Dalla solitudine alla luce della speranza

Siamo nell’era che ha abbattuto ogni limite alla comunicazione. Perché alcuni giovani si sentono soli?

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Carlo Climati

ROMA, venerdì, 21 settembre 2012 (ZENIT.org) – In quale epoca viviamo? Un’epoca affascinante, in cui sembrano non esistere più confini al dialogo con gli altri.

Basta spingere il tasto di un computer per inviare in pochi secondi un’e-mail da Roma a New York, da Londra a Mosca, da Parigi a Pechino. Il semplice gesto di un dito della mano è sufficiente per metterci in contatto con il mondo intero.

Eppure, nonostante questa apparente facilità di comunicazione, alcuni giovani appaiono terribilmente soli. Nelle grandi città sta scomparendo l’antica cultura del cortile e della piazza, luoghi all’aperto in cui i bambini praticavano tradizionali giochi di gruppo, allegri e creativi.

Erano parentesi di svago positive, in cui si stava insieme e ci si confrontava l’uno con l’altro. Non rappresentavano soltanto un’occasione di divertimento, ma un momento di crescita in cui ci si abituava ad incontrare i propri coetanei, ad amarli e considerarli. Ridendo e scherzando, ci si educava a scoprire l’importanza delle persone.

Oggi questa scoperta avviene tardi, perché troppi ragazzi hanno come migliore amico un computer. Trascorrono ore navigando sul web, da un sito e all’altro, parlando attraverso chat e social network. Sono strumenti sicuramente utili, che possono essere utilizzati per fare del bene. A volte, però, le persone che intervengono negli ambienti virtuali indossano delle maschere. Il risultato è una falsa comunicazione che rischia di degenerare nell’isolamento, nell’incapacità di sostenere un autentico rapporto con gli altri.

Dietro la tendenza esagerata ad esprimersi attraverso i tasti di un computer si può nascondere la paura di confrontarsi con il mondo che ci circonda. Questo comporta anche la rinuncia ad impegnarsi, perché il rapporto con il prossimo si basa sullo sforzo di uscire dal proprio guscio.

È importante, invece, cercare le persone vere, vivere con loro, imparare a comprenderle e ad amarle sul serio. Non attraverso la barriera di uno schermo.

Oggi tanti ragazzi si sentono soli perché, intorno a loro, è stata costruita una società senza Dio, in cui si sviluppano facilmente paure ed angosce.

Il grave rischio, non solo per i giovani, è quello di sentirsi preoccupati e smarriti di fronte al minimo ostacolo, in quanto privati di quel rapporto di filiazione divina che può donare conforto nei momenti di difficoltà. Chi sa di essere figlio di Dio non può mai sentirsi triste o abbandonato.

I giovani hanno bisogno di guardare al domani con fiducia. Cercano maestri che siano capaci di offrire loro uno sguardo diverso nei confronti della vita.

A questo proposito, è bellissimo il messaggio di fiducia che il Cardinale Carlo Maria Martini ha espresso in un recente libro di grande spessore culturale ed umano, Credo la vita eterna (Edizioni San Paolo). Sono pagine toccanti, che assumono quasi il carattere di un testamento spirituale.

La riflessione del Cardinale Martini prende spunto dal tema della paura della morte per condurre il lettore in un cammino verso la riscoperta di Dio. È proprio percorrendo questa strada che ogni persona può superare le proprie angosce quotidiane, figlie della tendenza alla solitudine della nostra epoca.

Dio è padre e liberatore. È un amico che possiamo ritrovare anche, e soprattutto, nel volto sofferente e bisognoso degli altri.

“Non si vive per la morte – ha spiegato il Cardinale Martini – ma per la vita, e questo approdo finale è legato a Qualcuno che ci viene incontro e garantisce il nostro avvenire come patto d’alleanza con lui. Dove ci si apre all’Altro, che ci visita e ci fa uscire dalle nostre paure e dai nostri egoismi per vivere per gli altri e con loro, nascono patti di pace, incontri nuovi, dialoghi altrimenti ritenuti impossibili”.

Per questo è fondamentale riscoprire la dimensione della relazione e sforzarsi di non vivere soltanto di fronte allo schermo del computer.

Recentemente, su Youtube, è stato diffuso il nuovo video di Roberto Bignoli, un grande artista che da sempre riesce a comunicare speranza attraverso la sua musica. S’intitola Salmo 39. Canto d’amore, ed è proprio lo specchio del rapporto profondo che lega il Signore ad ognuno di noi.

Con grande sensibilità, Roberto Bignoli canta: “Scrutami o Dio, che conosci il mio cuore”. Le sue parole sono un inno luminoso alla riscoperta del nostro essere figli di un Padre amoroso, al nostro non sentirci soli sulla via della vita.

È di messaggi come questi che hanno bisogno i giovani, per sconfiggere la tentazione della solitudine e comprendere la bellezza dell’esistenza umana.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione