Edith Stein: testimone nella vita, santa nella morte

Oggi la memoria liturgica della Santa ebrea, compatrona d’Europa, morta 70 anni fa nel campo di sterminio di Auschwitz

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di Salvatore Cernuzio 

ROMA, giovedì, 9 agosto 2012 (ZENIT.org) – “Ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo”.

Furono queste le parole pronunciate da Giovanni Paolo II, il 1° maggio 1987 a Colonia, in occasione della beatificazione di Edith Stein, monaca e martire, morta ad Auschwitz il 9 agosto 1942, proclamata Santa nel 1998.

Suor Teresa Benedetta della Croce, questo il suo nome da consacrata, fu “una personalità che portò nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano” disse il Beato Wojtyla nel medesimo discorso. Allo stesso tempo, fu “la sintesi di una verità piena al di sopra dell’uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato, fino a quando finalmente trovò pace in Dio”.

Edith Stein nacque a Breslavia, il 12 ottobre 1891, undicesima figlia di genitori ebrei. Allevata nei valori della religione israelitica, a 14 anni abbandonò la fede e divenne atea. Studiò filosofia a Gottinga, diventando discepola e assistente di Edmund Husserl, fondatore della scuola fenomenologica, e guadagnandosi la fama di brillante filosofa.

Nel 1921 si convertì al cattolicesimo. Ad influenzare tale scelta fu la lettura della biografia di Santa Teresa. Dopo aver letto tutta la notte, chiuse il libro e si disse: “Questa è la verità”. Si battezzò il 1° gennaio 1922 e, nello stesso anno, ricevette la cresima. Desiderò da subito entrare a far parte delle monache carmelitane, ma il suo padre spirituale le impedì in un primo momento questa scelta.

Insegnò per otto anni a Speyer, fino al 1932, anno in cui fu chiamata ad insegnare all’Istituto pedagogico di Münster in Westfalia, ma la sua attività si interruppe a causa delle leggi razziali.

Nell’ottobre del ‘33, entrò come postulante nel monastero delle Carmelitane di Colonia, non per fuggire, ma per soddisfare un desiderio accarezzato da lungo tempo. Dopo qualche mese, si celebrò la cerimonia della sua vestizione. Da quel momento porterà il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce.

Nel novembre del ‘38 l’odio nazista raggiunse il suo culmine. La Madre Priora delle Carmelitane di Colonia fece il possibile per portare Edith all’estero. La notte di capodanno del ’38, infatti, fu trasferita nel monastero delle Carmelitane di Echt, in Olanda. Lì scrisse: “Già ora accetto con gioia, in completa sottomissione e secondo la Sua santissima volontà, la morte che Iddio mi ha destinato”.

Nonostante le si presentò più volte la possibilità di fuggire, (tra cui l’offerta di una cattedra universitaria in America Latina), rifiutò sempre, per abbracciare totalmente quel disegno di Verità che Dio aveva riservato alla sua vita.

La sua priora confermerà nella deposizione: “Avrebbe potuto benissimo scomparire in un convento su una isola della Frisia, ma rifiutò di farlo perché non voleva sfuggire neanche all’ingiusta persecuzione per vie torte”.

Il 2 agosto del 1942 la Gestapo, strappò dal monastero Edith e sua sorella Rosa, anch’ella battezzata nella Chiesa cattolica e prestante servizio presso le Carmelitane di Echt.

Nelle sue riflessioni Edith scrisse: “Che gli esseri umani potessero arrivare ad essere così, non l’ho mai saputo e che le mie sorelle e i miei fratelli dovessero soffrire così, anche questo non l’ho veramente saputo … in ogni ora prego per loro. Che oda Dio la mia preghiera? Con certezza però ode i loro lamenti”.

Condotta con la sorella nel Lager di Amersfoot, lì si raccolse intorno a lei una piccola comunità religiosa che pregava insieme il Santo Rosario. Edith, calma, non nervosa, con la stella ebraica sul suo abito, “veniva spontaneamente considerata come la loro superiora, perché traspariva in lei una forza soprannaturale” raccontano alcuni testimoni.

Anche in quei drammatici momenti, infatti, Edith non perse la sua statura morale. Diceva infatti: “Il mondo è formato da contrasti, ma alla fine rimarrà solo il grande amore. Come potrebbe essere diversamente?”.

Dopo il ‘transito’ nel campo di raccolta di Westerbork, vicino a Assen, nell’Olanda nordorientale, all’alba del 7 agosto, Edith e la sorella partirono con un carico di 987 ebrei in direzione Auschwitz.

Due giorni dopo, il 9 agosto, Suor Teresa Benedetta della Croce morì in una delle camere a gas del campo di sterminio.

Salì agli onori degli altari il 1° maggio del 1987, nel Duomo di Colonia. Con la sua beatificazione la Chiesa volle onorare: “una figlia d’Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede ed amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica, ed al suo popolo quale ebrea” come dichiarò il Beato Wojtyla.

Sempre Giovanni Paolo II la canonizzò, poi, l’11 ottobre 1998, e l’anno successivo, sempre per sua volontà la dichiarò Compatrona d’Europa insieme a S.Caterina da Siena e S.Brigida di Svezia.

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ZENIT Staff

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