Divorzio e famiglia: 40 anni dopo

Nel maggio 1974 il referendum abrogativo sul divorzio, oggi la legge per separarsi più velocemente

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Sono trascorsi quarant’anni dal 13 maggio del 1974, quando attraverso un referendum popolare la maggioranza degli elettori (60%) si espresse per impedire l’abrogazione della legge sul divorzio, la cui esistenza fu introdotta in Italia nel 1970 dal socialista Loris Fortuna e dal liberale Antonio Baslini.

Non bastò l’impegno di democristiani, monarchici e Movimento Sociale, anche perché numerose organizzazioni cattoliche adottarono una linea più prudente, ritenendo che la legge non avrebbe indebolito l’istituto del matrimonio.

La constatazione che i divorzi siano cresciuti del 75% dovrebbe far ricredere sulle facili promesse delle false “conquiste di civiltà” e sui segni di progresso circa i nuovi modelli adottati negli altri Paesi.

Liberi di restare uniti” con l’immagine di tante rondini era la copertina di un settimanale dell’epoca, ma questa libertà ha avuto poca fortuna e quel che prima era considerato un tabù, un disonore, una disgrazia, ora è prassi ordinaria. Risulta, invece, una rarità assistere a coppie unite che celebrano i 30 e 40 anni di matrimonio.

L’analisi delle trasformazioni sociali avvenute in questi quarant’anni ha dimostrato come il termine “indissolubilità” ha perso la sua pregnanza e non è più di moda, si fanno matrimoni “facili” e “alla leggera”, spesso con superficialità euforica o ritualismi formali e, anche se le leggi che hanno accompagnato la modifica del matrimonio italiano hanno posto dei paletti di tre anni di riflessione e di ponderatezza, oggi si tende a modificarle, approvando una nuova formula di “divorzio breve” che riduce a meno di un anno i tempi di attesa per avere una sentenza di divorzio.

La strategia adottata in altri Paesi ha consentito di facilitare le procedure del divorzio e mentre prima le agenzie si preoccupavano di preparare il matrimonio “perfetto” e “di classe”, oggi si predispone il “Ciao amore”, l’addio della coppia, il business del turismo spensierato nell’hotel “Spaccacuore” in Olanda o, “Ricomincio da qui”, dove con 2.500 euro si “compra la libertà”, dimenticando moglie e figli.

Chi ha sofferto maggiormente di questa legge sono, purtroppo, i figli di genitori separati che restano privati di una delle due figure genitoriali e quindi privi di esemplarità di modelli e di guida morale.

Il vuoto della mancanza di uno dei genitori resta incolmabile e nello stesso tempo appare come modello di vita da ripetere. La morale è stata sdoganata da tempo e se ancora c’è la Chiesa che ne custodisce il valore e ne diffonde il messaggio, occorre che questo patrimonio non venga disperso.

Certe dichiarazioni, ancorché ispirate alla misericordia e indirizzate alla casistica personale in relazione ad alcune particolari contingenze, degne di attenzione e di rispetto, quando vengono generalizzate, aprono nuovi sentieri che in seguito risulta difficile controllare nella deriva dell’opinione pubblica. La “cura pastorale”, infatti, non può prescindere dalla dottrina.

Mentre alcuni testi diffondono le regole per “divorziare senza farsi troppo male” e dettano un decalogo di consigli da attuare e operazioni da evitare nella relazione tra i coniugi in procinto di separazione, in Chiesa si svolgono i corsi di preparazione al matrimonio, spesso ridotti a formalità e semplici conversazioni informative che non producono l’efficacia di un vero apprendimento e quindi una modifica del modo di pensare, di sentire e di agire cristiano.

La famiglia oggi soffre una lunga stagione di crisi d’identità ed ha necessità di guida e di sostegno.

Leggendo la cronaca del tempo e alcuni discorsi di Amintore Fanfani, allora segretario della DC, soprannominato “segretario vagante” per aver girato tutta l’Italia a sostegno del matrimonio, si nota come alcune espressioni pronunziate nei comizi e nelle piazze, risultano profetiche: “Vogliono il divorzio, poi vorranno l’aborto, poi vorranno il matrimonio tra omosessuali”. Ed eccoci oggi al registro delle unioni civili, con le conseguenze che tutto ciò comporta.

L’istituto del matrimonio è in demolizione, il provvisorio, il fluido che caratterizza la società liquida di oggi ha preso il sopravvento sul “per sempre “ e anche la dottrina sembra vacillare in un’operazione di autodemolizione.

Occorre risalire la china e recuperare la forza dei valori che anche la scuola, luogo d’incontro e di dialogo, dovrebbe contribuire nell’azione di costruzione e di edificazione. Famiglia e scuola, anelli ora deboli, ma indispensabili per la vita civile, se consolidati di energia nuova che si alimenta di valori e di principi etici, potranno garantire un più sereno sviluppo anche all’economia.

Lo sguardo lontano verso investimenti di principi morali a garanzia di una società migliore offre, infatti, nuove opportunità di crescita e di sviluppo. I piccoli passi nella direzione di una società nuova che mette al primo posto il vero, il bene e il bello si apprendono a scuola con la guida di maestri educatori che sono di esempio e modelli di vita.

In occasione  dell’evento La Chiesa incontra la scuola, piazza San Pietro e via della Conciliazione si sono trasformate in una grande aula scolastica e la lezione di Papa Francesco agli studenti ha consolidato il valore della scuola da amare perché insegna, aiuta ad imparare, apre gli occhi alla realtà e insieme alla famiglia, e realizza il “villaggio globale”.

Citando un proverbio africano “Per educare un figlio ci vuole un villaggio”, Papa Francesco ha sottolineato come il valore comunitario è indispensabile per la vita sociale e come il villaggio si costruisce con tanti figli educati ad amare, e quindi a rispettare le regole, a compiere il proprio dovere, a crescere insieme, lottando per gli ideali, ma forti e consapevoli che “è più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca”. Ed oggi c’è tanto bisogno di pulizia.

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Giuseppe Adernò

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