È quando si compie la volontà di Dio, che la terra diventa Cielo

All’Udienza Generale, Benedetto XVI riflette sulla preghiera di Gesù nel Getsemani

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 1 febbraio 2012 (ZENIT.org) – La preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani segna un momento spartiacque nei Vangeli: con essa inizia la Passione di Nostro Signore. Di questo passaggio fondamentale, ha parlato stamattina papa Benedetto XVI durante l’Udienza Generale.

Come sottolineato dal Santo Padre, Gesù e i Dodici, dopo l’Ultima Cena, si avviano sul Monte degli Ulivi, cantando un inno (cfr. Mc 14,26) che probabilmente è l’hallel con cui gli ebrei ringraziano Dio della liberazione del loro popolo dalla schiavitù d’Egitto. Al tempo stesso, però, Gesù e i discepoli stanno invocando l’aiuto divino  “per le difficoltà e le minacce sempre nuove del presente”.

Una volta sul Getsemani, poi, per la prima volta, Gesù sente l’esigenza di non pregare da solo ma “invita Pietro, Giacomo e Giovanni a stargli più vicino”. Si tratta degli stessi apostoli, che hanno condiviso con il Maestro l’esperienza meravigliosa della Trasfigurazione (cfr. Mc 9,2-13).

È significativo che, proprio nel momento di massima vicinanza ai propri discepoli, Gesù stia vivendo il proprio dialogo con il Padre ai massimi livelli di intensità possibile. “Si direbbe, anzi – ha commentato il Pontefice – che soprattutto in quella notte nessuno possa veramente avvicinarsi al Figlio, che si presenta al Padre nella sua identità assolutamente unica, esclusiva”.

Cristo, all’inizio della sua Passione, ha però bisogno della vicinanza degli apostoli: si tratta di “una richiesta di solidarietà nel momento in cui sente approssimarsi la morte”, ma è anche “un invito ad ogni discepolo a seguirlo nel cammino della Croce”, ha osservato il Papa.

La frase “La mia anima è triste fino alla morte” (Mc 14,33-34), ha spiegato il Santo Padre, ha dei richiami veterotestamentari: anche Mosè (Nm 11,14-15) ed Elia (Re 19,4), infatti, vivono i loro momenti di sconforto e la loro richiesta di morire, sta a significare un affidamento totale nelle mani di Dio.

Non a caso, poco dopo, Gesù cade faccia a terra: una postura che “esprime l’obbedienza alla volontà del Padre, l’abbandonarsi con piena fiducia a Lui”. Chiede poi al Signore che passi quel calice, testimoniare un’angoscia non solo davanti alla morte imminente ma anche per “la terribile massa del male” che il Figlio di Dio “dovrà prendere su di Sé per superarlo, per privarlo di potere”.

Anche noi fedeli, seguendo l’esempio di Gesù nel Getsemani, dobbiamo essere “capaci di portare davanti a Dio le nostre fatiche, la sofferenza di certe situazioni, di certe giornate, l’impegno quotidiano di seguirlo, di essere cristiani”, ha esortato Benedetto XVI.

Quando Gesù esclama: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”, indica un rapporto di fiducia, tenerezza e abbandono verso il Padre (“Abbà”), la consapevolezza della sua onnipotenza ed infine l’obbedienza alla sua volontà.

Se da un lato, la ribellione di Adamo ed Eva al Creatore ha separato la volontà umana da quella divina, Gesù nel Getsemani prega il Padre per riconciliare queste due volontà, di modo che l’essere umano arrivi “alla sua vera altezza”, realizzando il desiderio di Adamo e di tutti noi “di essere completamente liberi”.

Il riallineamento della volontà umana con quella divina, ha osservato il Papa, permette la nascita del “vero uomo” e la sua redenzione.

Una spiegazione esauriente dell’agonia di Gesù nell’Orto del Getsemani è fornita dal Catechismo della Chiesa Cattolica, secondo il quale “Gesù porta a compimento il disegno d’amore del Padre e prende su di sé tutte le angosce dell’umanità, tutte le domande e le intercessioni della storia della salvezza” (n° 543).

Compiere la volontà di Dio per noi, ha proseguito il Santo Padre, significa riconoscere che “è nel ‘cielo’ dove si fa la volontà di Dio e che la ‘terra’ diventa ‘cielo’, luogo della presenza dell’amore, della bontà, della verità, della bellezza divina, solo se in essa viene fatta la volontà di Dio”.

Nella nostra preghiera, quindi, “dobbiamo imparare ad affidarci di più alla Provvidenza divina, chiedere a Dio la forza di uscire da noi stessi per rinnovargli il nostro ‘sì’, per ripetergli «sia fatta la tua volontà», per conformare la nostra volontà alla sua”, ha esortato Benedetto XVI.

In conclusione, il Santo Padre ha raccomandato i fedeli di “seguire la volontà di Dio ogni giorno anche se parla di Croce, di vivere un’intimità sempre più grande con il Signore, per portare in questa «terra» un po’ del «cielo» di Dio”.

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ZENIT Staff

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