“Deus caritas est”, un anno dopo

Ha avuto un’eco enorme, sostiene monsignor Rino Fisichella

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ROMA, martedì, 30 gennaio 2007 (ZENIT.org).- In un editoriale apparso sul quotidiano “Avvenire”, monsignor Rino Fisichella, Vescovo ausiliare di Roma, ha compiuto un bilancio dei frutti suscitati dall’Enciclica “Deus caritas est” di Papa Benedetto XVI a un anno dalla sua pubblicazione.

Monsignor Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense, ha affermato che il documento aveva creato grandi aspettative perché, nella sua prima Enciclica, ogni Papa rende pubblico il suo “programma” di pontificato e presenta i principi in base ai quali vuole orientale la sua linea pastorale.

Con la “Deus caritas est”, pubblicata il 25 gennaio 2006, ha osservato monsignor Fisichella, “non eludeva le aspettative; anzi, affermava che il suo programma era quello che la Chiesa persegue da duemila anni, dare testimonianza dell’amore e vivere di esso”.

“L’effetto che l’enciclica ha provocato è stato a valanga – ha aggiunto –. È sufficiente verificare la sua ricezione nel corso di pochi mesi per comprendere quanto Benedetto XVI non solo abbia colto nel segno, ma sia stato efficacemente compreso da tutti”.

Secondo il Rettore della Lateranense, l’Enciclica “è stata fatta oggetto di lettura, di studio, di riflessione e dibattito nei diversi ambiti: dalle comunità cristiane agli ambienti della cultura laica. Il testo è stato preso tra le mani da cattolici, ortodossi, riformati; ognuno ha colto la valenza ecumenica e ne dato una personale lettura, apportando un contributo di notevole interesse”.

Come esempio, ha citato ciò che il famoso teologo di Tubinga Eberahrd Jüngel, ha scritto in proposito: “È con certa diffidenza che normalmente i teologi protestanti leggono le encicliche papali. Sono un teologo protestante, quindi rientro in questa regola. Non c’è regola, tuttavia, senza eccezioni. Ho letto la prima enciclica di Benedetto XVI più di una volta. Il testo mi ha toccato, non da ultimo perché ha evocato nel lettore evangelico una sintonia che sgorga da un profondo consenso di vasta portata ecumenica”.

Per monsignor Fisichella, in queste parole non c’è alcuna “espressione di galateo”, “ma la convinzione che in quelle pagine trovano spazio contenuti che hanno una vitalità che supera le incomprensioni, i confini e le contraddizione che ci portiamo dentro”.

L’Enciclica, “nel linguaggio semplice e catechetico a cui Benedetto XVI ci ha abituato con i suoi interventi, soprattutto nelle catechesi del mercoledì e nelle varie omelie, contiene temi che hanno bisogno di grande riflessione per entrare nei comportamenti e diventare a pieno titolo cultura e stile di vita”.

“Si pensi al grande tema dell’amore cristiano che va oltre ogni forma di mito disincarnato, mentre nella persona di Gesù Cristo entra direttamente nella storia e diventa paradigma per quanti sono alla ricerca di un amore genuino, gratuito e veritiero che dia risposta di senso definitivo alla propria esistenza”.

Non bisogna neanche sminuire, ha aggiunto monsignor Fisichella, “la grande sfida culturale che emerge da quelle pagine soprattutto per l’occidente. Sempre più frammentato in una sorta di apatia tale da perdere l’orientamento e con esso l’identità conquistata, questo mondo antico è provocato a comprendere che senza il recupero delle proprie radici non ha vero futuro dinanzi a sé”.

L’Enciclica “spinge ancora a considerare il tema della corporalità come superamento di una parziale e strumentale visione che limita l’amore alla passione e rende merce il corpo per il solo gusto del divertimento sguaiato e senza regole”.

“Diventa prezioso quanto egli prospetta per giungere a costruire un’unità profonda in ogni persona. Solo così si recupera la vera armonia che consente di vivere in quell’equilibrio mai ovvio di spirito e corpo, di ragione e sentimenti, di eros e agape”.

Il Rettore ha quindi indicato che, nonostante l’enorme risalto che la stampa mondiale ha dedicato all’Enciclica, a un anno di distanza sono sempre più numerosi i commenti teologici e le pubblicazioni ragionate.

“È solo l’inizio di un lungo cammino che non potrà fermarsi presto, perché la ricezione di questo primo testo del magistero di Benedetto XVI possa portare i suoi frutti”, ha detto.

“Se fin d’ora, ci si sente toccati da queste pagine e si riesce ad offrire un’intelligenza profonda dell’amore, allora è proprio vero che il cristianesimo non è primariamente una teoria ma l’incontro con il mistero di una persona che merita di essere frequentata per tutta la vita”, ha concluso.

Padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., Predicatore della Casa Pontificia, ha affermato dal canto suo ai microfoni della “Radio Vaticana” che “dai frutti che ha prodotto possiamo giudicare la bontà della scelta fatta dal Papa, perché certamente la ‘Deus caritas est’ è stata al centro di tante riflessioni e ha ispirato tante discussioni, anche nel mondo laico”.

“E ciò stranamente, perché di solito sono i credenti ad occuparsi delle Encicliche”, mentre “questa volta si è visto un interesse veramente raro da parte del mondo secolare”, ha osservato.

Secondo il predicatore, con questa Enciclica il Papa ha “inaugurato o ritrovato un nuovo modo di fare apologetica del cristianesimo, che non consiste nel contrapporre la verità ai valori umani secolari, ma nel farne vedere, con grande acutezza e profondità, la concordanza, far vedere quindi che i valori cristiani, i valori di fede non sono contro la ragione, ma sono l’espressione, il fiore più prezioso della ragione”.

“Il merito principale è quello di aver rimesso al centro dell’interesse, dell’annuncio della Chiesa, il fondamento di tutto, perché il fondamento di tutto è l’amore di Dio”, ha aggiunto.

“Il Papa non stabilisce semplicemente un’equazione tra l’eros e l’agape, tra l’amore passionale, l’amore umano e la carità divina, ma fa vedere che tra di loro c’è una continuità, non una discontinuità, non una contrapposizione”, ha spiegato padre Cantalamessa.

La “Deus caritas est” ha venduto, solo in Italia, 1.450.000 copie, è stata ristampata tre volte in tedesco e volte in spagnolo e due in polacco. Tradotta anche in russo e cinese, è la prima Enciclica che ha registrato il tutto esaurito per la tiratura in latino, rendendo necessaria una ristampa. In Italia è stata tradotta anche in linguaggio braille per i non vedenti.

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ZENIT Staff

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