Dalla Flagellazione alla Sindone

Da domani al Regina Apostolorum, una tre giorni per conoscere e approfondire la natura, la storia e i reperti archeologici della Sindone

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Qual è la prospettiva storico-archeologica in cui può essere collocata la Sindone? Come si passa dalla flagellazione alla crocifissione e infine al Sacro Telo? Quali erano le pratiche giudaiche per vestire e seppellire un ebreo del primo secolo? Sono alcune delle domande a cui risponderà la professoressa Ada Grossi, paleografa e storica, dottore di ricerca in Diplomatica e specializzata in edizione di fonti medievali, diplomata in Studi Sindonici, durante il corso intensivo in programma dal 5 al 7 marzo, presso l’Ateneo Regina Apostolorum. Il corso rientra nell’ambito del Diploma in Studi Sindonici (UPRA, 1° piano, Aula Tesi, 15:30 – 18:15).

Il telo sindonico è stato analizzato nell’ambito di numerose discipline. Da quasi un secolo l’espressione Sindone – quinto vangelo della Passione è diventata familiare anche al grande pubblico. Nel corso degli ultimi decenni gli studi anatomo-patologici hanno fornito conferme sempre maggiori rispetto ai dati evangelici.

Dalla flagellazione alla crocifissione, le evidenze sindoniche concordano in modo impressionante non solo con la narrazione evangelica ma anche con quanto di quelle crudeli pratiche conosciamo a partire dalla storia, dall’archeologia e dalla letteratura.

La Flagellazione e la crocifissione, tipicamente romane, che subì l’Uomo della Sindone vanno esaminate in relazione alle numerose attestazioni storiche e letterarie, oltre che alle poche evidenze archeologiche.

Per avere un quadro il più possibile chiaro ed esaustivo di quale fosse la percezione giudaica di queste pratiche è necessario calarsi nella cultura dell’epoca e analizzare le pene di ambito giudaico che possono considerarsi parallele a quelle romane.

L’analisi della flagellazione romana va esaminata da più punti di vista ed è necessario conoscere anche la differente pratica della flagellazione giudaica (Dt 25), ampiamente discussa e regolamentata nella letteratura rabbinica.

La contestualizzazione di queste pratiche di tortura ed esecuzione capitale è utile per comprenderle più compiutamente: ciò vale anche per tutte le fasi del crudele dileggio tipicamente pagano che patì Nostro Signore, dal mantello scarlatto alla coronazione di spine, alla deductio per le vie di Gerusalemme con il patibulum sulle spalle.

Trattare della crocifissione romana perpetrata ai danni di un ebreo comporta la necessità di capire quale fosse la percezione giudaica di quel tipo di punizione, tragicamente familiare dall’inizio dell’occupazione romana e poi ancora per un lungo periodo dopo la distruzione di Gerusalemme del 70.

È dunque necessario procedere a un excursus della storia della crocifissione nonché delle principali varianti di impalamento (tutte affissioni, appensioni o sospensioni che portano alla morte), senza però trascurare di esaminare la pratica giudaica dell’appensione del cadavere, che ha natura diversa (Dt 21).

Parlando della Sindone, diventa importantissimo conoscere a fondo gli usi funerari giudaici all’epoca del Secondo Tempio, così come sono noti attraverso testimonianze letterarie, storiche e archeologiche: né possono trascurarsi le fonti talmudiche, che, pur codificate e messe per iscritto nei primi secoli cristiani, recano in sé il cuore di quella medesima legge orale che seguivano gli Ebrei del tempo di Gesù.

Così come non possono essere trascurate le fonti halachiche, tenendo presente che, se alcuni dettagli sono certamente elaborazioni tarde, la sostanza delle mitzvot è una costante della tradizione rabbinica, diretta discendente della tradizione farisaica precedente alla distruzione di Gerusalemme.

Nel contesto delle tradizioni funerarie giudaiche, note anche attraverso numerose campagne di scavi archeologici, principalmente israeliani ma non solo, assume una rilevanza particolare l’analisi  delle caratteristiche tessili del Telo sindonico: la Sindone di Torino si configura come una sindone funeraria giudaica tradizionale, proveniente da un rotolo di tessuto pregiato e caratterizzata dalla purità rituale (si tratta cioè di un tessuto di lino non contaminato da lana, dettaglio che ne conferma la fattura squisitamente giudaica).

Suggestioni iconografiche, esegetiche e teologiche accompagnano questo viaggio tra storia, tradizioni giudaiche e archeologia.

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Maria Maset

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