Egitto: "La Chiesa non giustifica mai la pena capitale”

Il vescovo copto cattolico di Assiut interviene sulla condanna a morte per l’ex presidente Mohamed Morsi

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Sta suscitando forti reazioni in Egitto ma anche in altri Paesi, a partire dalla Turchia, la condanna a morte dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi. A guidare proteste e a minacciare ritorsioni per la sentenza considerata “ingiusta” sono i Fratelli Musulmani, l’organizzazione islamista a cui apparteneva l’ex capo di Stato deposto nel giugno 2013 dopo che aveva raggiunto democraticamente il potere un anno prima. 

“La reazione degli islamisti – riferisce a Fides Anba Kyrillos William, vescovo copto cattolico di Assiut – ha già assunto connotati violenti. Mentre sembra che tra la popolazione prevalga l’appoggio alla sentenza. Il popolo non ha dimenticato le sofferenze patite quando Morsi era presidente. Adesso si attende il pronunciamento del Gran Mufti di al Azhar, che il prossimo 2 giugno potrà confermare la sentenza o chiedere che la condanna stabilita sia mutata in altre pene meno gravi, come la detenzione a vita”.

La pena capitale comminata a Morsi interpella anche le coscienze dei cristiani egiziani, sottolinea il presule: “La Chiesa rispetta l’indipendenza del potere giudiziario, ma ritiene che la vita sia un bene inviolabile in ogni caso, e rimane contraria alla pena di morte. Sta di fatto che questo tipo di condanna è ancora contemplato nell’ordinamento giuridico egiziano”. 

Al riguardo, Anba Kyrillos riferisce all’agenzia un episodio emblematico: “Ricordo che quando l’ex presidente Hosni Mubarak era stato condannato all’ergastolo, i Fratelli Musulmani, allora al potere, chiedevano un nuovo processo perchè fosse condannato a morte. Ricordo la moglie di un ministro che era venuta da noi per un incontro, e poi aveva visitato le suore di Madre Teresa e aveva chiesto loro cosa pensavano di quella questione. Loro le parlarono della compassione che suggerisce di accantonare la pena capitale in ogni occasione, e dicendo questo fecero molto arrabbiare la moglie del ministro. Secondo lei, Mubarak doveva pagare con la vita le cose gravi che aveva commesso”.

“In quell’occasione – conclude il vescovo copto – ho potuto toccare con mano la differenza tra lo sguardo cristiano, che accoglie i criteri della misericordia e della compassione anche nella prassi giudiziaria, e una mentalità che potrei definire ‘vetero-testamentaria’, dove vige solo la logica dell’occhio per occhio, dente per dente”.  

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ZENIT Staff

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