Di fronte a una cultura della morte, una visione integrale dell'uomo e della donna

Intervista a Laura Tortorella, dell’Istituto “Mulieris Dignitatem”

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di Carmen Elena Villa

ROMA, mercoledì, 10 marzo 2010 (ZENIT.org).- Perché l’uomo e la donna comprendano meglio la propria identità, è necessario che guardino a se stessi come a esseri creati a immagine e somiglianza di Dio e scoprano e apprezzino i loro doni, che vengono arricchiti quando si vive la reciprocità.

Le ideologie che riducono questa visione integrale e che portano conseguenze come le conferenze mondiali del Cairo nel 1992 sulla crescita della popolazione mondiale o di Pechino nel 1995 sulla “salute sessuale e riproduttiva” intaccano in modo allarmante la dignità dell’uomo e della donna e promuovono sempre più nuove manifestazioni della “cultura della morte”.

Su questo tema e su come assumere la mascolinità e la femminilità in modo integrale, ZENIT ha intervistato Laura Tortorella, dell’Istituto Mulieris Dignitatem per studi sull’identità dell’uomo e della donna, della Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura – Seraphicum.

Laura Tortorella è direttrice del master in “Gestione delle crisi personali e interpersonali”, che mira ad offrire soluzioni alle crisi che l’essere umano – uomo e donna – può attraversare in varie tappe della sua vita.

L’Assemblea del Consiglio d’Europa di Strasburgo ha approvato il 27 gennaio un documento sulla salute sessuale e riproduttiva. Quali saranno le conseguenze dell’applicazione di questo documento per la mentalità antivita e il femminismo?

Laura Tortorella: Il documento parla di “salute sessuale e riproduttiva” riferendosi alla possibilità data anche ai minori senza informare i genitori di accedere alla contraccezione, all’aborto gratuito e sicuro, alla sterilizzazione, alla fecondazione artificiale e al libero “orientamento sessuale”. Le conseguenze di tale Documento saranno certamente allarmanti: un’alleanza (femministe ed altre ideologie, lobby farmaceutiche) a favore della “cultura della morte”.

Si compiono 15 anni dalla Conferenza di Pechino sulla salute sessuale e riproduttiva. Com’è cambiata, secondo lei, la mentalità verso l’aborto come diritto e verso la concezione della donna?

Laura Tortorella: I programmi d’azione della Conferenza Mondiale del Cairo e poi di Pechino, carichi di istanze di liberalizzazione, hanno contribuito a creare il clima di “cultura della morte” e lo stesso documento dell’Assemblea del Consiglio d’Europa di Strasburgo, prima menzionato, trova spunti proprio in essi.

E’ chiaro che tali ideologie hanno profondamente segnato e ferito i diritti dell’uomo e il diritto alla vita. In questi documenti in cui si parla di “diritto alla salute sessuale e riproduttiva” in realtà si sollecita non tanto il diritto alla salute, quanto piuttosto quello all’aborto.

Credo che sia ci sia solo un’arma da usare per fermare questa cultura della morte, quella di formare, soprattutto le nuove generazioni, alla cultura della vita. Tutte le Nazioni, comprese quelle latinoamericane, dovrebbero mantenere saldo quel valore che ancora può fungere da gancio per salvare l’intera società: la famiglia. Diventa quanto mai urgente difendere la prima cellula della società dai molti attacchi che le arrivano.

E’ proprio nella famiglia che le nuove generazioni possono imparare a rispettare la vita umana. Pensiamo alla nascita di una nuova vita, alla dimostrazione quotidiana della cura, dell’educazione, dell’amore reciproco, del rispetto, pensiamo al fatto che è sempre in famiglia che si impara ad accogliere la morte e a capirne il senso.

Come ha ferito questo documento il significato di maschio e femmina, della reciprocità tra i due?

Laura Tortorella: Liberando la sessualità da ogni preoccupazione e timore, si cancellano la maternità, la paternità, la famiglia, il matrimonio, la responsabilità nell’ambito della sessualità. I diritti si trasformano così in bisogni, scelte, esigenze degli adulti.

In questo clima sono sia l’uomo che la donna, che vedono offuscata la verità su di essi (uguale dignità e voluti da Dio l’un per l’altro), ad essere chiamati a ristabilire un umanesimo che torni ad amare la Verità, l’unica in grado di far sorgere le vere domande, quelle che portano alla comprensione del senso e che rendono l’uomo veramente libero.

In base al master che dirige, “Gestione delle crisi personali e interpersonali”, come si può affrontare questa crisi alla luce del Vangelo e di un’etica cristiana senza ridurre il ruolo dell’uomo o della donna?

Laura Tortorella: Molte sono le crisi che la persona si trova a dover affrontare nell’arco della propria vita: fattori inerenti la personalità (rigidità, un senso di identità fragile, ecc) e fattori legati all’ambiente relazionale (familiare, lavorativo, vocazionale religioso, ecc.). Per gestire queste crisi, credo che sia diventato oggi più che mai importante tornare ad una corretta antropologia. E’ necessario tornare a formare le persone su alcuni temi che risultano fondamentali e imprescindibili per la vita.

La formazione di cui parlo è quindi una formazione che ha valore per la vita concreta della persona, poiché non distoglie l’attenzione dalla sua verità: uomo e donna, creature di Dio, create a Sua immagine e somiglianza. Solamente mettendo l’originalità maschile e femminile a servizio dell’uomo e promuovendo il dialogo fruttuoso, la persona (uomo e donna) e la società saranno in grado di trovare, nellla verità, le risposte concrete alle domande altrettanto concrete (disturbi del comportamento alimentare, tossicodipendenze, crisi adolescenziali, disturbi dell’identità sessuale, divorzio, separazioni, famiglie allargate, bullismo, difficoltà nel ruolo genitoriale, ecc.).

Credo che nel messaggio centrale della “Mulieris Dignitatem“, “la reciprocità uomo-donna”, si possa intravedere la soluzione per ristabilire un equilibrio nella società che possa portare al riconoscimento di valori comuni di riferimento per costruire insieme la storia: “umanità significa chiamata alla comunione interpersonale” (MD,7). I tempi appaiono maturi e carichi di aspettative su un fruttuoso dialogo uomo-donna basato sulla reciprocità, sulla medesima dignità e sulla comunione che porti alla risoluzione delle problematiche attuali inserite in un orizzonte di senso.

Ci sono alcuni fenomeni accettati socialmente, come il diritto alla morte, la fecondazione in vitro, il non riconoscimento della dignità dell’embrione. Come colpiscono la psicologia della donna? Quali sono i principali pericoli di questi fenomeni?

Laura Tortorella: I fenomeni da Lei elencati colpiscono, seppur in maniera diversa, l’uomo e la donna, poiché ciò che vanno a scalfire è la dignità della vita e la conseguente salvaguardia della vita umana. Questi sono compiti comuni per l’uomo e per la donna. Le conseguenze di una mancata ottemperanza sono ancora una volta comuni: il rischio di rimanere “elementi” del mondo che lo sanno manovrare ma che inevitabilmente ne rimangono soffocati.

La maternità, per esempio, deve tornare a diventare nella nostra società un bene riconosciuto. La nascita di una nuova vita deve essere sempre accolta come segno di speranza e di ricchezza per i genitori, prima di tutto, e poi per l’intera società. E’, in generale, la mentalità quella che deve cambiare nuovamente nei confronti della difesa della vita umana, che deve necessariamente tornare ad essere il primo valore di una società che vuole essere considerata civile. Una nuova rivoluzione d’amore e di accoglienza della vita umana!

Anni di battaglie e di rivendicazioni delle femministe e di altre ideologie hanno fatto sprofondare la vita nelle sabbie mobili dell’indifferenza, e le conseguenze di ciò sono evidenti: diritto alla morte, fecondazione in vitro, non riconoscimento della dignità dell’embrione..sono solo alcune delle problematiche che sorgono da una mentalità chiusa nei confro
nti della vita. Mi domanda in che modo questi fenomeni si ripercuotono sulla psicologia della donna: la donna è colei che, il più delle volte, in prima persona è colpita da tali problematiche poiché è la donna che ha il compito di accettare, accudire, vigilare sulla vita. E’ chiaro che quando ciò non accade, per colpe che non sono solo della donna, è la donna che in prima persona paga le conseguenze di certe scelte anche da un punto di vista psicologico.

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ZENIT Staff

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