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Dare nomi agli Angeli

L’uso di attingere alle fonti apocrife non è di per sé proibito

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Nella sua rubrica settimanale di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi ad una domanda di un lettore filippino.

Nelle Filippine si registra una crescente devozione per i sette arcangeli, per le loro rispettive  immagini e nomi, cioè oltre agli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele anche gli altri quattro. Nel “Direttorio su pietà popolare e Liturgia. Principi e orientamenti” della Santa Sede, al n° 217, paragrafo 2, è chiaramente stabilito che: “E’ da riprovare anche l’uso di dare agli Angeli nomi particolari, eccetto Michele, Gabriele e Raffaele che sono contenuti nella Scrittura.” Questa norma viene però palesemente violata, in quanto in molti negozi vengono vendute immagini e libretti di preghiere dedicate ai Santi Uriele, Barachiele, Sealtiele e Geudiele, e ai sacerdoti viene chiesto di benedirli. Inoltre ci sono anche case o centri per gli esercizi spirituali e cimiteri cattolici dedicati a loro, o ancora, i loro nomi e le loro immagini fanno parte dell’inventario di chiese, dove la loro devozione tra il popolo viene incentivata. Dal momento che ci sono sacerdoti che promuovono queste cose nei loro sermoni e nei momenti devozionali in parrocchia, ci chiediamo se la devozione ai sette arcangeli con i loro rispettivi nomi e immagini sia dottrinalmente corretta e approvata dal magistero ufficiale della Chiesa. — W.F.C., Manila, Filippine

Il testo completo menzionato dal nostro lettore è:

“217. La pietà popolare verso i santi Angeli, legittima e salutare, può tuttavia dare luogo a deviazioni, ad esempio:

– se, come talvolta accade, subentra nell’animo dei fedeli una concezione erronea per cui ritengono il mondo e la vita come sottoposti a tensioni demiurgiche, alla lotta incessante tra spiriti buoni  e spiriti cattivi, tra gli Angeli e i demoni, nella quale l’uomo viene travolto da potenze a lui superiori, nei confronti delle quali egli non può fare nulla; questa concezione, in quanto deresponsabilizza il fedele, non corrisponde alla genuina visione evangelica della lotta contro il Maligno, che esige dal discepolo di Cristo impegno morale, opzione per il Vangelo, umiltà e preghiera;

– se le vicende quotidiane della vita vengono lette in modo schematico e semplicistico, quasi infantile, attribuendo al Maligno anche le minime contraddizioni, e per contro, all’Angelo Custode successi e realizzazioni, le quali poco o nulla hanno a che vedere con il progresso dell’uomo nel suo cammino verso il raggiungimento della maturità di Cristo. E’ da riprovare anche l’uso di dare agli Angeli nomi particolari, eccetto Michele, Gabriele e Raffaele che sono contenuti nella Scrittura.”

Nella tradizione cattolica romana generalemente non figurano i nomi dei sette arcangeli e nemmeno viene sottolinea particolarmente il numero sette. E’ vero che il Libro di Tobia (12,15) nomina sette angeli “che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore” e che il Libro dell’Apocalisse (8,2) cita il numero sette (“Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe”), ma questi testi non hanno influenzato molto il cattolicesimo di rito latino. D’altro canto c’è stata sempre una forte e continua devozione per i tre arcangeli menzionati per nome nella Sacra Scrittura – Michele, Gabriele e Raffaele – e per gli Angeli Custodi.

Alcuni rami dell’Ortodossia, tuttavia, venerano i sette arcangeli, anche se molti aggiungano solo Uriele agli arcangeli menzionati per nome. Anche la tradizione anglicana ha preghiere per Uriele in quanto quarto arcangelo.

Le fonti per gli altri nomi sono testi ebraici apocrifi, che quindi non appartengono al canone della Bibbia. I nomi si trovano nel Primo Libro di Enoch. Un altro elenco si trova nel cosiddetto secondo (o quarto) Libro di Esdra. Le liste non sempre coincidono, ma il nome Uriele appare piuttosto frequentemente. Fra gli altri nomi appaiono Raguele, Sariele, Geremiele, Geudiele, Barachiele, Gabuthelon, Beburos, Zebulon, Aker e Arfugitonos. Alcuni di questi potrebbero essere variazioni di nomi già esistenti, altri invece appaiono solo in alcuni libri. Questi ed altri libri furono scritti da autori ebraici nel periodo compreso tra il Vecchio e il Nuovo Testamento o persino dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. quando buona parte del Nuovo Testamento era già stata scritta.

Riguardo alla prassi di dare nomi agli angeli, la Chiesa latina è sempre stata piuttosto cauta. In un sinodo o concilio tenutosi a Roma nell’anno 745, san Zaccaria Papa cercò di porre un freno alla tendenza al culto degli angeli e proibì l’uso di nomi che non appaiono nella Sacra Scrittura.

Nel volume XII degli Annali Ecclesiastici del cardinale Cesare Baronio (pubblicati nel 1607), c’è un testo che descrive questo sinodo (o concilio). L’interessante e piuttosto forte testo di questo sinodo parla degli insegnamenti, supposti eretici, di un sacerdote che viveva in Germania di nome Adalberto. Una preghiera di sua composizione includeva la frase:

“Vi prego e vi imploro, e raccomando me stesso a voi, angelo Uriele, angelo Raguele, angelo Tubuele, angelo Michele, angelo Adimis, angelo Tubuas, angelo Sabaoth, angelo Simuele.”

Il testo del Baronio dice: “E quando finì la lettura di questa orazione sacrilega, il Santo Papa Zaccaria disse: Come, santi fratelli, rispondere a ciò? E i santi vescovi e i venerabili sacerdoti risposero: Che altro va fatto, se non bruciare nelle fiamme tutto ciò che è stato letto in nostra presenza; e i loro autori legare alle catene dell’anatema? Poiché gli otto nomi di angeli, i quali Adalberto ha invocato nella sua orazione, non sono eccetto Michele, nomi di angeli, ma piuttosto di demoni, che egli ha invocato perché venissero a soccorrerlo. Ma noi (come il tuo santo Apostolato ha insegnato), e come ci tramanda la divina autorità, riconosciamo non altri nomi di quelli dei tre angeli, cioè Michele, Gabriele e Raffaele. Questi i Padri [dicono]. Dai quali voi vi accorgete che il libro chiamato comunemente 4 Esdra, in cui vi è menzione frequente dell’angelo Uriele, è da respingere e da proibire nella sua interezza dalla Chiesa Romana.”

In questo testo la dottrina basilare è netta riguardo la restrizione ai tre nomi biblici. Il linguaggio forte circa la possibile natura demoniaca degli altri nomi va visto nel contesto della concreta condanna della dottrina di Adalberto e non come un’affermazione assoluta. Non è chiaro quando venne scritto questo documento, e potrebbe essere stato scritto molti anni dopo la fine del sinodo. Quarant’anni dopo, nel 789, Carlo Magno condannò nei suoi capitolari la prassi di dare nomi agli angeli (cfr. Concilio di Aquisgrana).

Ci sono stati ben pochi altri pronunciamenti ufficiali circa questo punto. Nel 1992 un decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha proibito l’invocazione o l’uso di nomi degli angeli, ma questo decreto era legato in particolare alle supposte rivelazioni private a una persona concreta e non è direttamente collegato al nostro caso. Può, tuttavia, aver contribuito al fatto che il Direttorio su pietà popolare e Liturgia sconsiglia di dare nomi agli angeli.

D’altro canto, a dispetto del netto riserbo da parte della Chiesa, occasionalmente sono stati realizzati dei dipinti con le raffigurazioni dei sette angeli, come dimostra un affresco nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, dove Maria è circondata da sette angeli. Nel 1720 venne concesso anche un permesso per la dedicazione di una chiesa in Germania, nella quale ognuno dei sette Angeli ha un altare.

Dal punto di vista dottrinale, tali approvazioni non significano molto. Stando ai principi generalmente accettati di interpretazione teologica, l’approvazione da parte della Chiesa di una liturgia o di una festività basata su tradizioni o leggende extrabibliche non può
essere usata come prova della loro veridicità storica. La Chiesa sta solo prendendo coscienza di una particolare tradizione religiosa che potrebbe recare benefici spirituali ai fedeli.

In questo senso, l’uso di attingere nomi dalle fonti apocrife non è di per sé proibito. La Chiesa, per esempio, ha preso i nomi dei tre Re Magi, i nomi dei genitori di Maria, così come la festività della presentazione di Maria al Tempio, da testi apocrifi cristiani. Questa pratica non significa che la Chiesa dà credito storico a questi libri ma afferma solamente che questi riflettono una tradizione di lunga data.

Perciò, ad esempio, le miriadi di immagini e chiese dedicate alla presentazione di Maria al Tempio non attestano la verità storica della pia leggenda riguardo gli anni effettivamente da lei trascorsi in quell’edificio o che ci sia mai stato un gruppo di vergini nel tempio di Gerusalemme. La festività afferma la verità essenziale della totale devozione di Maria a Dio sin dall’inizio della sua vita, che si rispecchia nei vangeli apocrifi scritti vari secoli dopo la vita terrena di Cristo.

Allo stesso modo, il fatto che in alcune rare occasioni dipinti e chiese siano stati dedicati ai sette arcangeli non fa altro che riconoscere alcune devozioni e tradizioni locali. La prassi della Chiesa di rito latino ha mostrato una grande e quasi esclusiva devozione verso i tre arcangeli, mentre ha praticamente ignorato gli altri quattro spiriti menzionati in Tobia e nell’Apocalisse. E neppure è possibile dire qualcosa di certo circa le presunte caratteristiche, simboli o particolari compiti di questi altri arcangeli.

Di conseguenza io direi che, dal momento che la Chiesa stessa ha ufficialmente scoraggiato la promozione di una spiritualità basata sul dare nomi agli angeli che non siano i tradizionali tre più gli angeli custodi, un cattolico di rito latino dovrebbe trattenersi dal farlo, pur non essendo, strettamente parlando, proibito. E’ chiaro che la Chiesa Latina non crede che si possa trarre un grande profitto spirituale nel seguire questo cammino e ritiene che esso non sia esente da alcuni rischi.

Esporre un’icona per la pubblica devozione o dedicare un edificio o una cappella a un angelo che non sia Michele, Gabriele o Raffaele o gli angeli custodi nel loro insieme, richiederebbe dei permessi speciali, e un vescovo non permetterebbe questo tipo di dedicazione o benedizione a un personaggio che non sia generalmente riconosciuto come un angelo o un santo nell’attuale calendario universale.

Questo vale soprattutto per la Chiesa di rito latino. Le pratiche nella Chiesa ortodossa rispettivamente anglicana sono legittime nel contesto delle loro proprie tradizioni spirituali.

[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

 

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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