Gerhard Ludwig Müller / © ZENIT - HSM, CC BY-NC-SA

Dottrina della Fede, una nuova sfida per "evangelizzare la morte”

Presentata in Sala Stampa vaticana l’Istruzione “Ad resurgendum cum Christo” su sepoltura dei defunti e conservazione delle ceneri in caso di cremazione

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“Siamo di fronte ad una nuova sfida per l’evangelizzazione della morte”. Così il cardinale Gherard Ludwig Muller ha presentato in Sala Stampa vaticana l’Istruzione pubblicata oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sulla sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione.

Ad resurgendum cum Christo – questo il titolo del documento – “è rivolto ai Vescovi della Chiesa cattolica, ma riguarda direttamente la vita di tutti i fedeli”, ha spiegato il prefetto, affinché essi possano prendere “ulteriore coscienza della loro dignità di ‘figli di Dio’”.  “L’accettazione dell’essere creatura da parte della persona umana, non destinata all’evanescente scomparsa, domanda di riconoscere Dio come origine e destino dell’esistenza umana: dalla terra proveniamo e alla terra torniamo, in attesa della risurrezione” ha ricordato Muller, ribadendo la necessità di “evangelizzare il senso della morte”.

Sulla questione della cremazione, il porporato ha notato che negli ultimi decenni si è verificato un “inarrestabile incremento della scelta della cremazione nei confronti dell’inumazione in molti Paesi” e che tale pratica “si è notevolmente diffusa anche nell’ambito della Chiesa cattolica”. Pertanto, si può ritenere che nel prossimo futuro in tanti Paesi “la cremazione sarà considerata come la pratica ordinaria”. A questo sviluppo si è accompagnato l’altro fenomeno della conservazione delle ceneri in ambienti domestici o in ricordi commemorativi o la loro dispersione in natura. Tutto ciò, malgrado ci sia una normativa del Codice di Diritto Canonico che non vieta la cremazione, ma incita a conservare “la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti”.

Da qui è nata l’esigenza di redarre una nuova Istruzione che – ha spiegato il prefetto – vuole “ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi” ed “emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione”. Infatti, per quest’ultimo aspetto “non esiste una specifica normativa canonica”; per tale ragione alcune Conferenze Episcopali si sono rivolte all’ex Sant’Uffizio “sollevando interrogativi concernenti la prassi di conservare l’urna cineraria in casa o comunque in luoghi diversi dal cimitero, e soprattutto quella di spargere le ceneri in natura”.

La risposta è che “la Chiesa continua a raccomandare insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in un altro luogo sacro”, perché “nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, l’inumazione è la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale”, ha ribadito il cardinale.

Oltre a questo, il testo in questione vuole ribadire anche che il corpo “non è un oggetto manipolabile a seconda della nostra volontà di potenza, ma il nostro umile compagno per l’eternità”, come ha sottolineato nel suo intervento p. Serge-Thomas Bonino, O.P., segretario della Commissione Teologica Internazionale. “Non si può negare la continuità reale tra il corpo seppellito ed il corpo risorto, segno che l’esistenza storica, tanto quella di Gesù quanto la nostra, non è un gioco, non viene abolita nell’escatologia, anzi viene trasfigurata”, ha aggiunto. Perciò la Chiesa “non ha mai smesso di affermare che è proprio il corpo in cui viviamo e moriamo che risusciterà nell’ultimo giorno”.

Sul piano simbolico, tale continuità viene espressa “in modo più adeguato” per mezzo delle sepoltura anziché per mezzo della cremazione che –  ha affermato il religioso – “distrugge il corpo in modo brutale”. “Le culture contemporanee – ha proseguito -oscillano tra, da una parte, ridurre la persona umana alla dimensione corporale, nella linea del materialismo, come se il corpo biologico fosse tutta la persona, e, d’altra parte, ridurre il corpo ad un semplice avere come se fosse una realtà straniera”. Ne deriva la “doppia tentazione” di “idolatrare il corpo” o di “ridurlo in schiavitù e ricrearlo per mezzo della tecnica a seconda dei desideri soggettivi di ciascuno”.

Invece, per la fede cristiana – ha affermato il teologo – “il corpo non è tutta la persona ma è una parte integrante, essenziale, della sua identità”. Anzi, esso “è come il sacramento dell’anima che si manifesta in lui e per mezzo di lui”. Ecco perché “seppellire i defunti è, già nel Antico Testamento, una delle opere di misericordia rispetto al prossimo”.

A far da eco l’intervento di mons. Angel Rodríguez Luño, consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, il quale ha ribadito la sollecitudine della Chiesa affinché “il trattamento dei cadaveri dei fedeli sia ispirato da rispetto e carità e possa esprimere adeguatamente il senso cristiano della morte e la speranza della risurrezione del corpo”.

In tal senso,  la scelta di disperdere le ceneri “procede spesso dall’idea che con la morte l’uomo intero venga annientato, arrivando alla fusione con la natura, come se tale fosse il destino finale dell’essere umano”. Talvolta, ha detto Rodríguez, “può procedere anche da mera superficialità, dal desiderio di occultare o di privatizzare quanto si riferisce alla morte, oppure dal diffondersi di mode di gusto più che discutibile”.  Anche nel caso in cui il voler conservare nella propria abitazione le ceneri di un caro parente “sia ispirato da un desiderio di vicinanza e pietà, che faciliti il ricordo e la preghiera”, esiste “il rischio che si producano dimenticanze e mancanze di rispetto, soprattutto una volta passata la prima generazione, così come si può dar luogo a elaborazioni del lutto poco sane”.

[A cura di Salvatore Cernuzio]

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ZENIT Staff

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