E' vero che i sacerdoti devono essere imberbi?

Il Codice di Diritto Canonico del 1983 non afferma nulla in merito a barba o capelli

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Nella sua rubrica settimanale di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi ad una domanda mandata da un lettore in Tanzania.

Ho sentito dire che la Chiesa vieta ai sacerdoti di portare la barba. Penso che sia una norma del Diritto Canonico ma i padri cappuccini ce l’hanno e anche alcuni sacerdoti diocesani la portano. Non è una violazione della disciplina ecclesiastica? Inoltre, ho letto alcuni brani di Dottori della Chiesa inneggianti alla bellezza della barba, fra cui Sant’Agostino che scrive: “la barba indica i giovani, gli strenui, le persone attive, gli uomini virili”. Così rimango doppiamente confuso. Ci dovrebbe essere una chiara legge ecclesiastica. Chiedo scusa per la mia domanda, che forse non è così importante per la nostra fede, ma potrebbe avere un impatto sulla vocazione dei giovani ai quali piace o non piace la barba! — P.B., Iringa, Tanzania

Innanzitutto, attualmente non sussiste alcuna legge canonica che proibisca ai sacerdoti di portare la barba, quindi il nostro lettore può stare tranquillo per quanto riguarda la legittimità della pratica.

Rispetto alle leggi locali invece ci sono alcuni ordini religiosi che raccomandano ai loro membri di radersi la barba o, al contrario, di farsi crescere la barba.

Ci sono inoltre alcune Chiese cattoliche di rito orientale, nelle quali per tradizione viene chiesto ai sacerdoti di portare la barba. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 prescriveva ai chierici un taglio semplice dei capelli (can. 136.1 ), senza proibire in modo esplicito di portare la barba, ma molti vescovi applicarono la legge in modo restrittivo. Il Codice del 1983 stabilisce solo che i chierici devono portare “un abito ecclesiastico decoroso” e non dice nulla circa barba o capelli.

Mentre nel cristianesimo orientale i chierici portavano abitualmente la barba in segno di mascolinità e per altri motivi spirituali, nella Chiesa latina si sviluppò un’altra usanza. Una delle prime leggi in materia fu un decreto intorno all’anno 503 originario da Cartagine o dalla Francia meridionale. Il testo in questione proibì ai membri del clero di lasciar crescere liberamente barba e capelli. Non era quindi un divieto assoluto, ma condannava la loro lunghezza eccessiva. Forme di legislazione simile a questo decreto rimasero in vigore per tutto il Medioevo, talvolta persino sotto pena di scomunica. Qualche volta un chierico venne anche rasato con la forza per ordine dei suoi superiori.

Tuttavia, l’espressione “coltivare la barba” (barbam nutrire), che veniva usata nella legge, lasciò qualche margine di interpretazione, e nei secoli XVI e XVII era considerata come compatibile con una barba corta e più tardi con la barba in sé.

Infatti, alcuni Papi e vescovi dell’epoca portarono la barba. Il primo fu papa Giulio II, che la portò temporaneamente in segno di lutto per la perdita di Bologna nel 1511-12. In seguito papa Clemente VII fece la stessa cosa, quando dovette rifugiarsi a Castel Sant’Angelo durante il sacco di Roma nel 1527 e che, a differenza di Giulio II, se la tenne per il resto della sua vita. Tutti i Papi successivi, fino alla fine del pontificato di Innocenzo XII, morto a Roma il 27 settembre 1700, ebbero la barba. Dopo di lui, non c’è stato più alcun Papa con la barba.

Anche molti grandi santi di quel periodo avevano la barba. Basti pensare, ad esempio, a Sant’Ignazio di Loyola e a San Francesco di Sales, nonché alla figura straordinaria di San Filippo Neri, di cui si narra che una volta si fece radere la barba a metà, per essere deriso e umiliato dalla gente.

Non tutti erano d’accordo con questa nuova tendenza. Nel 1576 San Carlo Borromeo scrisse una lettera pastorale al clero sull’importanza di radersi, ma non ebbe molto successo. Ma alla fine si impose nuovamente la disciplina più antica e dalla fine del XVII secolo, fino a pochi decenni fa il clero cattolico di rito latino, con alcune eccezioni, come i padri cappuccini, era generalmente imberbe.

Tra i motivi apportati per giustificare la consuetudine latina, alcuni erano piuttosto fantasiosi, altri invece pratici e ancora altri di natura ascetica.

Ad esempio, nel XIII secolo Durandus (o Guillaume Durand) scrive che “la lunghezza dei capelli è simbolica della moltitudine dei peccati. Quindi chierici sono ordinati di radersi la barba, poiché il tagliare dei peli della barba, di cui si dice che vengano nutriti dagli umori superflui dello stomaco, indica che dovremmo recidere i vizi e i peccati, che sono una crescita superflua in noi. Perciò ci radiamo la barba affinché possiamo apparire purificati dall’innocenza e dall’umiltà e possiamo essere come gli angeli che rimangono sempre nel fiore della gioventù” (Rationale divinorum officiorum, II, lib. XXXII).

Un motivo pratico per radersi la barba era evitare che i peli del labbro superiore potessero impedire di bere il calice con la dovuta riverenza. Eppure nessuno ha suggerito che quei religiosi la cui regola prevede la barba in segno di penitenza fossero in qualche modo meno riverenti.

Tra i motivi ascetici, infine, c’era il fatto che la barba veniva considerata una concessione alla vanità e un mettersi in mostra. Ciò avveniva in particolare nei tempi e nei luoghi in cui barba e baffi molto curati erano il culmine della moda popolare e la loro cura richiedeva tempo e dedizione. Che i chierici snobbassero la moda del momento era un segno di austerità e di libertà da mondanità.

In altri tempi, come nella società occidentale di oggi, in cui la presenza o la mancanza di peli facciali è fondamentalmente una questione di scelta personale e non dettata dalla moda, c’è poco da obiettare contro sacerdoti che portano la barba. In altre società le cose potrebbero stare diversamente e bisogna quindi esaminare bene la situazione locale.

Pertanto, visto non c’è più una legge, i chierici possono portare la barba e molti lo fanno. Il principio alla base di tali leggi – cioè che i chierici devono essere decorosi nel presentarsi senza però cedere alle vanità e alle mode del momento – rimane però tuttora valido.

Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer

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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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