Person in a wheelchair

Pixabay CC0

Disabilità: il limite… che non limita

Mons. Cesare Nosiglia interviene al convegno promosso dall’arcidiocesi di Torino, e sollecita l’abbattimento delle barriere architettoniche

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia è intervenuto oggi al convegno sulla disabilità Il limite che non limita, promosso dalla sua Arcidiocesi.

“Ogni volta che incontro un gruppo di disabili – ha esordito mons. Nosiglia – li ringrazio per quello che sono e per la ricchezza immensa di umanità e di doni che esprimono nella loro vita; ringrazio e ammiro la forza e il coraggio dei loro cari, dei volontari e degli operatori che stanno loro accanto e da cui ricevono tanto, ma a cui donano anche tanto, più di quello che ricevono”.

“Perché queste persone – ha proseguito l’arcivescovo – valgono agli occhi di Dio e di tutti più di ogni altra cosa al mondo, perché solo accanto a loro possiamo sperimentare cos’è l’amore vero, sincero e ci sentiamo piccoli e poveri. Basta un loro sorriso, una stretta di mano forte, uno sguardo, un movimento anche impercettibile del volto per farci comprendere che si è stabilita con noi una relazione profonda e vera”.

Tutto questo però non ci basta e non gli basta. C’è bisogno che all’amore e alla solidarietà si accompagni anche la piena valorizzazione della persona disabile, venendo incontro alle giuste esigenze e richieste della sua condizione e riconoscendone la dignità di persona, soggetto di diritti inalienabili e non eludibili da nessuno, tanto meno dalla società e dalle istituzioni. È dunque una questione di giustizia, prima ancora che di carità o di assistenzialismo.

Dall’arcivescovo di Torino è arrivato anche un monito contro la “via egoistica e individualistica, propria di tanti messaggi edulcorati e paternalistici della nostra società, che parlano dei poveri, malati e disabili senza averne mai visto uno in faccia”.

Monsignor Nosiglia ha poi affrontato il problema del progressivo decurtamento delle risorse, anche finanziarie, che colpisce il settore del cosiddetto “stato sociale” e rischia di aggravare sempre più la già difficile condizione di vita di tante persone in necessità: “Non è vero che mancano le risorse, si tratta di saperle orientare e razionalizzare meglio, con minori sprechi e minori dispersioni clientelistiche, per dare le risposte mirate a chi ne ha veramente bisogno”, ha detto il presule.

Un obiettivo da perseguire è quello di far avvicinare i giovani al mondo dei disabili, come volontari, e far sperimentare loro che “qui sta il segreto della vera gioia della vita, quello che forse molti cercano invano nell’abbraccio di illusori paradisi artificiali, ricchi di sensazioni forti, ma che in realtà lasciano poi vuoti, soli, tristi e annoiati, alla continua ricerca di un di più di amore e di speranza, che non si troverà mai in queste esperienze…

Non sarà il rumore assordante della musica a tutto volume o l’uso delle droghe o del sesso a buon mercato e avulso da ogni norma etica a dare la vera felicità che cercano. Bisogna promuovere occasioni perché i giovani stiano con altri coetanei o non coetanei disabili, investano il tempo con loro e con chiunque è povero o emarginato, perché allora troveranno il senso vero della vita, sperimenteranno fino in fondo il gusto di sentirsi vivi e utili a qualcuno”.

L’arcivescovo ha proposto di far sorgere gruppi di famiglie con congiunti disabili: una rete di famiglie che vivano concretamente la loro solidarietà ed esprimano con l’amicizia la loro vicinanza in modo permanente e non solo occasionale.

“La gente non è insensibile – ha osservato Mons. Nosiglia – ma spesso non va oltre la tolleranza. Tante famiglie si chiudono nel loro privato quasi vergognandosi della situazione di disagio che un loro congiunto disabile potrebbe arrecare agli altri con i suoi comportamenti. Si tollera la presenza di persone disabili, le si commisera, ma devono stare fuori da una normale convivenza sociale, al loro posto: meno si fanno vedere, meglio è!”. La vita vera deve continuare a scorrere accanto a loro, non con loro, non rendendoli presenti e protagonisti di una realtà che non li riguarda.

Ogni persona è un dono di per se stessa; ogni disabile, ogni persona sofferente o che vive qualche difficoltà, va considerata in sé come un unicum, un individuo che merita la massima attenzione e disponibilità, per rispondere ai suoi specifici bisogni ed attese. Ogni persona vale più del mondo intero: “Che vale infatti guadagnare tutto il mondo, se perdi anche uno solo dei tuoi fratelli?” (cfr. Mc 8,36).

“Alle comunità cristiane richiamo l’esigenza di non limitarsi ad un pur importante assistenzialismo caritativo, ma di perseguire vie di vera integrazione ed inserimento dei disabili nella vita della comunità e della società”.

“Chiedo di togliere le barriere architettoniche dove ancora permangono; invito i parroci a rendersi disponibili a preparare e a celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana dei ragazzi diversamente abili non con cammini separati, ma inserendo nei gruppi di adolescenti e di giovani i disabili della comunità senza remore e rifiuti; chiedo anche che in città di Torino, ma anche in altri grandi centri urbani, ci sia la possibilità che per i sordi si celebrino Sante Messe con la presenza di un interprete, che permetta a questi nostri fratelli e sorelle di ascoltare e seguire la celebrazione, l’omelia e le preghiere della comunità”, ha poi concluso il presule.

 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione