È umana una società senza amore?

La proiezione del film “The Giver – Il mondo di Jonas” ha suscitato un’animata discussione nella parrocchia di Beata Maria Vergine Immacolata sulla via Cassia

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Può esistere una società dove non si prova dolore, dove la povertà è vinta, dove le emozioni vengono cancellate, dove le nascite vengono selezionate, e le famiglie sono tutte adottive?

Un progetto di società di questo tipo è la base del film The Giver – il mondo di Jonas proiettato alla parrocchia Beata Maria Vergine Immacolata sulla via Cassia a Roma come parte di un cammino di cineforum.

La pellicola, diretta dal regista australiano Philip Noyce e sceneggiata da Michael Mitnick, è un film di genere drammatico-fantascientifico che ha fatto la sua prima comparsa nei cinema italiani nel mese di settembre dello scorso anno, senza però riscuotere un grande e immediato successo.

Ad eccezione di Meryl Streep, il film non conta su attori famosi, ciò nonostante, è stato svolto un grande lavoro, sommando delle buoni prestazioni da parte degli attori ad una già eccellente trama.

La trama, in gran parte molto fedele a quella del romanzo di Lois Lowry da cui è tratta, ci presenta un ragazzo di nome Jonas (nel libro dodicenne, nel film diciottenne) che vive in una società dove ogni cosa è stata predisposta per eliminare la sofferenza, il dolore e le complicazioni.

Le iniezioni quotidiane (per inibire le emozioni), il divieto di utilizzare parole dal significato troppo forte (come, ad esempio, “amare” e “odiare”) e centinaia di altre regole opprimono gli uomini, liberandoli dal dolore, ma togliendo loro la libertà di vivere: tutte queste restrizioni, infatti, non solo eliminano il male, ma anche cancellano la gioia e l’amore (basti pensare che la vera e propria famiglia, esaltazione di quanto meglio e peggio c’è nell’uomo, è abolita.

I bambini partoriti da donne anonime vengono “piazzati”, alla nascita, in delle “unità abitative”, composte generalmente da un uomo, una donna e due bambini.

Non esistono le differenze, non esistono i colori, né le piante, né gli animali, né la neve.  Nel giorno della “Cerimonia dei Dodici”, celebrata ogni anno, viene assegnato a ogni ragazzo che passa all’età adulta il compito che dovrà svolgere per tutta la vita.

Sin dalla nascita ogni bambino è stato osservato perché venisse scoperto il suo talento e trovato il lavoro giusto per lui. Ognuno sa già quale sarà il suo ruolo nelle società futura: tutti sanno cosa gli riesce meglio fare; ma non Jonas.

Lui viene inaspettatamente scelto come “ricevitore”: egli ha, in sostanza, il compito di ricevere le memorie della storia dell’umanità, di quando le cose erano diverse, dal precedente ricevitore, che adesso diventa quindi “il donatore” (The Giver in inglese).

In merito al suo addestramento, Jonas è esente da quasi tutte le regole, e ha anche la possibilità di non effettuare le iniezioni giornaliere. Il donatore, all’abitazione del quale Jonas si deve recare ogni giorno, gli trasmette ricordi toccandogli le braccia. Così Jonas conosce la neve, poi i colori, poi gli animali, la gioia e l’amore e comincia a capire che c’è qualcosa di più nella vita, qualcosa di grande e bello che lui vuole mostrare agli altri.

Una scelta tanto bizzarra quanto significativa ed efficace, che ha stupito molti, è stata quella di girare l’inizio del film in bianco e nero, per enfatizzare il fatto che i protagonisti vivono in una società indifferente e incolore dove la vita non ho sapore. Questo accentua sicuramente il contrasto tra il mondo vivo che Jonas inizia a conoscere grazie all’addestramento impartitogli dal donatore e il mondo morto  in cui vivono tutti gli altri.

Come sicuramente tutti coloro che lo hanno visto avranno notato, The Giver merita sicuramente di rifletterci sopra, ed è esattamente quello che hanno fatto i parrocchiani della chiesa della Beata Vergine Maria Immacolata.

Nel cineforum che si è svolto lo scorso sabato, sono stati proposti temi molto interessanti suggeriti dalla visione del film: Vale la pena vivere in un mondo come quello di Jonas?

Se noi avessimo la possibilità di eliminare tutto il dolore, anche a costo di cancellare la gioia, lo faremmo? 

Perché è preferibile vivere in un mondo pieno di dolore piuttosto che in una società “perfetta” ma disumana come quella del film? La realtà del film può essere paragonata a quella attuale, in cui si tenta di isolare l’individuo nel piacere personale e creare rapporti meno reali attraverso la mediazione di vari mezzi?

Insomma, The Giver – il mondo di Jonas è veramente un film che merita di essere visto.

Per l’interessante incontro i ragazzi hanno ringraziato il parroco padre Leonardo e la professoressa Ivana Quadrelli, che ha curato l’organizzazione del dibattito.

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Giovanni Paolo Magnaldi

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