Discorso del Papa per la Giornata Mondiale del Malato 2009

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 12 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo mercoledì da Benedetto XVI al termine della celebrazione nella Basilica Vaticana della Santa Messa per gli ammalati dell’UNITALSI ed i pellegrini dell’Opera Romana Pellegrinaggi, in occasione della XVII Giornata Mondiale del Malato.

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Cari ammalati,

cari fratelli e sorelle!

Assume un singolare valore e significato questo nostro incontro: esso ha luogo in occasione della Giornata Mondiale del Malato, che ricorre oggi, memoria della Beata Vergine di Lourdes. Il mio pensiero va a quel Santuario dove, in occasione del 150° anniversario delle apparizioni a santa Bernadetta, mi sono recato anch’io; e di quel pellegrinaggio conservo un vivo ricordo, che si focalizza in particolare sul contatto che ho potuto avere con i malati raccolti presso la Grotta di Massabielle. Sono venuto molto volentieri a salutarvi a conclusione della Celebrazione eucaristica, che ha presieduto il Cardinale Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, al quale rivolgo un cordiale pensiero. Insieme a lui saluto i Presuli presenti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i volontari, i pellegrini, specialmente i cari malati e quanti se ne prendono quotidiana cura. E’ sempre emozionante rivivere in questa circostanza qui, nella Basilica di San Pietro, quel tipico clima di preghiera e di spiritualità mariana che caratterizza il Santuario di Lourdes. Grazie, dunque, per questa vostra manifestazione di fede e di amore a Maria; grazie a quanti l’hanno promossa ed organizzata, in particolare all’UNITALSI e all’Opera Romana Pellegrinaggi.

Questa Giornata invita a far sentire con maggiore intensità ai malati la vicinanza spirituale della Chiesa, la quale, come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, è la famiglia di Dio nel mondo, all’interno della quale nessuno dovrebbe soffrire per mancanza del necessario, soprattutto per la mancanza di amore (cfr n. 25 b). Al tempo stesso, quest’oggi ci è data l’opportunità di riflettere sull’esperienza della malattia, del dolore, e più in generale sul senso della vita da realizzare pienamente anche quando è sofferente. Nel messaggio per l’odierna ricorrenza ho voluto porre in primo piano i bambini ammalati, che sono le creature più deboli e indifese. E’ vero! Se già si resta senza parole davanti a un adulto che soffre, che dire quando il male colpisce un piccolo innocente? Come percepire anche in situazioni così difficili l’amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova?

Sono frequenti e talora inquietanti tali interrogativi, che in verità sul piano semplicemente umano non trovano adeguate risposte, poiché il dolore, la malattia e la morte restano, nel loro significato, insondabili per la nostra mente. Ci viene però in aiuto la luce della fede. La Parola di Dio ci svela che anche questi mali sono misteriosamente “abbracciati” dal disegno divino di salvezza; la fede ci aiuta a ritenere la vita umana bella e degna di essere vissuta in pienezza pur quando è fiaccata dal male. Dio ha creato l’uomo per la felicità e per la vita, mentre la malattia e la morte sono entrate nel mondo come conseguenza del peccato. Ma il Signore non ci ha abbandonati a noi stessi; Lui, il Padre della vita, è il medico per eccellenza dell’uomo e non cessa di chinarsi amorevolmente sull’umanità sofferente. Il Vangelo mostra Gesù che “scaccia gli spiriti con la sua parola e guarisce coloro che sono ammalati” (Mt 8, 16), indicando la strada della conversione e della fede come condizioni per ottenere la guarigione del corpo e dello spirito, è la guarigione voluta dal Signore sempre. È la guarigione, d’amore integrale, di corpo e anima, perciò scaccia gli spiriti con la parola. La sua parola è parola d’amore, parola purificatrice: scaccia gli spiriti del timore, della solitudine, dell’opposizione a Dio, perché così purifica la nostra anima e dà pace interiore. Così ci dà lo spirito dell’amore e la guarigione che comincia dall’interno. Ma Gesù non ha solo parlato: è Parola incarnata. Ha sofferto con noi, è morto. Con la sua passione e morte Egli ha assunto e trasformato fino in fondo la nostra debolezza. Ecco perché – secondo quanto ha scritto il Servo di Dio Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Salvifici doloris – “soffrire significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti all’opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all’umanità in Cristo” (n. 23).

Cari fratelli e sorelle, ci rendiamo conto sempre più che la vita dell’uomo non è un bene disponibile, ma un prezioso scrigno da custodire e curare con ogni attenzione possibile, dal momento del suo inizio fino al suo ultimo e naturale compimento. La vita è mistero che di per se stesso chiede responsabilità, amore, pazienza, carità, da parte di tutti e di ciascuno. Ancor più è necessario circondare di premure e rispetto chi è ammalato e sofferente. Questo non è sempre facile; sappiamo però dove poter attingere il coraggio e la pazienza per affrontare le vicissitudini dell’esistenza terrena, in particolare le malattie e ogni genere di sofferenza. Per noi cristiani è in Cristo che si trova la risposta all’enigma del dolore e della morte. La partecipazione alla Santa Messa, come voi avete appena fatto, ci immerge nel mistero della sua morte e della sua risurrezione. Ogni Celebrazione eucaristica è il memoriale perenne di Cristo crocifisso e risorto, che ha sconfitto il potere del male con l’onnipotenza del suo amore. E’ dunque alla “scuola” del Cristo eucaristico che ci è dato di imparare ad amare la vita sempre e ad accettare la nostra apparente impotenza davanti alla malattia e alla morte.

Il mio venerato e amato predecessore Giovanni Paolo II ha voluto che la Giornata Mondiale del Malato coincidesse con la festa della Vergine Immacolata di Lourdes. In quel luogo sacro, la nostra Madre celeste è venuta a ricordarci che su questa terra siamo solo di passaggio e che la vera e definitiva dimora dell’uomo è il Cielo. Verso tale meta dobbiamo tutti tendere. La luce che viene “dall’Alto” ci aiuti a comprendere e a dare senso e valore anche all’esperienza del soffrire e del morire. Domandiamo alla Madonna di volgere il suo sguardo materno su ogni ammalato e sulla sua famiglia, per aiutarli a portare con Cristo il peso della croce. Affidiamo a Lei, Madre dell’umanità, i poveri, i sofferenti, gli ammalati del mondo intero, con un pensiero speciale per i bambini sofferenti. Con questi sentimenti vi incoraggio a confidare sempre nel Signore e di cuore tutti vi benedico.

[© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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