Egitto: i cristiani hanno ancora paura

Dopo l’intervento dell’esercito egiziano, i cristiani temono le rivendicazioni dei sostenitori dell’ex presidente Morsi

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«Non vogliamo uno stato islamico, ma una repubblica democratica, moderna e costituzionale. Cristiani e musulmani devono avere pari diritti, basati sulla cittadinanza». È questa la posizione dell’Università di Al Azhar, espressa ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da Mahmoud Azab, consigliere del Grand Imam Ahmed Al-Tayeb per il dialogo interreligioso.

L’esponente della massima autorità sunnita respinge tuttavia l’ipotesi – «inapplicabile in questo Paese» – di adottare un secolarismo di stampo francese, con una netta separazione tra la sfera politica e quella religiosa. «Le questioni concernenti il diritto privato, ad esempio, dovranno essere regolate dalla sharia per i musulmani e in base ai precetti della loro Chiesa per i cristiani. Ovviamente escludendo qualsiasi interpretazione fondamentalista della legge coranica».

Anche il patriarca copto cattolico, Ibrahim Isaac Sidrak, è convinto dell’impraticabilità del modello transalpino. «Spero che il nuovo governo garantisca pari diritti ad ogni cittadino – dichiara ad ACS – Ma non dobbiamo dimenticare che il nostro è un Paese dominato dalla religione, in cui la popolazione è composta quasi interamente da fedeli musulmani e copto ortodossi».

Parlando dell’ex presidente, la guida della comunità cattolica egiziana nota come Morsi non fosse adatto a ricoprire l’incarico assegnatogli, soprattutto perché incapace di prendere decisioni autonome. «Non era realmente a capo del Paese. Si limitava unicamente a seguire le istruzioni impartite dalla guida generale dei fratelli musulmani, Muhammad Badī, e da altri esponenti della Fratellanza».

Il patriarca definisce quindi la deposizione di Morsi «a metà tra il colpo di stato e una seconda rivoluzione», sottolineando come l’esercito non abbia preso il potere, ma semplicemente risposto alla richiesta d’aiuto di cittadini desiderosi di cambiamento. «Fortunatamente le forze armate sono dalla nostra parte, diversamente da quanto accade in Siria».

L’opinione del vescovo copto ortodosso Thomas, pastore di Qussia e Mair nell’Alto Egitto, non si discosta molto da quella di Sua Beatitudine. «Siamo felici che l’esercito abbia preso il controllo – commenta – I cristiani hanno sofferto molto durante la presidenza dei Fratelli musulmani». Come altri leader delle Chiese cristiane, il presule ortodosso fa notare che nell’ultimo anno sono nettamente aumentati sia gli attacchi anti-cristiani sia le accuse di blasfemia. «La polizia non ci ha mai protetto, né ha cercato di assicurare i colpevoli alla giustizia. Ma ancor più grave è il fatto che tali crimini avessero il consenso dei Fratelli musulmani».

Dopo l’intervento dell’esercito egiziano, i cristiani temono le rivendicazioni dei sostenitori dell’ex presidente. «Siamo molto preoccupati – racconta un fedele della Chiesa francescana di San Giuseppe al Cairo – non sappiamo cosa stiano progettando gli estremisti islamici. Ci incolpano della caduta di Morsi. In realtà erano in molti a volersi sbarazzare di lui, non soltanto noi cristiani».

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ZENIT Staff

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