Ecco come si insidia la fede utilizzando la Bibbia

Senza una fede ben fondata, si può divenire facile vittima di astuti “proclamatori”

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Come si vede, ZENIT ci offre continuamente uno spaccato consolante, oltre che delle notizie tristi e problematiche, anche delle mille lodevoli iniziative che si fanno a livello catechetico e pastorale. Con a capo Papa Francesco tutti gli operatori pastorali si ingegnano per risvegliare, confortare, incoraggiare la fede dei credenti mostrandone la bellezza e l’utilità, anche sociale, al mondo laico. Si sente parlare di fede predicata, celebrata, pregata, vissuta ecc… e frutti se ne colgono.

Ma i “segni dei tempi” comportano un discernimento e una cura anche per la “fede fondata”! Nel senso di dover rifondare una fede non per chi l’ha accantonata (come è della maggioranza qui in Italia) ma per chi l’ha perduta per miscredenza o per accoglienza di fedi alternative, e infine anche per chi si è risoluto per l’ateismo (che è anch’esso una forma di fede nell’umanità quando non è contro di essa come il satanismo), un ateismo sia teorico che pratico.

Stiamo dicendo che il problema pastorale di cui si occupa strettamente il GRIS (per chi lo sentisse per la prima volta l’acronimo significa Gruppo di Ricerca e di Informazione Socio-religiosa, già “sulle Sette”) è quello del dare ragione – e una ragione decente che non sia fideistico-fanatica! – della fede cattolica, come esortò a fare sin dagli inizi San Pietro (cf  1Pietro 3,15).

Ovvero può capitare che cattolici di grande fede vissuta (che tecnicamente si chiama Fides QUA Creditur, la fede secondo la quale si vive) non sia ben equipaggiata quando a fede creduta (che tecnicamente si chiama Fides QUAE Creditur, cioè ai contenuti della fede che si credono, con tanto di perché apologetici e teologici fondanti). E’ ovvio che il credente D.O.C. avrà sia l’una che l’altra a livello adulto ed eccellente, ivi compresa la fattiva testimonianza e l’impegno apostolico. Ma di solito si dà una discrasia nell’armonico sviluppo di questi due aspetti della fede, come catechisticamente si usa dire in rapporto alla cultura umana e religiosa, paragonate alle gambe. L’uomo che ha sviluppato più la prima che la seconda zoppicherà sempre nei suoi criteri etici e di comprensione nella fede, pretendendo di… indossare da adulto ancora il vestitino della prima comunione.

Per essere più espliciti, la Fides QUA creditur è quella che si nota in una persona che è buona, prega molto, eccelle in virtù, fa molta carità, si impegna nell’apostolato, resta affascinata dai carismi ecc… Di essa si esclama: “Quella persona sì che ha una grande fede!” La Fides QUAE creditur invece consiste nell’approfondire i misteri del credo, progredire dalla catechesi kerigmatica alla teologia, scoprire l’interconnessione armonica delle varie verità di fede, saper insegnare la fede con tanto di collegamento con la ragione, affascinarsi per quel provvidenziale aspetto della fede rappresentato dal Magistero e dall’apologetica che ne difende ed espone ai “laici” il fondamento ecc…

Quale delle due è preferibile? Quelli che stanno per il cuore, il trasporto emotivo, diranno certamente la prima! I convertiti invece, che hanno scoperto la fede da adulti – senza trascurare la prima che anzi divengono bombe di apostolato! – propenderanno (in genere, ma vi sono eccezioni) per la seconda. Essi sono stati affascinati dal fattore “verità” ed infatti sono i più adatti per fare apologetica; per rispondere con proprietà a chi con estrema superficialità e senza sapere ciò che dice, ripete l’equazione cristiani=cretini. La verità è che ci vogliono entrambe, così come ci insegnano sia S. Agostino che S. Tommaso che passavano dal “video ut credam”, impegnando al massimo la ragione critica, al “tardi ti amai…” e all’Adoro Te devote, che poi è una forma (come lo è la mistica) del “credo ut videam”.

Certo è che le “ragioni della speranza che è in noi” e della fede su cui poggia quella speranza, non sono tali se sono un bis dell’atto di fede. E l’adulto che, sempre più entusiasta della gratificante Fides QUA, di cui offre anche testimonianza eroica, rischia a chi gli chiede le credenziali del suo Credo di rispondere contraddittoriamente: “La fede non ha bisogno di ragioni, io ci credo perché ho fede! Chi ha fede non chiede ragioni, e per chi non ha fede nessuna ragione può aiutarlo o peggio determinarlo a credere!” Cosi facendo risponde non distinguendo la fede-dottrina che è dono di Dio, con tanto di aiuto soprannaturale per aderirvi, cioè la Fides QUAE di cui egli è parzialmente carente, dalla fede- risposta dell’uomo che è atto di virtù, che è la Fides QUA di cui egli abbonda.

Un grande aiuto per rivedere critica-mente questa posizione tautologica (che filosoficamente si chiama petitio principii) ci viene da Nietzsche che a un credente siffatto obietterebbe: “Gentile signore guardi che la sua testimonianza mi dice solo che lei crede a ciò che dice, ma non che è vero ciò in cui lei crede.” E gli farebbe da conferma esperienziale il fatto che di regola ogni credente in qualsiasi tipo di fede dà testimonianza della propria fede, e alcuni lo fanno fino a sopportare il martirio! Il che obbliga a dedurre che si può avere una Fides QUA formidabile ma fondata su una Fides QUAE, in un Credo non vero perché non ne sono stati esaminati i motivi di credibilità.

L’apostolato del GRIS ha la sua specificità proprio nell’analizzare critica-mente (e, si badi, anche per fondare sulla roccia la fede cattolica di se stessi, dei propri figli, nipoti, amici e di “laici” che ce ne chiedessero le ragioni!) i fondamenti ragionevoli della propria fede. Quei criteri che sono a monte cioè di ogni fede, che la precedono (e una volta fondata la difendono; ma nel senso che difendono le persone insidiate da proposte diverse!) che sono i discorsi previi, preamboli della Fede come ad es. il modo di accertare l’identità della voce rivelante. E, così come si analizzano con rigore le credenziali della propria fede (cf l’esplicito richiamo di Pietro in Atti 2,22) così si esige che chi ci presenta una fede alternativa ad essa faccia altrettanto, altrimenti ci sta proponendo un fideismo, basato su testimonianza, emotività, gratificazione personale, fascino di promesse e quant’altro che può indurci a bypassare le esigenze della verifica e indirizzarci vergo miraggi inconsistenti.

Tutto questo è ciò che si verifica appunto con il fenomeno delle Sètte e dei Movimenti Religiosi Alternativi (MRA). Lavorìo critico, apologetico che non va equivocato né visto come antagonista al sacrosanto dialogo in favore dell’ecumenismo (ricerca della ricomposizione dell’unità tra cristiani) o interreligioso (ricerca di ciò che unisce i credenti in Dio).

E terminiano allora con qualche esemplificazione spicciola di come, senza una fede ben fondata, ovvero senza farla minimamente dipendere dalla ragione che al minimo dovrebbe essere chiamata in causa per discernere che essa è migliore e più sicura di altre proposte deficitarie, quando non incredibili – senza quella che si potrebbe definire semplicemente una fede adulta, fatta di fede e ragione in sinergia, come si raccomandò che fosse con una enciclica Giovanni Paolo II,; senza una fede così che non ha curato il livello intellettuale, né alcun accertamento, si può divenire facile vittima di astuti “proclamatori” che:

–          ti propongono di sentire cosa dice Dio in certi versetti biblici; ma tu non sai né che ve ne sono di altri complementari che ne correggono l’interpretazione, o peggio non sai che la Bibbi
a che ti fanno leggere è tradotta male a bella posta;

–          ti propongono di farti un corso biblico, privatamente e gratuito a casa; ma tu non sai che proprio questa solitudine di te inesperto davanti a uno addestrato ad ingannare è ciò che ti farà venire dubbi sulla tua fede;

–          ti fanno leggere la Bibbia chiedendoti: vedi? Che capisci? Non è vero che dice così?… E’ vero o no che i preti non te le hanno mai dette queste cose? ecc; e tu non sai che stai leggendo un libro antichissimo che propone la verità utilizzando generi letterari che se non sono presi per quello che sono ti fanno travisare il pensiero; senza dire del disastro che faresti non tenendo conto del linguaggio figurativo fatto di metafore, paradossi, iperboli, parabole, similitudini, e altro di cui la Bibbia abbonda; oppure prendi per messaggio divino, assoluto e perenne, ciò che va inquadrato come cultura del tempo dell’agiografo, con tutte le limitazioni di conoscenze storiche, geografiche, scientifiche ecc…

Insomma, se non sei, oltre che credente, anche “culturalmente difeso” sia con un buon bagaglio critico per analizzare ed essere prudente, sia biblico, conoscendo le regole di un buon approccio alla Bibbia, sei una persona a rischio. Soprattutto lo sarai se, spinto dal tuo risentimento contro chi – così ti si fa credere – vorrebbe monopolizzare la Bibbia per sé, non capisci che la Bibbia può sì essere letta da tutti, ma solo a livello spirituale e ascetico (e solo utilizzando certe pagine). Per indagare sul resto ci vuole una preparazione seria, e per essere esegeta salire a un corso pluriennale di livello universitario.

Ciò detto come invito alla prudenza. Informiamo che i nostri commenti su “La Fede Insidiata” riprenderanno a settembre. Buone ferie a tutti.

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Sandro Leoni

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