Dov'è finita la primavera araba?

“Il mondo islamico evolverà, ma deve trovarsi di fronte una civiltà animata dalla fede religiosa e non popoli atei senz’anima come purtroppo ci vedono”

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di padre Piero Gheddo

ROMA, sabato, 22 settembre 2012 (ZENIT.org) – Ormai da giorni e giorni giornali e telegiornali portano alla ribalta le proteste del mondo arabo-islamico contro gli Stati Uniti per un filmaccio offensivo del profeta Maometto prodotto in America.

E’ solo un aspetto minimo della rabbia feroce che coinvolge i popoli islamici contro l’Occidente cristiano. Al Quaida ha dato l’ordine di attaccare le Ambasciate americane in tutto il mondo e uccidere gli ambasciatori. Notizie assurde quando pensiamo alle speranze suscitate dalla “primavera araba” sbocciata nel gennaio-febbraio 2011 a sud del Mediterraneo.

Tre punti di riflessione:

1) La grande novità positiva oggi è questa: in Nord Africa e Medio Oriente i governi eletti in modo democratico si sono diffusi dall’Iraq alla Tunisia, all’Egitto e Libia e ben presto anche in Yemen e Siria. I capi politici di questi paesi devono ascoltare le piazze. Prima della “primavera araba” potevano liberamente arrestare, torturare, uccidere gli oppositori che davano fastidio. Oggi non più o sempre meno. Finalmente l’opinione pubblica conta anche nel mondo islamico. E’ senza dubbio un fatto positivo per l’evoluzione del miliardo e 300 milioni di musulmani in tutto il mondo. Non possiamo pensare che la democrazia e la libertà di stampa e di pensiero siano positive solo per noi cristiani.

2) Oggi però l’Occidente assiste attonito e impotente all’emergere dell’ideologia islamico-salafita nelle masse popolari, che travolge tutti i “moderati” filo-occidentali e i giovani illusi che hanno dato origine alla primavera araba. Questo ci scandalizza, ma ci costringe a formarci un’immagine più realistica del mondo musulmano e della sua storia. In estrema sintesi, l’islam ha avuto una storia gloriosa, che le masse islamiche ricordano e ne sono spesso richiamate dalla scuola, dai media e dall’istituzione religiosa (moschee, madrasse, università). Per un millennio (dal 600 al 1600 dopo Cristo) l’islam ha trionfato nel mondo allora conosciuto. La religione di Maometto si diffondeva con la spada ma anche dando origine ad una civiltà di grande splendore, ammirata anche da saggi e viaggiatori cristiani. Questa espansione violenta venne bloccata a Lepanto (1571) e a Vienna (1683) dalle forze cristiane unite dai Papi di quei tempi.

Poi l’Occidente si evolve, mentre l’islam rimane bloccato sotto il dominio dell’Impero ottomano, che era un’autorità religioso-politica. L’invasione dell’Egitto da parte di Napoleone (1798-1801) pone fine all’epoca gloriosa dell’islam e dà inizio al trionfo dei paesi cristiani. Infatti seguono l’occupazione di Algeria, Marocco e Tunisia da parte della Francia (1849-1871), della Libia da parte dell’Italia (1911-1912); e poi, dopo la prima guerra mondiale, l’Occidente interviene nell’Impero ottomano e ne distrugge il mito religioso-politico con il “protettorato” imposto a varie nazioni che si stavano formando: Siria, Egitto, Iraq, Libano, Giordania e Terrasanta; fin che nel 1923 il generale Kemal Ataturk manda in esilio il Califfo e fonda la moderna Turchia su principi laici.

I musulmani rimangono senza guida e l’islam stesso, unica forza identitaria che unisce molti popoli, rischia di esserne travolto. Con la fondazione dei Fratelli Musulmani nel 1928 in Egitto, nasce la reazione: l’Occidente è all’origine della decadenza islamica e va combattuto. Dopo la seconda guerra mondiale, con la fondazione di Israele nelle terre dell’islam (1947) e la istituzione del “martirio per l’islam” da parte di Khomeini, salito al potere in Iran (1979) dopo la rivolta vittoriosa del popolo contro lo Scià Reza Pahevi (che tentava di occidentalizzare il paese), si compie la parabola che prepara l’attualità.

3) Le violenze endemiche e l’instabilità dei paesi islamici vengono da queste radici storiche, che non bisogna mai dimenticare. Noi siamo nel 2000 dopo Cristo, l’islam vive ancora, come cultura, religione e culto del suo passato, nel 1400 dopo Maometto. Non si è ancora adattato alla modernità. I popoli islamici ne sono attratti, le autorità politiche e religiose tentano in ogni modo di strumentalizzare l’islam per salvare il loro potere.

Non solo, ma ci sono difficoltà oggettive per salvare nel mondo moderno il molto di buono che c’è nell’islam: la lettura storico-critica del Corano che lo renderebbe contestuale all’oggi non è ammessa perché è parola di Dio in senso letterale; nell’islam non c’è nessuna autorità paragonabile al Papa e ai Vescovi, ciascuna moschea o madrassa va per conto suo; nel diritto islamico manca il concetto dell’assoluta dignità di ogni uomo e donna, che rende tutte le creature eguali nei loro diritti; infine manca la distinzione fra religione e politica.

Le parole chiave del coraggioso e provvidenziale viaggio in Libano di Benedetto XVI sono state: dialogo, comunione e perdono. Il Papa ha parlato ai cristiani del Medio Oriente, ma anche a noi dell’Occidente cristianizzato. Il senso di questa visita deve far riflettere. E’ importante anche, oltre alla preghiera, il nostro atteggiamento di fondo per creare in Italia e in Occidente un’atmosfera contraria ad un’opinione pubblica che si augura interventi militari occidentali, come si è verificato in Afghanistan e in Iraq. Il mondo islamico senza dubbio evolverà, ma dovrebbe trovarsi di fronte una civiltà animata dalla fede religiosa e non popoli praticamente atei e senz’anima come purtroppo loro ci vedono.

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ZENIT Staff

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