"Ecco perché non posso tacere"

Una storia toccante svela l’impegno concreto del card. Carlo Caffarra a favore della vita, che dice: “Ferire l’uomo è rendere vana la Croce”

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“Si sta gradualmente introducendo nella nostra convivenza unavisione dell’uomo che erode e devasta i fondamentali della persona umana come tale. Non è di condotte ciò di cui stiamo discutendo. È la persona umana come tale che è in pericolo, poiché si stanno ridefinendo artificialmente i vissuti umani fondamentali: il rapporto uomo-donna; la maternità e la paternità; la dignità e i diritti del bambino”. Lo scrive il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, in un appello ai fedeli, Perché non posso tacere, pubblicato su Bologna Sette, settimanale diocesano del quotidiano Avvenire. “Sono in questione le relazioni fondamentali che strutturano la persona umana”, aggiunge il porporato.

“I fatti accaduti in questi giorni – spiega – mi costringono in coscienza a dirvi alcune parole. Essi sono noti ai più. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la proibizione della fecondazione umana eterologa. Un Tribunale ha riconosciuto la così detta maternità surrogata, cioè l’utero in affitto. Un altro Tribunale della Repubblica ha imposto all’anagrafe di un Municipio di trascrivere un matrimonio (si fa per dire) omosessuale. Questi i fatti. Ciò che come uomo, come cristiano e come vostro pastore mi coinvolge profondamente non sono i comportamenti corrispondenti a quelle decisioni. Non mi interessa l’aspetto etico della cosa, e non è di temi etici che parlo. Purtroppo la questione è molto più profonda. È una questione antropologica”.

“Carissimi fedeli – conclude l’appello dell’arcivescovo – entriamo nella Settimana Santa. Perché Dio si è fatto uomo? Perché è morto crocifisso? Non c’è che una risposta: perché ricco di misericordia, ha amato perdutamente l’uomo. Ogni volta che ferisci l’uomo; che lo depredi della sua umanità, tu ferisci il Dio-uomo. Tu neghi il fatto cristiano. Ecco perché non ho potuto tacere. Perché non sia resa vana la Croce di Cristo”.

Il tema, del resto, è molto caro al cardinal Caffarra. Giovanni Paolo II lo volle come primo preside dell’Istituto di studi su matrimonio e famiglia. Un ruolo che l’arcivescovo ha ricoperto lasciandosi coinvolgere dalle situazioni concrete. La Bussola Quotidiana riporta la vicenda di Giacomo, un bambino vissuto 19 ore, 4 minuti e 12 secondi. Al terzo mese di gravidanza, dopo un’ecografia, i medici riferiscono ai genitori del piccolo che sarebbe nato anencefalico, ossia senza scatola cranica. Possibilità di sopravvivenza: zero per cento.

La mamma, Natascia, chiede così un incontro al card. Caffarra, arcivescovo della sua città, che la accoglie. La donna, che già undici anni prima aveva perso una figlia per gli stessi motivi, gli rivolge le sue domande piene d’angoscia, le sue paure. Il cardinale non si sottrae al confronto e, in modo schietto, fornisce risposte. Soprattutto, offre un supporto, prendendo Natascia e suo marito per mano e conducendoli sino al Santuario della Madonna di San Luca, per chiedere un aiuto “dall’alto”.

Un confronto che è servito a Natascia e a suo marito per rifare quella “pazzia” – per dirla come quei medici che avevano consigliato alla donna di abortire – di undici anni prima, ossia far nascere Giacomo. Che senso ha avuto tutto questo? La risposta l’ha data la stessa Natascia in un’intervista al quotidiano bolognese Il Resto del Carlino. “Da due anni – racconta – anche il matrimonio andava così così, tutto era diventata un incastro di cose, la famiglia, il lavoro, i bambini. Così la vita la sciupi, la sopporti. Abbiamo ripreso ad amare la realtà. Le 19 ore di Giacomo hanno inciso più dei miei 40 anni di vita”.

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Federico Cenci

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