bloccati e non poteva essere operata. L’hanno rimandata a casa perché dicevano: “Non dura tanto”. In casa, nel suo letto, è cominciata una vera Via Crucis durata più di due mesi, con dolori lancinanti giorno e notte. Morfina e altri anti-dolorifici non le facevano più nulla, i medici stessi si stupivano di questo. Nutrita con flebo,  non poteva mangiare nè bere nulla. Nelle ultime settimane le si era bloccata la mano destra, poi anche la mano e il braccio sinistro. Tutti i giorni riceveva l’Eucarestia, alla fine solo un frammento.

La badante bulgara, signora Elsa (“Una mia figlia non potrebbe fare di più per me”, diceva Elena), che la accudiva dal 2006 ha detto: “E’ morta molto serena e anche nella morte ha conservato un sorriso sul volto. Il giorno prima di morire le avevo detto che pregavamo perché potesse per Natale incontrare la sua sorella Rosetta, il papà e la mamma. E lei ha fatto un bel sorriso, era contenta di questo”.

Suor Rita delle Figlie del Cuore di Maria, infermiera in vari paesi africani, ha conosciuto Elena nel 2004 quando è andata a Genova nella casa della sua congregazione. Mi dice: “Elena mi ha detto che quand’era giovane aveva chiesto al Signore di renderla degna della sofferenza. Questo mi ha colpito. E mi confidava: ho offerto la mia vita e ho chiesto al Signore di soffrire la Passione di Cristo per i sacerdoti e i religiosi in difficoltà”. Anche a me Elena ha raccontato spesso la storia di questa sua richiesta a Dio. Quando andavo a trovarla, le portavo l’Eucarestia e passavamo più d’un’ora nella sala, pregando e riflettendo assieme sul mistero della Croce. Verso la fine diceva: “Il Signore mi ha presa in parola, soffro con Lui sulla Croce e lo faccio volentieri per i sacerdoti e i religiosi in crisi”. Negli ultimi tempi, per telefono diceva: “Piero, prega il Signore che venga a prendermi presto!”. Cara Elena, ora che sei in Paradiso, è bene che si conosca il tuo modo di aiutare la Chiesa e i suoi consacrati. I buoni esempi sono Vangelo vissuto ed evangelizzano.

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ZENIT Staff

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