È l'ora di fedeli laici all'altezza dei problemi e dei tempi (Prima parte)

Secondo l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, la presenza dei fedeli laici non riesce a darsi una configurazione coesa e coerente sul piano pubblico

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Riportiamo di seguito la prima parte dell’intervista apparsa oggi su Vita Nuova, settimanale della diocesi di Trieste, in cui l’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, prendendo criticamente spunto da un recente libro di Luigi Alici, esprime il proprio punto di vista sul ruolo dei fedeli laici nel momento presente.

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Eccellenza, nella sua omelia per la chiusura della processione del Corpus Domini di domenica 2 giugno, lei ha avuto parole dure circa l’approvazione di leggi che possono «compromettere i capisaldi del nostro vivere umano: la vita, la famiglia e la nostra libertà». Ora, proprio quello dovrebbe essere il campo dell’impegno dei fedeli laici. Il suo discorso era un richiamo anche a loro?

Mons. Crepaldi: Non c’è dubbio che questa dovrebbe essere l’ora del laicato. Ma purtroppo il laicato cattolico non si fa sentire. Magari lamentando poi che i Vescovi parlano troppo.

Perché, secondo lei, questa è l’ora del laicato?

Mons. Crepaldi: Certamente ogni ora è l’ora del laicato, perché non c’è un momento in cui il laico non tragga dal suo battesimo il compito di ordinare a Dio le cose temporali. Però questa è l’ora del laicato in modo particolare. La politica e le leggi stanno mettendo mano all’ordine della creazione, alla natura della famiglia e alle relazioni naturali di base, quella tra padre e madre e tra genitori e figli. Si tratta di qualcosa di inedito e sconvolgente che  richiede una presenza particolarmente convinta ed attiva.

Perché dice che il laicato cattolico non si fa sentire?

Mons. Crepaldi: Sono molti i laici cattolici che nella famiglia, nel lavoro, nella società incarnano con fedeltà la propria fede cristiana. Ciò avviene però soprattutto nella quotidianità. Ciò che manca in modo evidente è una presenza unitaria e coordinata nella società civile e una testimonianza chiara e coerente a livello politico, legislativo e dentro le pubbliche istituzioni.

Eppure esistono vari organismi di rete tra cattolici e in passato sono stati in grado di portare in piazza con il Family Day moltissime persone. Non ci sono più?

Mons. Crepaldi: Ci sono ancora, però bisogna prendere atto di alcuni mutamenti. Intanto alcune di queste reti si sono costituite ma non si sono consolidate, sono rimaste tali a livello formale di vertice e più di qualche convegno non potranno fare. In secondo luogo, mi sembra che alcune reti un tempo molto attive su questi temi – penso per esempio a Scienza e Vita oppure al Forum delle Associazioni familiari – abbiano un po’ allentato la presa, dirottando l’attenzione verso altre tematiche a mio avviso meno importanti. Infine, vorrei notare che anche dentro le singole associazioni e i singoli movimenti la presa di posizione sui temi che ho sopra richiamato è scarsa sia in sede nazionale che in sede locale.

Può spiegare meglio cosa intende quando parla di “testimonianza coerente a livello politico, legislativo e dentro le pubbliche istituzioni”?.

Mons. Crepaldi: Nelle amministrazioni pubbliche ci sono cattolici dichiaratamente tali. Ma quando si tratta di affrontare questi temi, essi utilizzano le categorie mentali di tutti gli altri e si fanno scudo della laicità della politica per non prendere una posizione che certamente costerebbe loro sul piano politico, ma che io vedrei come coerente sul piano umano con la fede professata.

Una delle storiche associazioni di fedeli laici è l’Azione cattolica. Cosa mi può dire a riguardo?

Mons. Crepaldi: Prendo spunto da un recente libro di Luigi Alici dal titolo “I cattolici e il paese. Provocazioni per la politica” edito da La Scuola.

Ma Luigi Alici non è più presidente dell’Azione cattolica…

Mons. Crepaldi: Però lo è stato a lungo e può dirsi un intellettuale fortemente impegnato nell’associazionismo del laicato cattolico. Recentemente egli ha girato tutta l’Italia – è stato anche in Friuli Venezia Giulia ed anche a Trieste. Certo il suo libro non rappresenta l’Azione cattolica, però può essere indicativo di un modo di pensare, diffuso anche dentro l’associazione.

Ho letto anch’io il libro. Cosa l’ha maggiormente colpita?

Mons. Crepaldi: Il suo appartenere alla categoria dei libri “Sì, ma …”: affermare i principi nello stesso momento in cui si aprono fessure per non rispettarli. Ho cercato in questo libro le affermazioni di fedeltà al magistero e di adesione ai principi della tutela della vita o della famiglia: li ho trovati. Però l’esposizione è sempre volutamente ambigua, dice, ma nega ed è piena di “tuttavia”.

Può fare un esempio?

Mons. Crepaldi: Alici ha parole molto belle sulla famiglia, ma poi si dice a favore del riconoscimento delle convivenze tra omosessuali. Si rifà al cardinale Martini, ma non ai Vescovi italiani che, in una Nota del 2007, hanno chiarito la questione, come anche Vita Nuova ha opportunamente ricordato. I diritti per le persone omosessuali vanno affrontati sul piano del diritto privato. Il riconoscimento della convivenza in quanto tale non è accettabile né per le cosiddette coppie di fatto eterosessuali né per quelle omosessuali. Manca il requisito della valenza pubblica.

Quali sono gli argomenti di Luigi Alici a proposito?

Mons. Crepaldi: Quello della gradualità dei diritti. Secondo lui una coppia di omosessuali non ha diritto ad essere considerata famiglia in quanto non lo è, ma ha diritto ad essere considerata qualcosa di più di due studenti che condividono lo stesso appartamento. Una simile argomentazione non è accettabile: ciò che è sbagliato non può essere fonte di diritti pubblicamente riconosciuti, e non può esserci per esso nessuna gradualità.

Cosa significa questo?

Mons. Crepaldi: Credo che questo libro esprima bene una certa cultura dentro il mondo cattolico. I laici che vi si ispirano sposteranno sempre più in avanti l’asticella del “non possumus”, adeguandosi al mondo.

[La seconda parte sarà pubblicata domani, 29 giugno 2013]

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Stefano Fontana

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