Duomo di Milano e Cattedrale di Praga: simboli di una identità religiosa comune

A Praga, il cardinale Scola spiega che la cattedrale ambrosiana è anzitutto “un luogo di preghiera” e non un monumento. E che con Papa Francesco è raddoppiato il numero di fedeli e confessioni

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È giunto oggi a Praga il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, per incontrare l’arcivescovo metropolita, il cardinale Dominik Duka, e riaffermare le comuni radici cristiane tra Chiesa di Milano e Chiesa Boema. Il porporato è quindi intervenuto ad un convegno dedicato al Duomo di Milano e alla cattedrale dei Santi Vito, Venceslao e Adalberto, quali simboli dei rapporti storici, scientifici e culturali che legano le due città. 

Entrambe le Cattedrali, ha rimarcato l’arcivescovo, “acquistano un valore simbolico che segna l’identità stessa di Praga e di Milano; ed entrambe le cattedrali condividono una storia per certi aspetti simile”. Tale analogia è relativa al fatto che “entrambe vengono edificate non in un luogo casuale, ma in perfetta continuità con i più antichi edifici cristiani delle rispettive tradizioni”, ovvero i luoghi legati ai due Santi Ambrogio e Venceslao che, ha affermato Scola, “pur nella distanza cronologica, sono accomunati nell’essere entrambi all’origine delle rispettive storie di popolo e di Chiesa”. I due Santi sono “testimoni della continuità di una tradizione di vita religiosa” e le due cattedrali il simbolo dunque “dei rispettivi popoli” che “portano incisa nella pietra l’identità religiosa, civile e culturale”.

Il porporato ha quindi ripercorso gli eventi storici che legano idealmente Praga a Milano, incentrandosi particolarmente sul significato del Duomo “per la diocesi e per la città, attraverso la vita religiosa e liturgica che in esso si dipana”. “Se il Duomo di Milano – ha detto – è elemento insostituibile d’identità per la Chiesa ambrosiana, lo è non in quanto insigne monumento, ma in quanto domus orationis, casa di preghiera, centro liturgico dell’intera diocesi”. Una caratteristica che lo identifica ancora oggi.

“Il Duomo è prima di tutto una ‘Chiesa’, un luogo di preghiera e di celebrazioni liturgiche” ha ribadito il cardinale, e tale percezione “non viene meno in nessun momento”. Nonostante il continuo andirivieni di turisti, ha soggiunto, esso è “una chiesa viva”, nonché “centro unificante per la vita dell’intera comunità diocesana”.

Per questo – ha spiegato il porporato – l’antica liturgia ambrosiana definiva la cattedrale ecclesia maior, “chiesa maggiore”, proprio per mettere in evidenza “la superiorità della chiesa del vescovo, soprattutto di carattere simbolico-ecclesiologico, rispetto agli altri edifici sacri di una diocesi”. Ma il Duomo, sempre secondo la medesima fonte, è anche mater huius sanctae Mediolanensis ecclesiae, cioè “madre di questa santa Chiesa milanese”, locuzione che richiama la “dimensione materna e generativa di comunione per l’intera Chiesa diocesana”. L’espressione Ecclesia Mediolanensis, “Chiesa di Milano”, ha infine precisato Scola, è “volutamente ambivalente”, perché “trapassa spontaneamente nel suo significato dall’edificio che con essa viene indicato alla realtà della Chiesa, di cui l’edificio è solo simbolo, rimando, allusione”. 

A tal proposito, l’arcivescovo ha ricordato l’antica orazione pronunciata per la festa della dedicazione di una chiesa, secondo cui “il vero tempio se lo costruisce Dio stesso, e non con pietre materiali, ma de vivis et electis lapidi bus”. In altre parole, “la vera cattedrale è la Chiesa costituita dalle pietre vive ed elette che sono i cristiani”.

Prima di concludere, il cardinale Scola ha rivelato un dato molto curioso della ‘sua’ cattedrale. “Nel Duomo di Milano – ha detto – dove è possibile confessarsi in tante lingue, dalle 7 del mattino alle 7 di sera, i miei preti lì presenti mi raccontano che la gente che quotidianamente si confessa è più che raddoppiata da quando c’è Papa Francesco”. Grazie al Pontefice argentino, ha aggiunto, “c’è un grande movimento di popolo, molti sono coloro che tornano ai Sacramenti dopo molto tempo. C’è una grandissima simpatia e interesse del popolo verso di lui”. Si può dire quindi, ha concluso il porporato, che il pontificato di Papa Francesco sia “un grande dono della provvidenza”. (S.C.)

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ZENIT Staff

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