Dichiarazione congiunta sulla pace in Terra Santa

CITTA’ DEL VATICANO, 2 febbraio 2004 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito per intero la Dichiarazione congiunta pubblicata in risposta all’intenzione Generale per l’Apostolato della Preghiera espressa da Giovanni Paolo II per il mese di febbraio: “Perché possa realizzarsi la pacifica convivenza fra cristiani, ebrei e musulmani in Terra Santa”.

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Hanno firmato la Dichiarazione: Sua Beatitudine Michel Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme; Lo sceicco Tal el Sider, Ministro di Stato dell’Autorità palestinese; il dottor Emile Jarjoui, Presidente dell’Alta Commissione ministeriale (Palestina) per gli Affari ecclesiastici; il rabbino Michael Melchior, Viceministro degli Esteri d’Israele; monsignor Yoef Neville Lamdan, Ambasciatore d’Isarele presso la Santa Sede e il reverendo canonico Andrew White, inviato speciale dell’Arcivescovo di Canterbury per il Medio Oriente.

* * *

1. La Terra Santa è sacra per ciascuna delle nostre tre confessioni. E’ per questa ragione che i fedeli delle tre divine religioni devono rispettare il suo carattere sacro, senza permettere che essa venga profanata attraverso gli spargimenti di sangue. La santità e l’integrità dei luoghi sacri devono essere preservate e la libertà di culto deve essere assicurata a tutte le persone.

2. I Palestinesi e gli Israeliani devono rispettare i piani divini del Creatore, attraverso la cui grazia essi vivono su questa stessa terra chiamata la Terra Santa.

3. Noi ci appelliamo ai leader politici dei due popoli affinchè si adoperino per arrivare ad una soluzione giusta, sicura e durevole, nello spirito delle parole dell’Onnipotente e dei Profeti.

4. Per cominciare, noi chiediamo ora la proclamazione di un cessate il fuoco ratificato dall’approvazione religiosa, che deve essere rispettato e difeso da entrambe le parti, e la messa in pratica delle raccomandazioni Mitchell e Tenent [1], compresa la rimozione delle restrizioni e la ripresa dei negoziati.

5. La nostra ambizione è quella di aderire alla creazione di una atmosfera favorevole alla coesistenza delle generazioni presenti e future nel rispetto reciproco e nella fiducia del prossimo.

6. Noi promettiamo, in qualità di leader religiosi, di perseguire congiuntamente la ricerca di una pace giusta che conduca alla riconciliazione, a Gerusalemme e nella Terra Santa, per il bene comune dei nostri popoli tutti.

7. Noi annunciamo la costituzione di una commissione mista permanente incaricata di dare seguito alle raccomandazioni enunciate in questa Dichiarazione e di fare tutto il necessario affinchè i nostri dirigenti politici rispettino le cose che devono essere applicate.

[Traduzione dall’originale francese realizzata da Zenit]

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[1] Il 30 aprile 2001 la Commissione riunitasi a Sharm El Sheik ha dato vita ad un Rapporto cosiddetto “Mitchell”, nel quale si era giunti a delle dichiarazioni d’intesa per giungere a quella pace “giusta e durevole” a cui si riferivano le risoluzioni dell’ONU:

1. Il cessate il fuoco;
2. Una pausa di riflessione per raffreddare gli animi (di due mesi, secondo Israele),
3. Una serie di misure per ricreare la fiducia reciproca (lotta al terrorismo da parte palestinese e congelamento delle colonie da parte israeliana), ed infine la ripresa del negoziato.

Sulla base del piano “Mitchell”, il 13 giugno 2001 il capo della CIA George Tenet, inviato del presidente americano George W. Bush, aveva predisposto un documento d’azione per ristabilire la sicurezza nella regione. Al piano Tenet avevano aderito, non senza riserva, sia l’Autorità palestinese che il Governo d’Isrele a metà giugno 2001. Il piano mirava all’ottenimento di un cessate il fuoco credibile e duraturo come condizione necessaria per l’applicazione completa delle indicazioni contenute nel Rapporto Mitchell sul Medio Oriente.

I punti chiave del documento erano i seguenti:

1. Cessazione immediata delle ostilità; arresto dei militanti terroristi; cessazione dell’incitamento anti-israeliano da parte dei media palestinesi.
2. Israele deve sospendere le restrizioni di viaggio imposte ai palestinesi e ritirare le proprie truppe dai territori sotto controllo palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
3. Un periodo di “raffreddamento” prima che vengano messe in atto le indicazioni messe a punto dalla commissione internazionale presieduta dall’ex senatore Usa Mitchell.
4. Le forze del leader palestinese Yasser Arafat devono interrompere gli attacchi contro Israele dalle zone sotto controllo palestinese in Cisgiordania e a Gaza.
5. Da parte palestinese, deve essere garantito l’arresto dei militanti prima che Israele metta fine alla propria campagna in Cisgiordania e a Gaza.

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ZENIT Staff

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