The relics of Don Bosco

Inspectoría Salesiana “Nuestra Señora de la Asunción” - Andrea Cherchi

Don Bosco: la gratitudine degli Ex Allievi

Francesco Muceo, presidente uscente della Confederazione Mondiale legata alla famiglia salesiana, trae un bilancio dei suoi undici anni di mandato

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Il carisma di don Bosco non si manifesta soltanto nei Salesiani o nelle Suore di Maria Ausiliatrice. Esistono varie realtà laicali che attingono con pienezza all’esperienza spirituale ed educativa del santo torinese: una di queste è la Confederazione Mondiale Ex Allievi di don Bosco, il cui presidente Francesco Muceo, terminerà l’incarico in questi giorni, dopo 11 anni e due mandati.

Palermitano, 48 anni, ispettore di banca, Muceo è in questi giorni a Roma per l’assemblea generale degli Ex Allievi, durante la quale lunedì prossimo, il rettor maggiore dei Salesiani, don Angel Fernandez Artime comunicherà il nome del nuovo presidente da lui scelto tra una terna che scaturirà dal voto dell’assemblea. In occasione della sua trasferta romana, Muceo ha raccontato la sua esperienza a ZENIT.

Dottor Muceo, quali sono le finalità della Confederazione Ex Allievi di don Bosco?

La nostra Confederazione, che è riconosciuta dalle stesse Costituzioni Salesiane all’articolo 5, non fu fondata direttamente da don Bosco ma, per l’appunto, dai suoi primi allievi che, il 24 giugno 1870, gli portarono le famose “tazzine di caffè” nel giorno del suo onomastico. Siamo presenti in tutti e 5 i continenti  e, recentemente, abbiamo avuto un buon sviluppo con il Progetto Africa. Durante i miei due mandati (2004-2010; 2010-2015), le attività principali hanno riguardato la formazione dei futuri leader. Il campo principale in cui operiamo è il sociale, in particolare a servizio dei giovani più bisognosi. Tutto ciò lo facciamo attraverso le professionalità che abbiamo maturato nei vari ambienti del mondo, negli oratori e nelle scuole, mettendo a disposizione quello che abbiamo ricevuto, in particolare in ambito scolastico, a favore dei giovani. Ultimamente abbiamo sviluppato, soprattutto in Italia, un’attività che riprende il discorso degli ex allievi impegnati in politica; la nostra è quindi una risposta all’appello di papa Francesco all’impegno dei cattolici in politica.

Qual è il bilancio dei suoi undici anni come presidente?

Quando mi nominò presidente, per il rettor maggiore fu una bella sfida. La scelta di una persona come me, di soli 37 anni, fu un segnale di cambiamento per l’associazione, al punto che i primi tempi in giro mi scambiavano per il presidente dei giovani… Il mio impegno fu soprattutto quello di dare un taglio più moderno alla attività, in particolare con il progetto dei leader che iniziammo in America Latina. Abbiamo fatto in modo che dalle unioni dei centri locali scaturisse un nuovo modo di intendere l’associazione che non fosse solo quello di ricordare il passato ma di essere il più possibile proiettati nel futuro. Se potessi dare un aggettivo ai miei undici anni da presidente, ne avrei solo uno: meravigliosi. Conoscere tanta gente, incontrare tanti volti, in particolare dei più giovani, così come dei più sofferenti, hanno tracciato un segno molto profondo nella mia vita. In questo senso devo tutto alla vicinanza dei superiori, che hanno sempre operato per l’unità dell’associazione. Lo scopo principale che il presidente deve dare è quello di garantire l’unità dell’associazione. Quando fui nominato, venivamo da un’assemblea turbolenta, quindi dovevamo ricompattare l’associazione e ritrovare l’unità, in particolare con il rettor maggiore. Il nostro non è un club, né un consiglio d’amministrazione. Serviva l’unità con la famiglia salesiana e con tutti i suoi componenti. Un grazie particolare lo devo dare a don Pascual Chavez e, negli ultimi due anni, a don Angel Fernandez Artimez per la sua vicinanza di cuore, la sua stima, il suo affetto che ha continuato a manifestarmi ancora in questi ultimi giorni. Ringrazio tutti i salesiani che mi hanno accompagnato in questo cammino, a partire da Sua Eminenza il cardinale Tarcisio Bertone, da Sua Eccellenza monsignor Enrico Dal Covolo,  e da tutti i salesiani del Vaticano.

Il mio motto è sempre stato “adelante”, andare sempre avanti, non aver paura delle sfide del giorno d’oggi. Nella prolusione che pronuncerò lunedì, il mio messaggio sarà proprio quello: aver combattuto una battaglia, come dice San Paolo a Timoteo (cfr 2Tm 4,7). È proprio questa sensazione di essere passati da una superstrada a un autostrada, dove sempre più si corre, rimanendo sempre uniti con la forza di don Bosco. È questo il messaggio cui ho sempre tenuto ed è questo il messaggio che voglio lasciare a chi verrà dopo di me da lunedì: che si ricordi sempre la comunione, assieme al rettor maggiore e che si vada avanti nel cammino della vita, che è la cosa più importante di tutte, in questo mondo che ha tanto bisogno di noi.

Come avete vissuto il bicentenario di don Bosco?

L’abbiamo vissuto e lo vivremo in particolare in questi giorni. Dopo l’assemblea mondiale, che celebreremo dal 3 al 6 ottobre, andremo a Torino, in pellegrinaggio sulla tomba di don Bosco, dove porteremo l’olio votivo. Saremo oltre 250 allievi, in rappresentanza di 30 federazioni del mondo e ci recheremo lì per concludere il nostro bicentenario. L’abbiamo vissuto accompagnando l’urna di don Bosco, stando vicini ai Salesiani in tutti gli ambienti. Siamo quelli che sono stati più coinvolti dai Salesiani, quindi abbiamo vissuto il bicentenario in maniera particolarmente intensa. In Italia, l’abbiamo vissuto in particolare all’Expo, alla Casa don Bosco, e proprio lì, nell’evento che abbiamo tenuto il 24 giugno, anniversario della fondazione della nostra associazione, abbiamo avuto un momento di testimonianza e di raccoglimento. È stato un modo per ricordarci del passato, proiettarci verso il futuro e, come dice il rettor maggiore, senza lamentarci ma essendo sempre operativi.

Perché don Bosco è così attuale?

La sua più grande attualità è nell’essere vicino ai giovani, i quali, oggi più che mai – come affermava un grandissimo ex allievo come Sandro Pertini – hanno bisogno di maestri ma di testimoni. Gli allievi di don Bosco riconoscono dunque questa grande forza educativa: essere in mezzo ai giovani, riproporre il suo modello oggi più che mai, nell’attualità dei nostri tempi. Nel carisma di don Bosco riconosciamo la sua grande forza e la sua vicinanza ai giovani: oggi lo sarebbe più che mai attraverso i social network e i media a cui anche noi ci stiamo sempre più introducendo, anche per dare un volto sempre più moderno alla nostra associazione.

Come si manifesta il carisma di don Bosco tra voi laici?

Il suo carisma trasmette la nostra comunione e la forza che deriva dall’essere uniti. Quando vado in giro, il fatto che io sia ex allievo di don Bosco colpisce chi è esterno; in particolare il fatto che noi continuiamo a riconoscere proprio che non siamo ex allievi salesiani ma di don Bosco. In particolare noi laici dobbiamo dire che la nostra associazione è composta anche da gente che non è cattolica ma riconosce in don Bosco un padre e un maestro dei giovani. È questo che colpisce tra i laici: la presenza sempre più riconosciuta nel mondo dell’educazione per i giovani e con i giovani.

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Per info: http://www.exallievidonbosco.com/

 

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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