Dal Venerdì di passione alla Pasqua: la voce dei poeti

L’attesa della Risurrezione nei versi di Martini, Mincone, Allegri e Soldini

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Nei quaranta giorni che preludono all’evento pasquale – giorni di Quaresima – abbiamo cercato di interpretare i valori spirituali e poetici che caratterizzano il cammino di preparazione alla Risurrezione di Nostro Signore.

Ora la Pasqua è vicina, e il nostro stato d’animo oscilla fra l’atteggiamento di penitenza per i nostri peccati e l’attesa della liberazione dalla morte, che la solenne celebrazione pasquale vuole ricordare all’umanità intera. Il digiuno da un lato e l’attesa della Risurrezione, dall’altro… se le campane tacciono in segno di lutto, il cuore segretamente si prepara alla riconciliazione con Cristo.

Per illustrare il senso di questo cammino di preparazione, pubblichiamo in apertura dell’articolo due poesie dedicate al Venerdì di passione. La prima s’intitola Venerdì Santo ed è dovuta alla penna di Fausto Maria Martini (1886-1931), un pregevole poeta e drammaturgo dei primi decenni del Novecento che vale la pena, in questa occasione, riscoprire.

Fausto Maria Martini nacque a Roma, dove studiò nel prestigioso collegio Nazareno, simbolo delle scuole popolari d’ispirazione cristiana. Animò attivamente il cenacolo letterario sorto intorno al poeta Sergio Corazzini e alla scuola crepuscolare romana. Trascorse un avventuroso periodo in America e, al suo ritorno, si chiuse per un anno in isolamento quasi totale presso un convento dei frati cappuccini nel Reatino. La sua poesia rivela un’inclinazione religiosa e un’ansia spirituale connaturate alla sua indole malinconica, stilemi che possiamo ritrovare anche nella poesia intitolata Venerdì Santo:

VENERDÌ SANTO

di Fausto Maria Martini

Nulla, credi, è più dolce per i nostri
occhi di questo giorno senza sole,
con i monti velati di viole
perché la primavera non si mostri…
Venerdì Santo! E ieri sera tu
ti rimendavi quest’abito, tutto
grigio, un abito come a mezzo lutto
per la morte del povero Gesù…
Traevi dalla tua cassa di noce
qualche grigio merletto secolare:
così vestita, accoglierà l’altare
la buona amante con le mani in croce…
Prega per me, prega per te, pel nostro amore,
per nostra cristiana tenerezza,
per la casa malata di tristezza,
e per il grigio Venerdì che muore:
Venerdì Santo, entrato in agonia,
non ha la sua campana che lo pianga…
come un mendico, cui nulla rimanga,
rassegnato si muore sulla via…
Prega, e ricorda nella tua preghiera
tutte le cose che ci lasceranno:
anche il ramo d’olivo che l’altr’anno
ci donò, per la Pasqua, Primavera.
Quante volte l’olivo benedetto
vide noi moribondi nel piacere,
e vide le nostre due anime, in nere
vesti, per noi pregare a capo al letto!
E pregavamo, come se morisse
qualcuno: un poco, sempre, morivamo:
Ma sempre sull’aurora nuova, il ramo
d’olivo i lieti amanti benedisse!
Ora col nuovo tu lo cambierai:
anche devi pregare per gli specchi
velati, per i libri, per i vecchi
abiti che tu più non vestirai…
È sera: un riso labile si perde
sulle tue labbra, mentre t’inginocchi:
io guardo, dietro la veletta, gli occhi…
due perle nere in una rete verde.

*

La seconda poesia dedicata al Venerdì di passione s’intitola Il Calvario di Dio e si deve alla penna di Fantino Mincone, un poeta affezionato alla nostra rubrica, che volentieri riproponiamo per l’intensità delle sue composizioni. Mincone esprime il drammatico contrasto fra la bellezza della natura che si risveglia a primavera e il “sudore di sangue nel Getsemani”: potente rappresentazione che ci ricorda che il dolore e la gioia sono intersecati tra loro e che, alla fine, deve prevalere la speranza…

IL CALVARIO DI DIO

di Fantino Mincone

Mentre primavera esplode
di odorose ginestre
e immature mimose,
di nuovi nidi in festa
e gemme verdeggianti
roride di tenui profumi
nel giardino sognante
a rincuorare il futuro
in esplosione di colori
come arcobaleno trafitto
e scomposto in parti uguali
sui sentieri della speranza…
si rinnova ogni anno
il calvario di Dio per noi!
Il popolo rivive le tradizioni
partecipando con fervore
ai misteri dei riti sacri.
Si apre il triduo nell’umiltà
della lavanda dei piedi
in quell’ultima cena
nell’intensità del dono
totale di sé stesso a noi.
Lui si fa servo per amore
e si riconosce dal sudore
di sangue nel Getsemani.
Mute anche le case…
nel venerdì di passione
mentre mesto si snoda
il corteo di fiaccole e cantilene

*

E appunto al trionfo della speranza è dedicata la poesia che segue: E venne la luce di Roberto Allegri. Una dedica poetica “con l’auspicio che la Luce sia la nostra salvezza nella Vita che non avrà fine”, che viene rivolta alla redazione di ZENIT e a tutti i nostri amici lettori da Renzo Allegri (notissimo scrittore cattolico) e dai componenti della sua famiglia, tra i quali il figlio Roberto, autore della composizione.

E VENNE LA LUCE

di Roberto Allegri

E venne la luce.
Venne la luce
ed esplose nei cuori.
Schiantò il buio
come a colpi di spada.
I timori
si fecero idee,
le grida
mutate in sorrisi,
la paura in lacrime
di speranza.
Venne la luce
ed ebbe voce.
Il tuono disse
il suo nome,
il crepitio del lampo
lo pronunciò,
la terra ebbe brividi
e urlò con fragore,
sbriciolando la pietra.
Venne la luce
e fu guida.
Da quel momento,
faro del mondo.
Nel buio del tempo,
sul mare delle lacrime,
tra la nebbia dell’odio
venne la luce a rischiarare,
a dar direzione.
Venne la luce
e fu carezza,
gesto di padre,
canto di madre.
Fu fuoco che scalda
e cucina,
fu pane fragrante,
fu uva e lavoro,
fu stanchezza felice.
Venne la luce
e portò una promessa.

*

E per concludere, ancora una poesia a firma di Maurizio Soldini, medico e insegnante di bioetica presso la “Sapienza” di Roma, del quale abbiamo recentemente pubblicato un interessante poemetto per celebrare il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. Poeta esperto e assai attivo in campo letterario, Soldini dimostra, al pari di altri autori avveduti, una notevole consapevolezza del suo agire letterario. Come attesta questa sua breve nota critica che assolutamente condividiamo e che volentieri pubblichiamo: “Per quanto apparentemente giocata su un pedale basso e con un linguaggio impoetico e volutamente minimalista, questa poesia s’incentra su giochi allegorici che in poche parole vogliono riportare al significato dello splendore della purificazione che per il cristiano non è solo quello dell’anima ma anche del corpo vista l’antropologia di riferimento personalista dell’unitotalità somato-psichica-spirituale a cui si rifà l’autore”.

PULIZIE DI PASQUA

di Maurizio Soldini

Il Vim non lascia traccia di sporco
sulla coscienza della mattonella
e illumina di lucido nel corpo.
E l’occhio della finestra aperta
sulla balaustra coglie il profumo
di cloro che vernicia l’aria di nuovo.
È la rinascita della pulitura
la consapevolezza della vita
ventura in un colpo di spugna.

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare sara
nno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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