"Don, ma al Sinodo si parla solo di Comunione ai divorziati risposati?"

Un sacerdote risponde a dubbi e domande di alcuni giovani parrocchiani e spiega perché, anche se il Sinodo prendesse “decisioni sbagliate”, la Chiesa non potrà mai fallire

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Don, è iniziato il Sinodo straordinario sulla famiglia, e sembra che il problema centrale sia la Comunione ai divorziati risposati

Per favore, non dare retta ai giornali. Papa Francesco ha parlato del ‘peccato’ dei giornalisti: la disinformazione, cioè il tentativo di condizionare la gente e di attirarne l’attenzione manipolando l’informazione, veramente un peccato grave. Nei suoi diari del Concilio Vaticano II, De Lubac notava già allora questo problema, che finiva per condizionare gli stessi vescovi. Anche Benedetto XVI, nel suo ultimo incontro con il Clero romano, ha sottolineato che i condizionamenti giornalistici finirono per ostacolare gravemente la ricezione del Concilio. Papa Francesco vuole che da questo Sinodo emerga l’incomparabile bellezza della famiglia cristiana, come Dio l’ha voluta, perché sia segno di speranza per gli uomini del nostro tempo. Questo è il motivo centrale del Sinodo!

La Chiesa non è troppo arretrata quando si ostina a difendere l’indissolubilità del matrimonio?

Nessun vescovo al mondo nega l’indissolubilità, è appunto un problema creato dai giornali e da qualche “teologo” un po’ esaltato…

Ma possibile che solo i divorziati risposati non possono accedere ai sacramenti?

Dovresti sapere che non è vero. Anche tu, se sei in peccato mortale, non puoi accedere ai sacramenti, prima ti devi confessare e ricevere l’assoluzione; come dicevamo l’altra volta, i divorziati risposati a certe condizioni possono accedere ai sacramenti. Non possono accedervi gli scomunicati finché sussiste la scomunica. Oppure, in alcuni paesi dell’Europa occidentale, dove magari si concede la Comunione con molta larghezza, i sacramenti vengono ufficialmente negati a chi non ha pagato la tassa per la Chiesa… Papa Benedetto, durante il suo ultimo viaggio in Germania, si raccomandò di rivedere questa disciplina, ma i vescovi preferirono confermarla.

Ma negare la Comunione ai divorziati risposati non è una mancanza di misericordia?

Tutti sappiamo che il termine misericordia, come altri, si presta a equivoci. I Padri della Chiesa distinguono tra vera e falsa misericordia, parlano addirittura di “misericordia del diavolo”! Di che si tratta? I padri fanno l’esempio del medico: se un malato ha una cancrena, il medico per salvargli la vita deve amputare l’arto malato, ma se si fa impietosire dai lamenti, e magari dà solo un antidolorifico, il malato muore. Questa è la falsa misericordia. Finché non si comincia a estirpare il male che uccide, che è il peccato, la misericordia è solo un’ipocrisia. Un divorziato risposato certo soffre, ma non perché non fa la Comunione, ma perché è legato sacramentalmente in Cristo a una persona che non è quella con cui vive, una lacerazione reale che i sacramenti non cancellano. Per guarire occorre iniziare un cammino di conversione per uscire dalla condizione di peccato.

Molti vescovi vorrebbero che si prendesse a modello la prassi ortodossa

La prassi ortodossa delle seconde nozze non sacramentali non è, come qualcuno ritiene, un retaggio della Chiesa antica, ma è stata introdotta dalla legislazione imperiale in epoca medievale. L’imperatore bizantino per la Chiesa d’Oriente era il capo supremo, a differenza della Chiesa occidentale che non ha mai accettato la supremazia della politica sulla Chiesa. Gli interessi dell’imperatore infatti erano sociali, non ecclesiali, e del tutto estranei alla situazione in cui ci troviamo oggi. Così com’è, quello della Chiesa ortodossa non mi sembra un modello a cui possiamo fare appello.

Però se la Chiesa non ascolta il mondo, come il mondo ascolterà la Chiesa?

Certamente ascoltare tutti è importante, come ha sottolineato Papa Francesco nella Evangelii gaudium: anche chi sbaglia ha qualcosa da insegnare. Infatti: come mai sbaglia? Il mondo, come insegna il Concilio, va ascoltato perché si possa annunciare Cristo in modo da farsi capire. Per i contenuti, però, bisogna ascoltare Dio, che ha parlato in Cristo. Ascoltare il mondo significa comprenderne il grido di dolore, il bisogno di salvezza. La Chiesa ha il dovere di annunciare la verità che salva il mondo, che lo libera. Che l’annuncio sia accolto o meno, non dipende dalla Chiesa, che non ha la missione di dominare la cultura o i mezzi di comunicazione; la Chiesa è sale e lievito, una realtà anche molto piccola, ma capace di illuminare l’universo. L’efficacia dell’annuncio non si misura dai successi mondani o dal consenso della maggioranza.

Ma non è meglio concedere la Comunione e basta? Di che cosa dovremmo avere paura?

Non è un problema di paure. Si tratta confermare che la Grazia dei sacramenti, lo Spirito Santo, trasforma realmente la vita delle persone, non la lascia così com’è. Questa è l’esperienza della Chiesa cattolica. In ambienti protestanti invece c’è una concezione diversa: la Grazia “copre” i peccati, nel senso che Dio non li guarda più, però non li sana, non li guarisce, l’uomo in sé resta nel suo stato di corruzione. Forse alcuni argomenti portati in favore di una concessione indiscriminata della Comunione ai divorziati risposati risentono di questa concezione.

E se alla fine il Sinodo prendesse decisioni sbagliate? La Chiesa è destinata al fallimento?

La Chiesa in Cristo ha già vinto e quindi non può fallire. Anche la prassi attuale, come dicevamo nel colloquio precedente, non è affatto ideale, è “difettosa”. Speriamo che il Sinodo possa migliorarla. Ma errori o contraddizioni in questioni particolari non hanno mai pregiudicato la funzione salvifica della Chiesa. Perciò sarebbe assurdo rompere la comunione con la Chiesa perché questa o quella decisione non ci piace. Il Signore è con la sua Chiesa, sua Sposa, fino alla fine del mondo. Il Signore non divorzia!

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Antonio Grapppone

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